Su “La Repubblica” – Cronaca di Firenze di Sabato 21 febbraio 2004 è stato pubblicato un articolo (che riportiamo in nota) (1) dal titolo “Lotta per il diritto dei figli a conoscere il vero genitore”. Numerose sono state le lettere di protesta per l’uso scorretto del termine “vero genitore” inviate al direttore del quotidiano da parte di genitori e figli adottivi. Di seguito ne riportiamo alcune.
Gentile direttore,
Le scrivo per esprimere delle perplessità circa l’articolo pubblicato, nella sezione Primo piano del 21 e titolato “Lotta per il diritto dei figli a conoscere il vero genitore”.
Mi chiedo, a tale proposito, cosa si voglia intendere con l’espressione “vero genitore”: solo colui che genera un bambino oppure anche la persona che lo cresce e lo accudisce? Spesso si tende a considerare come esclusiva genitorialità quella biologica, ma in realtà vi sono anche altri modi, che ritengo altrettanto “naturali”, per formare una famiglia. Perché l’essere genitore cosiddetto adottivo non significa essere padri e madri a tutti gli effetti, o si deve parlare di paternità di serie A e di serie B? Nel leggere il suddetto articolo mi appare incomprensibile imputare situazioni difficili e talvolta tragiche al fatto che i figli siano stati adottati: perché l’etichetta adottato significa necessariamente essere sbandato o traumatizzato? A me pare, ad esempio, che la triste vicenda della tossicodipendenza sia un dramma che possa colpire anche figli biologici.
Nonostante vi sia anche un orientamento giurisprudenziale tendente a salvaguardare il cosiddetto vincolo del sangue, ciò che è da ritenersi l’interesse primario è il diritto di ogni bimbo ad avere una famiglia. In tal senso lo stesso ordinamento giuridico ha previsto con la legge 183/84 la tutela dei minori garantendo, tra l’altro, l’anonimato delle stesse madri che per impossibilità o volontà non intendano tenere il figlio, evitando soluzioni estreme, ed altrettanto drammatiche, quali l’aborto o la “via del cassonetto”. L’annosa ricerca delle proprie origini porta il più delle volte a scoprire delle verità psicologicamente ancora più traumatiche tanto da spingere i figli a sentirsi abbandonati una seconda volta. Pertanto invito a conoscere più a fondo la delicata tematica dell’adozione prima di trarre delle conseguenze solo negative visto che il diritto più importante è quello di essere “figli”, se di diritti vogliamo parlare.
Con ciò la ringrazio per la cortese attenzione, distinti saluti
Cecilia Zani
Egregio Direttore,
l’articolo “Lotta per il diritto dei figli a conoscere il vero genitore”, apparso il 21 febbraio, mi è sembrato molto confuso. Mescolava adozione, ricerca delle radici, “rivelazione” al bambino della nascita per adozione, ricerca giudiziale della paternità, abbandono scolastico.
Senza entrare nel merito di una così vasta problematica, credo debbano essere decisamente respinte le locuzioni “vero genitore” e “vera mamma” che compaiono in detto articolo.
Tali espressioni, come minimo improprie, tendono a veicolare per contrasto un’immagine poco rispettosa della famiglia adottiva, quasi si trattasse di una famiglia “meno vera”, finta, posticcia. Invece, da tutti i punti di vista – legale, affettivo, educativo, sociale – la “vera famiglia” del minore adottato è quella adottiva: genitori e figli sono tali non in virtù di un vincolo di sangue ma per l’affetto che li lega.
Con preghiera di pubblicazione e con distinti saluti
Fabrizio Papini
A distanza di una settimana il Vostro giornale, per due volte, contiene affermazioni offensive per le famiglie adottive. In data 21-2-2004, a pag. III della cronaca di Firenze, si parla di genitori “veri” (biologici) contrapposti a genitori evidentemente ritenuti falsi, in quanto adottivi. Il 28-2 nel commentare il film di Soldini, si riparla di fratelli veri contrapposti a fratelli“falsi” , in quanto diventati tali in seguito all’adozione di uno di loro. Ebbene: dal punto di vista umano, quando la generatività biologica non coincide con quella psicologica, quando, cioè, i genitori biologici non possono o non vogliono occuparsi adeguatamente del minore, ed, in vece loro, si occupano del minore i genitori adottivi, non è corretto considerare i primi più genitori dei secondi. Giuridicamente, con l’adozione il minore esce dalla famiglia d’origine ed entra in quella adottiva. Credo, viceversa, che un chiarimento nei confronti di tutti i genitori adottivi, di tutti i figli adottivi e di tutti i fratelli adottivi (ma anche dei nonni, degli zii, ecc.), che certo non sono meno genitori, meno figli, meno fratelli perché tali, sia doveroso
Avvocato Sibilla Santoni
Mi riferisco al servizio pubblicato il 21-2-2004. Credo che genitori siano coloro che allevano con amore la prole e, non senza fatica, ne contribuiscono significativamente all’armonica crescita. Non faccio differenza tra genitori biologici e genitori adottivi. In questo percorso educativo le famiglie perfette forse non esistono.
Provo vera compassione per chi è costretto a doversi separare dalla propria creatura. Coltivo la speranza che il dolore che ne deriva sarà, forse, in parte lenito dalla consapevolezza che una famiglia più fortunata l’accoglierà.
Rifuggo dalle crociate: sono convinto che nella contrapposizione emersa dall’articolo, esistano verità e sofferenze degne di rispetto. Si tratta poi, però, di scorgerne le priorità facendo corrispondere alla proprietà delle parole i rispettivi fatti.
(1) “Rivendicano il diritto dei figli a conoscere il genitore naturale. E per questo stanno costituendo un’associazione. Sono sempre di più, nell’area fiorentina, le storie di drammatica “triangolazione” che coinvolgono minorenni, famiglie adottive e genitori naturali, con no strascico di traumi. Nell’hinterland della città, ad esempio, è guerra giudiziaria intorno ad una piccina di 11 anni, che ha perso il padre naturale in un incidente senza averlo mai conosciuto e alla quale adesso si vorrebbe negare l’eredità. A Firenze un ragazzo è finito nel tunnel della tossicodipendenza ed è alla disperata ricerca del padre naturale in seguito al litigio tra babbo e mamma nel corse del quale la donna ha rivelato al marito che il giovane, allora già sedicenne, non era figlio suo. Da sei anni ovvero da quando all’età di 15 anni ha saputo di essere figlia adottiva, una ragazza fiorentina ha abbandonato la scuola e ogni altra attività per dedicarsi ad un’unica missione: trovare la vera madre. L’elenco potrebbe continuare. Chiediamo che i diritti di questi ragazzi vengano riconosciuti anche in Italia come avviene in altre parti del mondo” sostengono i promotori dell’associazione. “La Convenzione Onu sui diritti del fanciullo garantisce al bambino il diritto a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi. Stati come la Gran Bretagna, che hanno acconsentito alla fecondazione eterologa con anonimato del donatore, stanno adesso imponendo l’obbligatorietà dell’identificazione del donatore per non eludere il diritto del nascituro a conoscere la propria origine. In Italia siamo ancora indietro nonostante verdetti di Corte Costituzionale e Corte di Cassazione.”
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