torna all’indice del Bollettino 04/2005 – Ottobre / Dicembre 2005

Riportiamo il comunicato stampa emesso dall’Anfaa il 21.12.2005: nel prossimo numero del Bollettino pubblicheremo un commento più approfondito con alcune note critiche in merito a questo accordo

Considerazioni a margine dell’accordo in materia di adozione internazionale con la Bielorussia e sugli affidi internazionali

Da recenti notizie stampa siamo venuti a conoscenza dell’accordo in materia di adozione internazionale che è stato firmato nei giorni scorsi dai rappresentanti istituzionali del nostro Paese e della Bielorussia.

Senza entrare nel merito dell’articolato, non possiamo che manifestare soddisfazione per il fatto che si sia stato raggiunto un accordo  per consentire  a bambini bielorussi in reale stato di abbandono di essere accolti da una famiglia adottiva nel nostro Paese e di veder quindi realizzato anche per loro il diritto fondamentale di ogni bambino a crescere in una famiglia. Nel contempo, non va dimenticato che tale diritto può essere legittimamente riconosciuto unicamente mediante il ricorso a procedure corrette e trasparenti.

Vogliamo quindi sottolineare come la Convenzione de l’Aja in materia di adozione internazionale, ratificata anche dall’Italia, imponga – per rispettare il principio di sussidiarietà cui l’adozione internazionale deve rispondere – che ogni procedura inerente l’adozione, debba essere avviata successivamente alla dichiarazione di adottabilità del bambino e previa verifica dell’impossibilità di trovare per lui una famiglia adottiva nel suo paese di origine.

A ulteriore tutela del bambino, la nostra legislazione ha inoltre previsto la preventiva dichiarazione di idoneità della coppia all’adozione prima che la stessa inizi ogni contatto in vista dell’adozione e proprio per questa ragione non possiamo condividere la prassi, che si sta sempre più diffondendo, di accogliere bambini provenienti dai Paesi dell’Est (Bielorussia compresa) per periodi di soggiorno estivi e/o natalizi da parte di famiglie di cui non viene preventivamente valutata l’idoneità e che, successivamente, presentano richiesta di adozione del bambino accolto.

Ci preoccupano infatti le conseguenze negative che questa prassi può avere sia sull’accertamento della situazione di adottabilità del minore – che in questi casi avviene a posteriori – sia sulla reale capacità affettiva ed educativa degli aspiranti adottanti. Sono infatti ben diversi i problemi che si debbono affrontare nell’ospitare un bambino per periodi di vacanza più o meno lunghi rispetto a quelli che si presentano quando si diventa a tutti gli effetti genitori di un bambino che avendo alle spalle molto spesso una storia difficile porrà inevitabilmente – una volta finita la cosiddetta luna di miele – i genitori di fronte ai suoi reali problemi di inserimento. In questi casi i rischi di fallimento possono divenire sempre maggiori con inevitabili sofferenze sia – e soprattutto – per il bambino ma anche per la famiglia che lo ha accolto.

Esprimiamo forti perplessità di ordine generale in merito a questi soggiorni in quanto, a nostro parere, rischiano di procurare ai bambini coinvolti più traumi che benefici, così come ancor più forte dissenso esprimiamo nei riguardi del disegno di legge governativo n. 3373, attualmente in discussione presso le Commissioni riunite Giustizia e Infanzia del Senato, che prendendo spunto dalle recenti calamità naturali si propone anche di regolamentare l’affidamento internazionale in quanto, secondo le maggiori organizzazioni umanitarie operanti a tutela dei diritti dell’infanzia, anche a livello internazionale (Save the children, Unicef, ecc.), gli affidi internazionali rappresentano una risposta sbagliata a un bisogno reale: in queste situazioni, dovrebbero essere potenziate le iniziative a livello locale per sostenere le famiglie di origine e la comunità locale, per sviluppare, sul posto, adozioni e affidi attraverso anche un maggior impegno della cooperazione internazionale. Se utilizzato
indiscriminatamente in queste situazioni,
l’affidamento significherebbe uno sradicamento del bambino dal proprio contesto familiare e sociale.

Inoltre il ricorso all’affido internazionale potrebbe essere utilizzato per aggirare le norme sull’adozione e incrementare l’ancora, purtroppo, non del tutto stroncato mercato dei bambini.

Come ha giustamente osservato Pasquale Andria, Presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia e del Tribunale per i minorenni di Potenza, “con l’alibi umanitario di assicurare trattamenti terapeutici o permanenze climatiche favorevoli ai bambini che ne hanno bisogno (così essi nacquero dopo Cernobyl), in realtà procurano ai bambini gravissime sofferenze a causa di una disumana e prolungata instabilità, con reiterati e traumatici distacchi. Tra l’altro, tutto è gestito da associazioni private, fuori da ogni controllo”. “Una legge – ha precisato Pasquale Andria – che preveda un istituto quale quello progettato conterrebbe una sorta di messaggio a continuare su questa linea e finirebbe per reintrodurre surrettiziamente una nuova forma di adozione “fai da te”, forse ancora più deregolata di quella che abbiamo conosciuto in passato”.

Circa questi soggiorni in Italia di minori stranieri, segnaliamo anche quanto sostenuto in merito da Padre Wielsaw Stepien, direttore della Caritas nazionale della Chiesa cattolica latina d’Ucraina, (cfr. Avvenire del 27 aprile 2002) che, dopo aver ricordato che il movimento dell’accoglienza – che in Italia mobilita centinaia di organizzazioni, cattoliche e laiche, e migliaia di volontari e famiglie – “fattura” ogni anno oltre 40 milioni di euro di spese, Padre Wielsaw sottolinea che “noi (la caritas, ndr) gestiamo quattro centri in aree non contaminate dell’Ucraina. In detti centri dal 1997 abbiamo cominciato ad accogliere bambini da 7 a 13 anni, selezionati in relazione ai problemi sanitari, al grado di esposizione alle radiazioni, alle condizioni economiche delle famiglie. Ospitiamo spesso intere classi provenienti da orfanotrofi statali. Per tutti prevediamo turni di 23 giorni, durante i quali garantiamo analisi e cure mediche, ma anche programmi educativi, di ricreazione, di formazione religiosa. L’anno scorso siamo arrivati ad accogliere 2.700 bambini, ognuno dei quali ci costa 7 euro al giorno, circa 150-160 euro a soggiorno”.

Poiché con la spesa che si sostiene per la permanenza in Italia di un bambino, in Ucraina ne potrebbero essere ospitati dieci, non sarebbe preferibile, come propone Padre Wielsaw, che venissero finanziati gli interventi locali? E questo anche perché, osserva ancora il direttore della Caritas, i soggiorni terapeutici in patria non solo hanno effetti collaterali benefici sull’occupazione e sull’economia ucraina, ma soprattutto “evitano ai bambini un doppio choc: l’impatto con una realtà socio-economica completamente altra e poi il rientro in un contesto meno ricco e più problematico (soprattutto quando si tratta di un orfanotrofio). Questo doppio choc può essere causa di disagio, disorientamento e insoddisfazione, nella psicologia del minore e nelle relazioni familiari”.

Riportiamo l’articolo a firma di Adriano Sansa Presidente del Tribunale per i minorenni di Genova, pubblicato sul n. 3-2006 della rivista Famiglia Cristiana e il comunicato stampa del 7 gennaio 2006 dell’Associazione Genitori si Diventa in commento al disegno di legge governativo in materia di adozione e affidamento internazionale.

 

ADOZIONI INTERNAZIONALI: FORTI DUBBI SUL DISEGNO DI LEGGE IN APPROVAZIONE

MA I DIRITTI DEI BAMBINI VENGONO PRIMA.

Di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno. Così si deve dire del disegno di legge in materia di adozione e affidamento internazionali presentato dal ministro per le Pari opportunità Prestigiacomo e da quello degli Esteri Fini al Senato, appena approvato in commissione e ora in procinto di passare al vaglio definitivo.

Frettolosamente, nelle pochissime sedute rimaste. A maggioranza, in una materia in cui non è lecito neppure concepire un voto per schieramenti.

Si tratta di bambini, nel cui interesse vitale – prima che in quello dei pur generosi adottanti – esiste anche l’adozione internazionale: che, secondo la legge italiana e le convenzioni internazionali, è una via aperta solo quando vi sia l’abbandono e non si possa ricorrere all’adozione nel Paese di origine.

È splendida la disponibilità dei genitori adottivi a impegnare così la loro vita. Ma restano le responsabilità collettive di giustizia e di solidarietà nel soccorso ai Paesi poveri, nell’aiuto alle famiglie per prevenirne l’abbandono. Ricordava di recente il direttore della Caritas ucraina come le iniziative locali di sostegno siano più utili, e assai meno costose, di incontrollati soggiorni all’estero, con instabilità e turbamenti per gli sbalzi di ambiente. Ecco, indispensabile sarebbe una disciplina dei soggiorni, della loro durata, del loro progetto: di cura, di studio, in modo da promuovere quelli utili e da scoraggiare quelli volti a forzare o aggirare le norme sull’adozione.

Infine, il mercato dei bambini esiste e disgraziatamente prospera. Il disegno di legge dunque accelera la procedura, esclude l’attuale utilissima parte dei servizi sociali, che nel valutare l’idoneità della coppia conduce intanto insieme a questa un cammino di informazione e preparazione all’adozione.

Niente più, basteranno alcuni documenti e autocertificazioni, dai quali nulla di sicuro si potrà sapere sull’attitudine all’accoglimento di bambini spesso provenienti da esperienze traumatiche, da Paesi lontani e di diverse culture, segnati da sofferenze. Pochi giorni al Tribunale per i minorenni per pronunciarsi, anche se richieda approfondimenti e verifiche. Una sbrigatività pericolosa, un riguardo alle aspirazioni dei richiedenti ma non al minore.

E se tra le domande ve ne fossero di coppie inadatte, fortemente disturbate, incapaci o perfimo animate da scopi distorti? Perché cambiare una prassi che è oggi soddisfacente? Perché non rendere più solidi, efficienti e rapidi i servizi sociali chiamati alle verifiche e al sostegno? Perché non rafforzare i Tribunali per i minorenni, che si volevano abolire e invece oggi hanno compiti crescenti e delicatissimi per l’aumento delle coppie di fatto e in particolare del disagio dei figli di immigrati?

Non basta. Si vuole introdurre un “affidamento internazionale” per i minori “temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo” a famiglie o persone in grado di assicurare loro in Italia mantenimento, educazione, affetti.

Non i soggiorni brevi, che comunque restano senza regola. Ma affidamenti prolungati, da regolare con accordi internazionali.

Bisogna pensarci bene: non sarebbe necessario privilegiare la cooperazione internazionale e promuovere adozioni e affidamenti sul posto? Quali legami si costituiranno, quali si manterranno, quali instabilità affettive ne potranno nascere, quali strumentalizzazioni ne potranno derivare?

È materia così difficile, delicata e preziosa, che occorre rifletterci bene, tutti insieme: molte autorevoli associazioni che si occupano dei diritti dei minori hanno espresso pareri contrari, preoccupati. Non si può legiferare correndo, veloci nelle ultime ore, per ottenere personali vittorie. Fate un passo indietro, ve ne preghiamo.

Adriano Sansa

Presidente Tribunale per i Minorenni di Genova

* * *

In questi giorni festivi, con urgenza inusitata, le commissioni “Giustizia” e “speciale infanzia” hanno approvato a maggioranza il disegno di Legge del Ministro Prestigiacomo di modifica della legge sull’affidamento e l’adozione. Se dovesse essere approvato anche in aula dal Senato e dalla Camera diverrebbe Legge dello Stato a tutti gli effetti. L’associazione “Genitori si diventa” teme fortemente questa proposta di legge che parte dall’assunto che i Tribunali per i minorenni abbiano fallito il proprio compito nell’ambito dell’adozione internazionale e che il percorso preadottivo con i servizi territoriali sia di fatto inutile e gravoso per coppie e stato. Tra le righe di questo disegno di legge si vede la volontà di eliminare il “peso” di un inutile esame, di spostare la formazione delle coppie dal pubblico al privato e di “sveltire” tutta la pratica perché in fondo quel che conta è “dare velocemente un figlio a chi lo desidera”. Pensiamo che questa idea dell’adozione sia fortemente irrispettosa dei bambini in attesa, che avrebbero bisogno di incontrare, finalmente, famiglie consce di quel che fanno.

In realtà il decreto di idoneità dovrebbe essere l’esito di un percorso che, attraverso i servizi sociali dei Comuni o delle ASL, mette la coppia nelle condizioni di leggere dentro di sé la capacità o meno di poter diventare genitore di un figlio generato da altri. Quello che viene spesso a mancare è proprio la profondità e la ricchezza di un percorso che troppo frequentemente si riduce ad un viaggio, un po’ scontato, al cui termine arriva un’idoneità poco verificata e comunque sempre garantita in Appello e in Cassazione. Un percorso dove, in genere, viene vagliata, più o meno attentamente, la realtà della “coppia” così com’è sino a quel momento e dove poche sono le occasioni attivate per accendere invece una riflessione fertile su quel che significa una genitorialità che si esplica attraverso l’incontro con la diversità e l’estraneità. Capita che le equipes adozioni possono non essere al corrente delle situazioni in cui versano i minori stranieri e lasciano in genere che siano gli enti autorizzati a occuparsi di questa parte della formazione. Ma quanti enti informano e formano davvero le loro coppie, se non a grandi linee?

A nostro parere, dunque, quel che manca oggi è proprio una più qualificata formazione da parte dei servizi pubblici. Formazione indispensabile se ci stesse a cuore realmente l’agevolazione di adozioni di bambini in età scolare o portatori di un passato difficile. Quanti Tribunali per i Minorenni, quanti servizi pubblici si impegnano nell’immaginare percorsi formativi che non forniscano solo delle scarne patenti per adottare all’estero? Quanti si impegnano nel creare la possibilità di individuare famiglie per bambini non neonati?

L’analisi dei fallimenti adottivi, delle cosìdette “restituzioni”, il dolore in cui vivono troppe famiglie, suggerisce la necessità di non nuclearizzare l’esperienza adottiva, di non lasciare le famiglie da sole dopo l’arrivo dei figli. Come è pensabile allora che i servizi territoriali compaiano dal “nulla” nella vita delle famiglie dopo l’arrivo dei figli?

Ecco perché, come Associazione, esprimiamo parere contrario alla Legge così come è formulata a chiediamo che si riapra un confronto serio e costruttivo con quanti, Istituzioni, Associazioni e professionisti, si occupano di adozione e di famiglie adottive.

Associazione Genitori si diventa – onlus

torna all’indice del Bollettino 04/2005 – Ottobre / Dicembre 2005