torna all’indice del Bollettino 04/2006 – Ottobre / Dicembre 2006

I mezzi di informazione continuano a segnalare con preoccupante frequenza casi di infanticidi e di abbandoni di neonati, sovente strettamente collegati a tristissime storie di donne, spesso giovanissime.

Oggi è riportata la notizia di un neonato ritrovato morto a Bergamo.

Tutti noi siamo rattristati e giustamente indignati per questi fatti.

Dobbiamo ora però anche chiederci: quelle partorienti disperate potevano essere aiutate? Sapevano di poter mettere al mondo il loro nato in assoluto segreto?

Su quali sostegni dopo il parto avrebbero poi potuto contare?

Vogliamo ricordare che le donne che non intendono riconoscere il proprio nato hanno diritto di partorire in assoluta segretezza negli Ospedali e nelle altre strutture sanitarie e di essere, quindi, seguite dal punto di vista medico-infermieristico come tutte le altre partorienti assicurando inoltre al neonato, l’assistenza sanitaria e le cure di cui necessita.

In questi casi l’atto di nascita del neonato è redatto con la dizione “nato da donna che non consente di essere nominata” e l’Ufficiale di Stato Civile, dopo aver attribuito al neonato un nome ed un cognome, procede entro 10 giorni dalla formazione dell’atto alla segnalazione al Tribunale per i Mi­norenni per la dichiarazione di adottabilità ai sensi della Legge 4 maggio 1983, n. 184 e successive modifiche. Così, a pochi giorni dalla nascita, il piccolo viene inserito in una famiglia adottiva scelta dal Tribunale fra quelle che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale stesso.

Nel 2003, ultimo dato disponibile, su 978 minori dichiarati in stato di adottabilità ben 446 erano quelli non riconosciuti. La donna che decide di non riconoscere il proprio nato compie una scelta “responsabile” che merita il rispetto di tutti: quel piccolo non è abbandonato, ma viene affidato alle istituzioni perché possa trovare al più presto un papà e una mamma.

Occorre che le istituzioni garantiscano il sostegno di personale preparato (psicologi, assistenti sociali, educatori, ecc.) che aiuti la gestante a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il proprio nato e poi la sostenga fino a quando è in grado di provvedere autonomamente a se stessa e, se ha riconosciuto il bambino, al proprio figlio. Spesso l’intervento assistenziale di supporto è necessario anche per le gestanti e madri coniugate con situazioni personali e familiari difficili.

Dal 1927 le Province e la Regione Autonoma della Valle d’Aosta sono obbligate ad assistere a livello sociale le ge­stanti in difficoltà, assicurando i necessari interventi prima, durante e dopo il parto, a meno che la legislazione regionale abbia attribuito detti compiti ad altri organismi.

La Regione Lombardia con legge n. 34/2004 ha trasferito le competenze delle Province in materia di gestanti e madri in difficoltà ai Comuni. Ma i Comuni di piccole dimensioni non sono in grado di fornire i servizi altamente specializzati che queste situazioni richiedono: è quindi necessario individuare Comuni capofila (cinque), come l’Anfaa ha già richiesto nella petizione a suo tempo inviata alla Regione Lombardia, corredata da circa cinquemila firme.

Positiva invece la legge della Regione Piemonte n. 16/2006 che ha affidato ai Co­muni di Novara e di Torino, nonché ai Con­sorzi intercomunali del Cuneese e dell’Ales­sandrino “le funzioni relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto”.

Le “ruote”- sostenute anche recentemente dai Ministri Bindi e Turco e di cui una è stata recentemente inaugurata proprio a Bergamo – non rispondono per nulla alle esigenze, spesso drammatiche ed urgenti, delle donne in gravi difficoltà socio-economiche e non rappresentano nemmeno una iniziativa volta a prevenire gli infanticidi e glI abbandoni per le strade o nei cassonetti dei bambini.

Per assicurare i necessari interventi alle gestanti e alle madri, le On. Katia Zanotti e Marisa Nicchi hanno presentato in data 3 ottobre 2006 alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 1754 che prevede il riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio socio-economico, nonché le disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.

Lanciamo un appello affinché le persone e le organizzazioni sensibili alle esigenze delle gestanti, delle madri e dei loro nati intervengano sul Presidente e sui Componenti della Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati affinché la suddetta proposta di legge venga sollecitamente esaminata e approvata.

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