Diritto del minore alla famiglia: richieste al nuovo Parlamento
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un preoccupante orientamento dell’attenzione dei nostri legislatori, non già rivolta alla piena attuazione del diritto fondamentale e prioritario del bambino ad avere una famiglia, ma più diretta a soddisfare le richieste di adulti desiderosi di adottare, anche ad ogni costo, un figlio. Assistiamo inoltre ad una negativa tendenza a svalorizzare il reale significato dell’adozione quale forma di piena e “vera” genitorialità. Ne è un segno il recente disegno di legge governativo n.3373, fortemente sostenuto dal Ministro Prestigiacomo, contenente norme in materia di adozione e affidamento internazionali, che fa venire meno la tutela del diritto del bambino senza famiglia ad essere inserito in una famiglia idonea e che apre le porte alla legalizzazione del mercato dei bambini. Questo disegno di legge è stato approvato – a maggioranza – dalle Commissioni Giustizia e Speciale Infanzia del Senato con un’urgenza immotivata pochi giorni prima di Natale (sui motivi del nostro dissenso abbiamo ampiamente riferito nei numeri scorsi del nostro Bollettino). Fortunatamente, grazie anche a una intensa azione di pressione e alla messa in rete di tutte le varie componenti – istituzionali e non – che si erano dichiarate contrarie all’approvazione di questo disegno di legge (le prese di posizione più significative sono riportate in Prospettive assistenziali n. 151 e152) e all’intervento attivo di alcuni parlamentari, sia dell’opposizione che della maggioranza, la fine della legislatura ne ha impedito l’ approvazione.
Altrettanto, se non maggiormente preoccupanti, le proposte di legge a firma dell’On. Burani Procaccini e dell’On Bolognesi che sono state oggetto di discussione alla Commissione Giustizia della Camera. contenenti disposizioni per introdurre nel nostro ordinamento l’istituto giuridico dell’adozione aperta e “mite”, su cui ritorneremo ampiamente sul prossimo numero del Bollettino.
Nulla invece è stato fatto in questa legislatura, per l’effettiva entrata in vigore del nuovo procedimento previsto dalla legge 149/2001 che stabilisce un nuovo e più celere procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità dei minori. Un aspetto indubbiamente positivo di questo nuovo procedimento sono l’eliminazione di un livello di giudizio (e cioè del ricorso previsto presso lo stesso Tribunale per i minorenni) e la definizione di tempi certi per la dichiarazione definitiva dell’adottabilità. Il nuovo procedimento avrebbe dovuto entrare in vigore entro giugno del 2002, ma siamo già arrivati alla quarta proroga e con un nulla di fatto…
Non è stata neppure risolta, nonostante le numerose segnalazioni indirizzate in proposito al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e alla Commissione parlamentare per l’infanzia, la questione relativa a una piena attuazione del diritto ad usufruire dei congedi parentali obbligatori e facoltativi da parte dei genitori adottivi e affidatari. Infatti i genitori adottivi e gli affidatari, di un bambino italiano hanno diritto, se entrambi lavoratori, al congedo obbligatorio unicamente se il minore alla data di ingresso nella famiglia, non ha superato i 6 anni di età e ai congedi facoltativi se il minore non ha un’età superiore ai 12 anni. I genitori adottivi di un bambino straniero invece hanno diritto al congedo obbligatorio, qualsiasi sia l’età del figlio, mentre anche per loro il congedo facoltativo è limitato ai 12 anni di età del minore. Abbiamo richiesto più volte, senza alcun risultato, che, per un’effettiva tutela dei minori adottati e affidati già grandicelli venisse estesa la normativa in vigore a tutti i genitori adottivi e affidatari, indipendentemente dall’età e dalla provenienza dei minori accolti.
Ben poco poi è stato fatto per dare risposta ai numerosi bambini dichiarati adottabili e che non sono stati adottati. Dalla lettura dei dati forniti dal Ministero di Giustizia, Divisione per i minorenni, relativi all’attuazione della legge 184/83 e s.m. risulta che il numero dei minori italiani dichiarati adottabili è, ogni anno, nettamente superiore al numero di quelli che vengono adottati con adozione legittimante. Infatti dal 1993 al 2000 (ultimi dati disponibili) sono stati dichiarati adottabili 9925 minori e nello stesso periodo sono state pronunciate solo 7152 adozioni. Chi sono questi minori? Al riguardo, non sono disponibili dati precisi: infatti il decreto relativo alla istituzione da parte del Ministero della Giustizia della banca dati dei minori dichiarati adottabili e degli aspiranti genitori adottivi, prevista dall’art. 40, terzo comma della legge n. 149/2001 che avrebbe dovuto essere realizzata entro il dicembre 2001, è stato approvato solo nel 2004, ma la banca dati non è ancora operativa!…..
In via informale spesso ci è stato detto da alcuni giudici e operatori sociali che si tratta di minori gravemente handicappati o malati o già grandicelli: alcuni di loro sono rimasti nella famiglia affidataria o nella casa famiglia in cui vivevano al momento della dichiarazione di adottabilità.
Molti, purtroppo sono ancora ricoverati negli istituti e nelle comunità, in centri riabilitativi o in altre strutture sanitarie in quanto non si sono trovate famiglie disposte ad accoglierli. Ma quanto si è fatto e si sta facendo per cercare, preparare e sostenere eventuali disponibilità? Una coppia che si accosta all’adozione difficilmente, e comprensibilmente, pensa spontaneamente a un bambino handicappato o gravemente malato: di fronte a lui si sente investita da una responsabilità e da un impegno molto grandi. Amministratori, operatori sociali e gli stessi giudici, con alcune lodevoli eccezioni, convinti a priori della difficoltà di trovare famiglie disponibili anche per questi bambini, spesso non le cercano o si arrendono con molta facilità, e fanno poco per sensibilizzare l’opinione pubblica e la comunità sociale a questo problema. Questi bambini trascorrono così la loro infanzia senza alcun legame vero: si cerca di assisterli o di curarli dal punto di vista sanitario-riabilitativo, perdendo di vista il fatto che spesso l’handicap o la malattia sono anche aggravati dalla loro condizione di solitudine e di abbandono. Fortunatamente non sempre la storia di questi bambini si conclude stesso modo: alcuni di loro sono stati accolti dalle braccia amorevoli di una mamma e di un papà.
In base alle esperienze positive finora realizzate (esemplare, a questo riguardo, è quella di Nicola descritta dalla sua mamma adottiva Giulia Basano in “Nicola, un’adozione coraggiosa”, Rosenberg ed.), riteniamo che l’adozione di un bambino gravemente malato, handicappato o grandicello, non possa riuscire contando unicamente sulla disponibilità della famiglia, ma che sia indispensabile una rete di rapporti umani e sociali intorno ad essa che arricchisca la vita del nucleo familiare e ne impedisca l’isolamento. E’ necessario l’aiuto e il sostegno della comunità scolastica, della comunità cristiana e civile, che sappia a sua volta accogliere ed integrare al proprio interno il bambino, evitando la sua emarginazione.
Questo però, non è sufficiente: molto dipende anche dai servizi che le istituzioni preposte sanno mettere a disposizione di queste famiglie Per una buona riuscita di queste adozioni è indispensabile, oltre al lavoro di sensibilizzazione della comunità e di reperimento delle famiglie, un sostegno continuato nel tempo da parte degli amministratori e degli operatori che garantisca un aiuto psicologico, i necessari interventi riabilitativi, un corretto inserimento scolastico, il collocamento lavorativo nei casi in cui il minore, superata l’età dell’obbligo scolastico, ne abbia le capacità, e un adeguato contributo economico.
Significativo dell’ attenzione delle istituzioni verso questi nostri piccoli, è il fatto che fino ad ora, ad eccezione della Regione Piemonte, non è stato assunto dallo Stato e dalle Regioni, alcun provvedimento a sostegno delle adozioni “difficili” e questo anche a causa di quanto disposto dalla legge n.184/83 e s.m. che prevede all’art.6 “Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati”. Si tratta pertanto di una mera affermazione di principio, che non si traduce in diritto esigibile in quanto questa norma non contiene disposizioni che obblighino le istituzioni a fornire gli aiuti previsti perché subordinati alle “disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci”.
E’ pertanto fondamentale un pressante intervento presso i parlamentari affinché vogliano dirottare la loro attenzione non più sui desideri e sulle aspettative degli adulti, ma sulle reali esigenze dei bambini, in modo tale che le nuove proposte di legge siano veramente orientate a riconoscere il reale significato dell’adozione quale genitorialità e filiazione piena e “vera” e a far sì che il diritto di ogni bambino a crescere in una famiglia non rimanga una vuota affermazione di principio, ma si traduca finalmente in realtà.
Si continua inoltre a parlare molto della chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006, ma poco stanno facendo le Istituzioni preposte per concretizzare questo obiettivo come poco stanno facendo per promuovere e sostenere l’affidamento familiare. Questi temi verranno approfonditi nel prossimo numero del nostro bollettino.
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