Malattia di Gino
da un racconto di Gianni Rodari *
Libera trasposizione di Piera Colombo
Disegni di Isabella Giannone
C’era una volta un papà, si chiamava Rossi e lavorava spesso molto lontano da casa, il suo bambino aveva pochi mesi ed era allevato dalla mamma che si chiamava Gigliola, era una mamma molto giovane.
Il bambino era sano, vispo e intelligente, si chiamava Luigi, ma i suoi genitori lo chiamavano Gino.
Dopo il primo compleanno venne il secondo. Ma prima che arrivasse il terzo, Gino manifestò i primi sintomi, i primi segni, di una malattia piuttosto insolita.
Un giorno la mamma, tornando dalla spesa, lo vide accoccolato sul pavimento, che giocava malinconicamente con un cavallino di gomma.
Gigliola si sentì stringere ad un tratto il cuore…Gino…ecco, si, Gino le sembrava tanto piccolo, addirittura più piccolo di come l’aveva lasciato quand’era uscita….
Corse da lui, lo prese in braccio, chiamandolo per nome… meno male, si era sbagliata: Gino era lo stesso di sempre. Il suo peso non era cambiato, e nemmeno la sua statura, e nemmeno la vivacità con cui si rimetteva a giocare, sbatacchiando il giocattolo energicamente sul pavimento.
Un altro giorno papà Rossi (tornato da uno dei suoi lunghi viaggi) e mamma Gigliola, per un poco, avevano lasciato Gino solo nella stanza accanto. Quando vi tornarono, lanciarono insieme un grido. “Gino!” “Gino!”
Il bambino alzò gli occhi, sorrise …
“Santo cielo, che paura…”
“Mi pareva che ad un tratto, non so… fosse diventato più magro, più piccolo…”
“Io per un minuto, l’ho visto piccolo come un bambolotto.”
“Che cosa sarà successo?”
“Sai, a me è successo anche un’altra volta; sono tornata dal mercato e l’ho visto là, in
quell’angolino, così piccolo, così piccino piccino…”
Per quel giorno mamma e papà si tranquillizzarono. Ma poi la stessa cosa capitò un’altra volta, e un’altra ancora. Allora, si capisce, si decisero a portarlo dal dottore.
Il dottore visitò Gino, lo misurò, lo pesò, gli fece dire trentatré, gli ordinò di tossire, gli guardò in gola con il cucchiaio, e concluse:
“Mi sembra proprio un bel bambino. Sano, robusto. Tutto a posto.”
“Ma allora, dottore…”
“Allora, allora… Facciamo una prova. Usciamo tutti e tre, lasciamolo solo un momento e vediamo che cosa succede.”
Uscirono dallo studio e rimasero ad ascoltare dietro la porta. Nessun rumore. Gino non piangeva, non si muoveva, non dava segno di essere ancora là dentro.
Quando rientrarono, tutti e tre videro la stessa cosa: videro cioè, che Gino era diventato piccolo, ma piccolo, piccolissimo… Solo per pochi istanti però. Appena ebbe rivisto il babbo, la mamma e il dottore, diventò immediatamente quello di prima: un bel bambinone, sano, forte e per la sua età perfino abbastanza alto.
Il dottore disse:
“Ho capito, ho capito. Non è proprio una malattia, però si tratta di una cosa piuttosto rara. E’ successo altre volte, qualche tempo fa…”
“E di che cosa si tratta?” domandò papà Rossi. “E’ grave?” incalzò mamma Gigliola.
“Grave no, non direi proprio. E’ una cosa così”, borbottò il dottore.
“Una cosa come?”
“Calma, calma” fece il medico: “Non c’è proprio motivo di allarmarsi. Questo bambino ha bisogno di non restare mai solo. Quando rimane solo, diventa piccolo. Ecco tutto. Ha bisogno di cure e di compagnia, mi spiego?”
“Ma noi non lo lasciamo mai solo.” “Almeno, quasi mai …”
“Capisco, capisco” disse il dottore che però sapeva quanto a lungo il papà di Gino doveva stare lontano da casa a causa del suo lavoro e sapeva anche che mamma Gigliola non stava molto bene di salute e a volte era un po’ troppo distratta.
“C’è bisogno del consiglio da una persona più esperta di me in queste cose.”
Papà Rossi e mamma Gigliola guardarono il dottore un po’ perplessi ed anche preoccupati, ma il dottore li rassicurò “Ora vi farò una ricetta da seguire per bene, tra un paio di mesi verrà a casa vostra la mia assistente a controllare come vanno le cose.”
Papà Rossi era già in ritardo, salutò il dottore e partì subito (ogni volta il suo lavoro lo portava sempre più lontano) senza dare un’occhiata alla ricetta; mamma Gigliola portò a casa il piccolo Gino ma per strada perse la ricetta: non era stata colpa sua, il fatto è che c’era vento ed una folata più forte delle altre aveva fatto volar via il foglietto che per la verità non aveva ben ritirato.
Passarono due mesi e arrivò a casa Rossi l’assistente del dottore. Trovò che le cose erano cambiate: il papà di Gino non era più tornato dall’ultimo viaggio né si era saputo più nulla di lui. La salute di mamma Gigliola – già così fragile – era peggiorata e Gino non era cresciuto di un millimetro, anzi sembrava diventato ancora più piccolo.
In una scuola elementare i bambini hanno scritto diversi finali, ne abbiamo scelto uno (le parole in corsivo sono dei bambini):
“Nemmeno il dottore riusciva a capire perché questo bambino robusto quando veniva lasciato solo ritornava così piccolo. Andarono da uno psicologo e gli raccontarono la storia. Questo psicologo capì che cosa aveva il bambino: soffriva di solitudine, era troppo piccolo per essere lasciato solo e aveva tanto bisogno di un genitore vicino”.
Il racconto così continua:
Fecero allora un consulto con un Giudice che di queste cose aveva pratica, il Giudice incaricò il medico e la sua assistente di provvedere al più presto a curare mamma Gigliola e di trovare una mamma ed un papà esperti di bambini che potessero accogliere Gino per aiutarlo a crescere. Di nonni e altri parenti non c’era nemmeno l’ombra.
Allora il dottore, la sua assistente, lo psicologo, il Sindaco, ed altre persone si dettero un gran da fare per cercare la famiglia adatta.
Si fece avanti la famiglia Gandoni, ma la loro casa era così ampia che Gino (che nel frattempo era diventato ancora più piccolo) rischiava di perdersi.
Anche la famiglia Verdini dette la sua disponibilità, si fece un nuovo consulto e si stabilirono le regole: papà e mamma Verdini (si decise che Gino li avrebbe chiamati zii) avrebbero cresciuto il bambino insieme al loro figliolo Carletto, di qualche anno più grande, ma Gino avrebbe potuto rivedere mamma Gigliola almeno una volta ogni 33 giorni.
L’assistente del dottore provvide ad accompagnare mamma Gigliola in un ospedale specializzato dove la sua malattia avrebbe potuto essere curata.
Gino prese il suo zainetto, vi mise il cavallino di gomma e qualche altro gioco e si trasferì in casa Verdini.
“Da quel giorno non lo lasciarono più da solo così il bambino crebbe sano e robusto e non diventò più piccolo”.
Gino andò a scuola, cresceva bene, in tutti i sensi, cioè diventava alto, intelligente, attivo… Tutti gli volevano bene, aveva due famiglie, mamma Gigliola e zio e zia Verdini con Carletto che era diventato un po’ suo amico anche se la gelosia ogni tanto si faceva sentire da entrambe le parti.
Una volta, quando aveva già sedici anni, Gino stava nella sua camera a leggere. Era proprio solo quella volta, mentre di solito veniva qualche amico… si trovava nella sua prima casa e mamma Gigliola, ormai guarita, ebbe un pensiero e lo disse al dottore che era venuto per una visita:
“Proviamo a guardare?” “Ormai sono passati tanti anni …”
“Guardiamo, su… voglio sapere se ancora…”
E, in punta di piedi, uno dietro l’altro, guardarono per il buco della serratura…
• Che cosa vedono la mamma e il medico dal buco della serratura?
• Prova ora tu a pensare ad un finale della storia di Gino.
Succederà ancora a Gino di diventare piccolo a causa della solitudine oppure sarà guarito?
PRIMO FINALE (di Gianni Rodari)
… Dopo aver guardato mamma Gigliola pianse dalla gioia e ringraziò il dottore che si era dato tanto da fare.
Gino, difatti, non si era abbassato nemmeno di un millimetro, e continuava tranquillamente a studiare.
Egli aveva ormai tanti amici, tanti fili che lo legavano alla vita, tanti progetti e tante speranze e tanta voglia di continuare a studiare per poi lavorare ed aiutare così la sua famiglia: tutte queste cose uno se le porta con sé anche quando sta solo. Così, veramente solo, non è mai.
SCRIVI TU UN ALTRO FINALE…..
Secondo l’età dei bambini, si può prendere spunto dal racconto per cominciare ad affrontare temi di importanza sociale, come l’affidamento familiare. E’ stato pertanto predisposto un percorso didattico con diversi livelli di approfondimento in relazione appunto all’età dei bambini. Chi fosse interessato può richiederlo a novara@anfaa.it o telefonare al 338 8032955.
(*) Gianni Rodari è considerato il più grande autore italiano per l’infanzia. E’ lo scrittore per ragazzi (ma non soltanto per loro) più letto del mondo, è ormai un”classico”. Sono passati novant’anni dalla sua nascita avvenuta ad Omegna (VB) sul Lago d’Orta nel 1920, trenta dalla sua morte e quaranta dal ricevimento del Premio Andersen (il “Nobel” della letteratura per l’infanzia). Molte le storie, le favole – chi non ricorda le “Favole al telefono”? – i racconti. Piera Colombo – che svolge da anni attività presso la sezione ANFAA di Novara – ha colto un racconto di Rodari e ne ha fatto una libera trasposizione dedicata al tema dell’affidamento familiare. Per i disegni si è fatta aiutare dall’amica Isabella Giannone che ha collaborato anche alla seconda edizione de “Il Mago dei Bambini”.