In data 11 maggio è iniziato l’esame presso le Commissioni Iª (Affari costituzionali) e XIIª (Igiene e Sanità) del Senato, del disegno di legge n. 1012 “Istituzione e disciplina dei punti di accoglienza del neonato” presentato il 9 settembre 2008 dal Sen. Massimo Garavaglia e altri 22 Senatori (1). Si tratta di un disegno di legge, le cui disposizioni sono, a nostro avviso, assolutamente insensate e negative anche in virtù dei messaggi fuorvianti in esso contenuti rispetto alla tutela delle gestanti-madri in difficoltà e dei loro nati. Riportiamo di seguito alcune considerazioni, che condividiamo pienamente, tratte dall’articolo “L’insensato disegno di legge sulle culle/ruote presentato dal Senatore Massimo Garavaglia e le nostre proposte alternative” pubblicato su Prospettive Assistenziali n. 171, alla cui lettura rimandiamo i nostri lettori per un approfondimento più esauriente della tematica e della normativa vigente in materia.
Che cosa prevede
il disegno di legge n. 1012?
L’articolo 1 stabilisce che non vengono considerati gli estremi del reato di abbandono di persone minori o incapaci “se il neonato entro i primi giorni di vita è consegnato a un presidio ospedaliero del Servizio sanitario nazionale o a uno dei punti di accoglienza allo scopo istituiti dai Comuni in collaborazione con le Aziende sanitarie locali” (2).
Ai sensi dell’articolo 2 “I comuni, in collaborazione con le Aziende sanitarie locali territorialmente competenti, istituiscono punti di accoglienza del neonato presso i presidi ospedalieri o presso altre strutture accreditate del Servizio sanitario nazionale”.
In sostanza viene proposta la posa di culle aventi, come si legge nella relazione del disegno di legge in oggetto, la stessa funzione “di quella che anticamente veniva definita ‘la ruota degli innocenti’”.
A sua volta l’articolo 3 prevede che “i punti di accoglienza del neonato sono attivi nell’arco di tutte le ventiquattrore” e che “sono dotati di adeguati dispositivi di rilevazione per la segnalazione tempestiva al responsabile amministrativo (nominato dal Comune, n.d.r.)della presenza di un neonato abbandonato”.
Detto responsabile amministrativo “è tenuto ad informare immediatamente del rinvenimento di un neonato abbandonato al più vicino presidio ospedaliero del Servizio sanitario nazionale, che provvede al suo tempestivo ricovero presso le proprie strutture, informandone entro ventiquattro ore il giudice tutelare”.
Com’è stabilito dall’articolo 4, il Ministero dell’interno dovrebbe istituire “entro due mesi dall’entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, un numero verde nazionale attivo nell’arco di tutte le ventiquattro ore, destinato a fornire informazioni sulle localizzazioni e sul funzionamento dei punti di accoglienza del neonato e a ricevere eventuali segnalazioni anonime relative a neonati abbandonati”.
Infine (articolo 6) per l’attuazione delle succitate norme è prevista a carico dello Stato, la somma di un milione di euro “ripartita annualmente dal Ministero dell’interno tra i Comuni che provvedono all’istituzione dei punti di accoglienza del neonato”.
Ignorata la legislazione vigente,
sostanzialmente ancora valida
In primo luogo rileviamo che il disegno di legge in oggetto ignora (volutamente?) le fondamentali esigenze specifiche delle gestanti e dei nascituri (come vedremo più dettagliatamente in seguito), nonché tutte le leggi vigenti (alcune approvate da oltre 80 anni) riguardanti le gestanti e le madri in condizioni di disagio socio-economico, i neonati e il segreto del parto (…).
Le reali esigenze dei nascituri e dei neonati
e la falsa alternativa delle culle/ruote
Com’è ovvio, la tutela delle persone dovrebbe scattare al momento della loro nascita. È quindi necessaria la predisposizione di iniziative innanzitutto informative (quelle operative sono presenti e gratuite in tutte le zone del nostro Paese) affinché anche le gestanti in condizioni di disagio socio-economico (a volte si tratta di ragazzine di 13-14 anni) utilizzino per loro stesse e per il nascituro i servizi sanitari in modo da assicurare la massima tutela possibile delle condizioni di salute delle donne e dei futuri bambini.
È altresì necessario che i servizi sanitari seguano la gestante e il nascituro con continuità e che il parto avvenga in ospedale, attualmente la struttura che offre le migliori garanzie.
È quindi assai preoccupante che i Senatori promotori del disegno di legge n. 1012 non tengano in alcuna considerazione il periodo della gestazione, come se i neonati nascessero dal nulla, mentre è universalmente noto che l’intervento dei servizi sanitari è assolutamente indispensabile per la salute della donna e del nascituro e per evitare danni anche permanenti per i due soggetti.
Il messaggio trasmesso dalle culle/ruote nega l’irrinunciabile esigenza delle prestazioni (fra l’altro gratuite) del Servizio sanitario nazionale per cui detto messaggio può essere così sintetizzato: le donne che non intendono riconoscere i loro nati, se vogliono essere sicure che nessuno venga a conoscenza della loro decisione, non prendano alcun contatto con i servizi sanitari e sociali durante tutto il periodo della gravidanza, non partoriscano in un ospedale, ma secondo il metodo “fai da te” e mettano il neonato nella termologica culla/ruota più vicina, magari lontana decine di chilometri dal luogo in cui è avvenuto il parto.
L’immorale e pericolosa iniziativa delle culle/ruote non tiene neppure in considerazione il fatto che fra le gestanti in gravi difficoltà vi sono quelle che intendono riconoscere il bambino, quelle che non vogliono riconoscerlo e quelle che sono incerte.
Occorre quindi che queste donne non vengano lasciate sole: non devono soltanto essere indirizzate ai servizi sanitari, ma anche aiutate (se necessario mediante accoglienza residenziale) affinché, con la massima responsabilizzazione realizzabile, decidano se riconoscere o non riconoscere i loro nati. A questo proposito ricordiamo… che la Regione Piemonte ha predisposto per le gestanti in gravi difficoltà “specifici sostegni in ordine al riconoscimento o al non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto”, precisando che “gli interventi devono essere erogati sulla base di un progetto individuale che tenga conto delle varie tipologie di donne che si trovano a vivere una gravidanza accidentale, non desiderata e non desiderabile, e pertanto della casistica degli utenti e di come tali situazioni possono riguardare contesti diversi” e che, “gli interventi devono essere finalizzati ad offrire alle gestanti la possibilità anticipata di riflettere, di verificarsi e di decidere con serenità e autonomia”.
Inoltre – aspetto della massima importanza – la Regione Piemonte ha stabilito che i servizi “durante i sessanta giorni successivi al parto”devono essere garantiti “alle donne già assistite come gestanti e ai loro nati gli interventi socio-assistenziali finalizzati a sostenere il loro reinserimento sociale” e che, terminato detto periodo, deve essere assicurata ove necessario, la continuità assistenziale sia alle donne che hanno o non hanno provveduto al riconoscimento, sia ai bambini. Per i bambini non riconosciuti la competenza dei servizi socio-assistenziali termina solamente con la pronuncia della loro adozione.
La predisposizione delle culle ruote
ignora importanti diritti delle donne
La predisposizione delle culle/ruote non tiene in alcuna considerazione il diritto delle gestanti di richiedere un periodo di riflessione dopo il parto allo scopo di decidere in merito al riconoscimento o non riconoscimento del loro nato. Infatti, la legge 184/1983 riguardante l’adozione e l’affidamento educativo dei minori stabilisce quanto segue:
• articolo 11 comma 2 “Nel caso in cui non risulti l’esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata giudizialmente, il Tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al riconoscimento. La sospensione può essere disposta dal Tribunale per un periodo massimo di due mesi sempreché nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale”.
• articolo 11, comma 3 “Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, la procedura è rinviata anche d’ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del genitore naturale, purché sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi”.
• articolo 14; “Il Tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del minore, in tal caso la sospensione è disposta con decreto motivato per un periodo non superiore ad un anno, eventualmente prorogabile. La sospensione è comunicata ai servizi locali competenti perchè adottino le iniziative opportune”. (…)
Conclusioni
L’istituzione delle culle/ruote esige la messa a disposizione di un numero rilevante di persone stipendiate e di volontari, nonché di interventi economici notevoli per una iniziativa non solo assolutamente inutile, ma anche molto negativa per il messaggio gravemente fuorviante – lo ripetiamo – che trasmette dalla loro istituzione.
Da parte nostra ricordiamo la necessità assoluta che le gestanti in situazione di disagio socio-economico o comunque in difficoltà siano correttamente informate circa le prestazioni di competenza dei servizi sanitari e socio-assistenziali, siano aiutate, se del caso anche mediante accoglienza residenziale, a decidere con la massima responsabilità possibile, se riconoscere i loro nati.
Pertanto auspichiamo che il disegno di legge n. 1012 non venga approvato e sia presa in attenta considerazione la proposta di legge n. 2230 presentata alla Camera dei Deputati il 17 febbraio 2007 dall’unanime decisione del Consiglio regionale del Piemonte (3).
Confidiamo inoltre che iniziative specifiche siano assunte dalle forze politiche affinché le Regioni, come ha fatto il Piemonte, approvino i provvedimenti attuativi del quinto comma dell’articolo 8 della legge 328/2000, in modo da adeguare alle odierne esigenze le norme della legge 2838/1929 tuttora in vigore.
Note:
(1) Glia ltri Senatori presentatori del disegno di legge sono: Irene Aderenti, Lorenzo Bodega, Rossana Boldi, Federico Bricolo, Luciano Cagnin, Sergio Divina, Alberto Filippi, Paolo Franco, Giuseppe Leoni, Angela Maraventano, Rosa Angela Mauro, Sandro Mazzatorta, Enrico Montani, Cesarino Monti, Roberto Mura, Mario Pittoni, Fabio Rizzi, Piergiorgio Stiffoni, Giovanni Torri, Gianvittore Vaccari, Gianpaolo Vallardi e Armando Valli.
(2) Si tenga presente che, come vedremo più distesamente in seguito, i neonati partoriti in ospedale e non riconosciuti alla nascita sono ogni anno alcune centinaia e che mai il non riconoscimento è stato considerato (né può esserlo) un reato.
(3) Ricordiamo altresì che in data 10 marzo 2010 l’On, Domenico Lucà e altri 49 Parlamentari hanno presentato alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 3303 “Norme riguardanti interventi in favore delle gestanti e delle madri volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati”, di cui nel presente numero sono riportati il testo e la relazione.