La toccante vicenda della piccola Maria la bambina bielorussa ospitata in Italia nell’ambito dei programmi solidaristici di accoglienza temporanea, riportata con così ampio risalto
dai mezzi di informazione nello scorso mese di settembre, ci sollecita a una riflessione
più ampia sulla realtà di questi soggiorni e ci richiama alla necessità di un maggior
impegno per far sì che anche in Bielorussia si creino le condizioni per dare il calore di
una famiglia ai tanti – troppi – bambini che come lei vivono in istituto.
In un comunicato emesso il due ottobre scorso dalla Sezione di Genova, la nostra
Associazione ha lanciato “un appello alle autorità politiche e giudiziarie dello Stato
della Repubblica di Bielorussia, affinché la bambina trovi sistemazione non in istituto,
ma presso una famiglia, e sia circondata da amore e tenerezza che solo tale ambiente
le può dare”, sottolineando la necessità “che
sia assistita per recuperare dai suoi dolori e dai suoi travagli di ordine fisico e
psicologico”. Si è inoltre sollecitato “l’avvio in Italia ed in Europa di una riflessione profonda sulla materia dei soggiorni climatici affinché questi percorsi di solidarietà possano continuare nella chiarezza degli obiettivi e dei propositi, evitando che essi possano
essere utilizzati per intraprendere vie all’adozione non previste dalla normativa nazionale
e internazionale”.
Questi soggiorni hanno avuto un inizio spontaneo nei primi anni Novanta in seguito
della tragica esplosione nucleare di Chernobyl, allo scopo di offrire ai bambini che
vivevano in zone colpite da un gravissimo inquinamento ambientale, soprattutto nella
regione della Bielorussia, la possibilità di poter trascorrere dei periodi temporanei in
ambienti più salubri. Nel corso degli anni questi programmi di accoglienza temporanea
hanno subito un’evoluzione ampliandosi anche verso altri Paesi e accogliendo altre
tipologie di bambini e ragazzi con bisogni diversi.
Secondo quanto riferito dal Comitato Minori Stranieri, che è l’Ente cui è attribuita la
funzione di vigilare sulle modalità di questi soggiorni, ogni anno entrano in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea più di 35.000 minori stranieri:
questi bambini vengono accolti nella maggior parte dei casi da famiglie, ma vengono ospitati anche presso centri estivi, colonie etc.
Le Associazioni che organizzano questi programmi sono circa 300 e sono dislocate
su tutto il territorio nazionale: non esiste tuttora un albo nazionale delle associazioni
e la loro idoneità è valutata dal Comitato minori stranieri sulla base delle informazioni
da queste pervenute all’atto della presentazione del programma, informazioni che consistono principalmente nella descrizionedelle attività già realizzate e nell’invio della
documentazione formale (statuto, legale rappresentante, ecc.)
La scelta delle famiglie è affidata alle associazioni stesse e non c’è alcun coinvolgimento dei servizi sociali locali nel monitorare e accompagnare bambini e famiglie nel corso del soggiorno e soprattutto nella preventiva valutazione della idoneità di quanti
accolgono questi bambini spesso già grandi (l’età minima ammessa per poter usufruire
di questi soggiorni è di 6 anni) e con notevoli carenze affettive.
Se alcune associazioni infatti, in base a precisi criteri che si sono liberamente date,
si rivolgono nei loro programmi di ospitalità solo a bambini che in Bielorussia vivono in
famiglia, ve ne sono molte che accolgono bambini provenienti da istituti.
Sono bambini fortemente deprivati e con un grande bisogno di affetto e di attenzioni:
vivere in un ambiente caldo ed accogliente, ricco di attenzioni e di cure e per periodi di
tempo anche abbastanza lunghi (anche 90 giorni consecutivi) e che possono essere
ripetuti negli anni, inevitabilmente crea legami affettivi con la famiglia che li ospita, che
rendono difficile e doloroso, il dover tornare nell’ambiente anonimo dell’istituto.
Sempre più spesso succede che le famiglie ospitanti presentino richiesta di adozione
del bambino da loro accolto e questa è una prassi che, a nostro avviso, presenta forti
rischi di aggiramento della attuale normativa sull’adozione.
La Convenzione de l’Aja, in materia di adozione internazionale, ratificata anche dal
nostro Paese, impone – per rispettare il principio di sussidiarietà cui l’adozione internazionale deve rispondere – che ogni procedura inerente l’adozione, debba essere
avviata successivamente alla dichiarazione di adottabilità del bambino e solo dopo la
verifica dell’impossibilità di trovare per lui una famiglia adottiva o affidataria, nel suo
paese di origine
Inoltre la nostra legislazione, per una maggior tutela dei diritti del bambino, richiede la
preventiva dichiarazione di idoneità della coppia all’adozione, prima che la stessa inizi
ogni contatto in vista dell’adozione.
Una valutazione successiva delle reali capacità affettive ed educative degli aspiranti
adottanti, rischia di essere fortemente condizionata dall’esistenza di rapporti affettivi
già creatisi. Non dimentichiamo però che sono ben diversi i problemi che si presentano
nell’ospitare un bambino per periodi di vacanza più o meno lunghi da quelli che una
coppia deve affrontare quando si diventa a tutti gli effetti genitori di un bambino con alle
spalle, una storia quasi sempre difficile.
segnata da ferite profonde dovute alla sua prolungata permanenza in istituto. Una volta
finita la cosiddetta “luna di miele”, egli presenterà i suoi reali problemi di inserimento
che richiederanno grandi capacità affettive da parte dei suoi genitori. I rischi di fallimento
diventeranno sempre maggiori con inevitabili sofferenze sia – e soprattutto – per il bambino, ma anche per la famiglia che lo ha accolto.
Vi è pertanto l’urgente necessità di rivedere i criteri con cui vengono realizzati questi
soggiorni, che includano anche la valutazione preventiva dell’idoneità della famiglia all’accoglienza e che escluda da questi programmi i bambini che sono ricoverati in istituto.
E’ auspicabile che le associazioni che promuovono questi programmi solidaristici
ed anche gli Enti autorizzati all’adozione internazionale, sviluppino progetti di intervento in loco di aiuto alle famiglie di origine in difficoltà e di promozione e di sostegno
degli affidamenti familiari.
Per i bambini in situazione di accertata adottabilità, è necessario lavorare affinché si trovi per loro – e al più presto – una famiglia adottiva o nel loro Paese o all’estero. Ciò significa anche impegnarsi presso le autorità Bielorusse affinché realizzino una politica volta a garantire il diritto di tutti i loro bambini a crescere in famiglia.
In chiusura è spontaneo chiederci se sia possibile indirizzare questa grande disponibilità affettiva delle famiglie che accolgono o hanno accolto minori dalla Bielorussia verso i bambini che, in Italia, ancora sono inseriti in comunità o istituti e che hanno bisogno di una famiglia affidataria.
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