torna all’indice del Bollettino 04/2006 – Ottobre / Dicembre 2006

Come raccontare a dei bambini gli avvenimenti importanti della vita entrando nel mondo fantastico della loro mente e incontrare il simbolismo della fantasia?

Come parlare a dei genitori adottivi della storia del loro bambino lasciando una traccia di un passato, che è solo suo, ma che loro possono custodire?

Ecco da dove nasce la mia esperienza degli ultimi anni: sono diventata una narratrice di storie vere raccontate attraverso il simbolismo di una fiaba. Vivendo per tanti anni insieme a bambini molto piccoli che condividono con al mia famiglia l’esperienza della nostra casa-famiglia, ho capito l’importanza che i primi anni di vita hanno nella costruzione di un rapporto futuro. Io e mio marito, negli ultimi undici anni siamo diventati custodi di tante vite incontrate, condivise e accompagnate nel passaggio verso una nuova famiglia: la famiglia adottiva.

Il 6 gennaio del 96 abbiamo fondato la casa-famiglia “La Tenda” a Roma. Abbiamo pensato che per un bambino piccolo, allontanato dalla sua realtà familiare, fosse fondamentale vivere, anche se per un periodo, con un’altra famiglia. La scelta di fondare una casa-famiglia nasceva da una spinta vocazionale ma anche dalla convinzione che troppo spesso i bambini “allontanati” vengono ancora inseriti in tali strutture. Perché allora non mettere la famiglia dentro la struttura?

Ed ecco la nostra casa-famiglia dove viviamo io, mio marito, le nostre tre figlie, una bambina in affidamento familiare ed altri sette bambini dell’età compresa tra i 0 e i 6 anni. Naturalmente siamo coadiuvati nel lavoro da educatori e psicologi e dai volontari che ci supportano, sia single che famiglie.

In questi undici anni sono passati 57 bambini, metà dei quali sono andati in adozione.

L’esperienza con le nostre figlie ci ha fatto capire quanto sia importante conoscere gli avvenimenti e le tappe dei primi anni di vita, per esempio: quando è spuntato il primo dentino, oppure quando si è cominciato a camminare, quando si è mangiato la prima pappa e così via. Noi raccogliamo tutti questi passaggi in una storia, raccontata con i simboli che il bambino impara a conoscere attraverso la narrazione quotidiana delle favole.

Qualche anno fa qualcuno mi sollecitò a raccontare anche la nostra storia sotto forma di fiaba. Cominciai il racconto a partire dal nostro primo affidamento familiare, un bambino stupendo che illuminò il nostro cammino di coppia e la nostra ricerca vocazionale. Non abbiamo avuto figli biologici ma abbiamo incontrato sulla strada le nostre tre figlie che sono per noi delle perle preziose. Per ognuna di loro quindi una storia speciale raccontata nel libro attraverso la simbologia che le contraddistingue.

La nostra vita è stata segnata anche da momenti duri e difficili che abbiamo affrontato e superato. Nel libro diventano montagne da scalare con uccelli rapaci che insidiano il passaggio e sabbie mobili che fanno affondare; oppure saette e fulmini che rischiano di distruggere ciò che si cerca di costruire. Spesso però, con l’aiuto di qualcuno, si riescono ad accendere luci che, attraverso il passato, possono illuminare il presente e dare l’energia per proiettarsi verso il futuro.

La quarta pietra preziosa è la bambina che abbiamo ora in affidamento familiare.

Ecco poi il senso della casa-famiglia, il Castello del libro. Con il linguaggio delle favole viene narrato il percorso che il bambino deve attraversare quando arriva nella struttura.

Esiste un “Tempio-Tribunale per i Minorenni” dove le “Fate protettrici-Giudici” leggono e ascoltano i “messaggi-relazioni” dei bambini, inviate dalle “Dame del Regno-Assistenti Sociali” che vivono nei “Boschi-Municipi/Città/Paesi”. In questi Boschi vivono “animali-famiglie” di tutti i tipi, alcuni possono spaventare i bambini che quindi devono essere necessariamente protetti. Quando un bambino riceve la “pergamena-decreto” può recarsi al Castello accompagnato dalla sua Dama.

Qui incontra “Re, Regina e Principessine-nostra famiglia”, la “Fatine dei fiori-educatrici” ed i “Giullari di corte-volontari”, con loro comincia un percorso di crescita e di elaborazione del suo vissuto. Quando arriva, il bambino è spesso impaurito e addolorato ed ha bisogno di tempo e di uno spazio dove riversare la sua paura. Il Pozzo magico, metaforicamente, è quel luogo dove i piccoli possono gridare sapendo che il ritorno che ne viene è una magica sensazione di benessere.

Nel periodo in cui vive al Castello, il bambino impara a ricostruire il mosaico della sua vita, riscopre piano piano i vari pezzetti che sono dentro la sua “sacca-storia personale” anche attraverso lo specchietto magico regalatogli dalla “Veggente-psicologa” del Regno incantato.

Quando il mosaico della sua vita è ricomposto, a partire dall’immagine recuperata dal “bosco-luogo d’origine”, il bambino può intraprendere una nuova avventura. La “Fata protettice-Giudice” emette un “mandato-decreto” ed il bambino può lasciare il Castello.

Certamente questo è il momento più toccante della vita del Castello: al bambino vengono offerti vari doni, raccolti nell’Album della Vita dove, tutti coloro che hanno condiviso con lui quel pezzetto di strada, raccontano i momenti più belli vissuti insieme.

Infine il bambino sale sulla carrozza dove lo accolgono coloro che lo aspettavano da tempo: famiglia biologica oppure famiglia adottiva o famiglia affidataria, ed il saluto, accompagnato dallo sguardo intenso che lo segue fino a che scompare all’orizzonte, è ricco e denso di tutte quelle emozioni che hanno reso unico l’incontro tra noi e lui.

Quante volte abbiamo vissuto questo momento così delicato e così toccante! Ognuno di questi saluti è diventato una perla inserita nel filo della nostra vita ed ogni volto ha arricchito l’albero genealogico della nostra famiglia.

E quale gioia riincontrare questi bambini nei momenti di festa comunitaria! Vederli cresciuti e ormai pienamente inseriti nella loro famiglia, ma che serbano nel cuore il ricordo intenso del Castello, vissuto quindi non più come luogo di abbandono, ma come esperienza di accoglienza e di crescita.

Questa è la storia che noi viviamo quotidianamente, è sicuramente un’esperienza emozionante e coinvolgente, anche se con le sue fatiche ed i momenti difficili. Tante volte ci viene chiesto se capita di dire “chi ce l’ha fatto fare”, sicuramente sentiamo che un’esperienza così totalizzante può imbrigliare il nostro vissuto di famiglia, qualche volta la voglia di respirare “aria fresca” diventa vitale, però sentiamo che la ricchezza di questa esperienza forgia e tocca profondamente il nostro essere, mette in gioco delle emozioni così forti da diventare linfa che passa dentro l’intimità, dandoci la capacità di intessere relazioni familiari più ricche e più stimolanti. Per questo motivo vale la pena di giocarsela fino in fondo.

Maria Grazia Viganò

P.S. – Chi volesse il libro può contattare direttamente l’Anfaa oppure mandarmi un’e-mail ad associazioneinsieme@tin.it

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