RIFLESSIONI DEL CIAI SULLA VICENDA DEI CONIUGI DI COGOLETO
La vicenda dei coniugi di Cogoleto e della piccola Maria, riportata in questi giorni da
tutte le prime pagine degli organi di stampa, ha sollecitato all’interno del CIAI una serie
di riflessioni che, a partire dal caso di specie (sul quale non vogliamo né ci sentiamo in
grado di formulare giudizi), ci portano oggi ad esprimere alcuni brevi considerazioni sul
tema della connessione tra affido temporaneo internazionale e adozione internazionale.
Un richiamo al rispetto delle leggi e del diritto internazionale. Non è pensabile che,
anche nei casi umanamente più toccanti come questo di Maria, ognuno pensi di
potersi “far giustizia da sé”.
Un appello alle istituzioni. E’ arrivato il momento di regolamentare il flusso delle
ospitalità internazionali e di stabilire dei criteri precisi per l’operatività delle associazioni
che se ne occupano, definendo criteri di selezione e interventi di preparazione dei
futuri ospitanti. A questo punto ci pare particolarmente importante in quanto, in questi
giorni, è stata fatta molta confusione dai diretti interessati e dai mass media tra ospitalità, affidamento e adozione. Interventi diversi tra loro, che perseguono obiettivi
diversi. In particolare teniamo a sottolineare che l’affidamento temporaneo internazionale
dei bambini di Chernobyl, così come raccomandato a suo tempo anche dalla Commissione per le Adozioni Internazionali, non può essere considerato un mezzo più
“diretto” per ottenere l’adozione di un minore.
Va da sé che le famiglie che si candidano ad ospitare bambini di Chernobyl non dovrebbero avere in corso una pratica di adozione internazionale.
Un richiamo a livello diplomatico Affinché vengano sottoscritti accordi internazionali che stabiliscano criteri di individuazione dei bambini da candidare a tale esperienza e nei confronti dei quali venga avviata opportuna preparazione lavorando con particolare attenzione sulle loro aspettative e bisogni.
I bambini che vivono in istituto, che sono abbandonati o orfani e che potenzialmente
potrebbero essere adottati, non hanno necessità solo di essere mandati temporaneamente all’estero per le vacanze estive, bensì di avere una famiglia che definitivamente si occupi di loro. Devono pertanto con decisione essere indirizzati verso l’eventuale adozione nazionale o internazionale. Una vacanza in Italia non basta a colmare
il vuoto e a sanare i danni che una lunga permanenza in istituto può provocare.
L’opinione del CIAI sulla chiusura della vicenda
In occasione della conclusione della vicenda di Maria, auspichiamo che il rientro della
bambina avvenga con tutte le attenzioni e la delicatezza necessarie e nella piena tutela
dei suoi diritti e dei suoi bisogni.
Ribadiamo la nostra convinzione che la difesa dei diritti dei bambini non possa prescindere dal rispetto delle leggi vigenti, ma speriamo anche che le leggi sapranno rispondere e adeguarsi ai bisogni delle persone.
Riportiamo una riflessione sull’argomento:
La supremazia della legge di Umberto Galimberti da Repubblica 25 settembre 2006
La legge e gli affetti. Il tema è antico. Ne parla già Sofocle nell’Antigone. E’ l’esito
della sua “tragedia” è che la legge deve avere il primato sugli affetti. E’ una tragedia,
lo capisco, ma solo attraverso questo passaggio tragico l’umanità ha potuto passare
dallo stato familiaristico allo stato civile. Dico queste cose a proposito della bambina bielorussa che si è affezionata alla famiglia che l’ha ospitata nel periodo estivo, e a cui ha
raccontato le violenze subite nel collegio che frequentava dove più non vuol ritornare.
La coppia italiana ha pensato bene di nasconderla, sollevando di fatto il problema se
i diritti dei bambini alla loro incolumità fisica e mentale devono essere subordinati ai diritti
degli stati nel loro farsi garanti della salute dei loro cittadini, soprattutto se minori. In un
primo tempo, seguendo il primo impulso del cuore, gran parte dell’opinione pubblica si
è schierata dalla parte della bambina e quindi dei genitori che, nascondendola, la sottraevano a un futuro incerto. Poi la minaccia che più nessun bambino bielorusso avrebbe potuto usufruire di vacanze italiane se la piccola non fosse tornata in patria ha fatto
cambiare idea a molti senza però che il problema se il primato dovesse spettare alla
legge o agli affetti fosse davvero messo a fuoco.
Qui due cose da dire. La prima è che nessuna società sta in piedi se a regolarla
è il regime degli affetti. Lungo è stato il cammino che le società hanno fatto per
emanciparsi da questo regime che non offre né regole, né garanzie oggettive di convivenza e tutela dei diritti. In secondo luogo che l’amore non è di per sé garanzia di
crescita, di emancipazione, di costruzione di una propria identità. Soprattutto se l’amore
confligge con la legge e, non conoscendo il suo limite, sconfina con l’onnipotenza,
anche se questa, all’insaputa perfino di chi la esercita, si maschera di cura e dedizione.
Si può seguire una bambina anche a distanza, si può andarla a trovare, si può
sostenerla anche economicamente, si può vegliare sul suo avvenire, offrendole
l’occasione di un futuro davvero “suo” perchè ancorato e non strappato dal suo passato.
Non c’è biografia senza continuità e non si superano i traumi cancellando pezzi della
propria vita.
I genitori che hanno ospitato la bambina bielorussa gli hanno mostrato cosa è l’amore.
Ora devono far capire a questa piccina che l’amore non è “possesso” ma “cura”. Noi,
devono dirle prima di consegnarla al suo ritorno in patria, ci prenderemo sempre cura
di te. E questa cura sarà sempre più facilitata se non trasgrediamo la legge, mentre ci sarà
impedita se dovessimo pretendere che la forza dell’amore, per farsi strada, dovesse
scardinare la legge e quindi ogni regola di convivenza e di cura. Immagino che non
sarà facile. Ma perchè esonerare i bambini dall’acquisizione dei lenti passi con cui
l’umanità, con grandi sforzi, ha guadagnato le sue regole di convivenza da cui tutti noi
traiamo giovamento, e i bambini per primi?
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