Diana, vi spiego perché la Giustizia poteva salvarla, EMMA AVEZZÙ*
Si chiama Ambra, e ha tre anni; a quell’età capita che, per strada, con la mamma, si facciano i capricci. Un gelato negato, un cane da fermarsi a toccare, o forse è solo stanca, ha caldo, e diventa noiosa, ai bambini capita. Ma la mamma non ha pazienza, la strattona, la malmena, le urla bastarda, e quello che ti può segnare per la vita: perché sei nata? Ambra piange, è disperata. Ma siamo a Torino, un profondo Nord dove si fanno gli affari propri, ma urla per strada destano ancora stupore. Una signora che passa attira l’attenzione dei vigili, parte la segnalazione al servizio sociale, e pertanto anche alla procura per i minorenni.
A Torino il giudice dei bambini si è chiamato Paolo Vercellone, tanti anni fa, si è chiamata Graziana Calcagno, giudice prima e poi procuratrice, a questa scrivania che ora ben conosco. Li ricordiamo con commozione. Si chiamava Camillo Losana, che con lei cantava che “in via Passo Buole c’è un tribunale”, si è chiamata Giulia, la presidente che ancora ci incoraggia. Il rispetto della decenza è di casa, nel Piemonte cortese, ma soprattutto lo è il rispetto del Bambino, che non è una proprietà dei genitori. Paolo, Graziana, e poi Camillo e Giulia lo hanno insegnato a noi, la generazione dei giudici che forse deciderà di andare in pensione per non vedere scempi ma lo sanno anche i passanti.
E così Ambra viene protetta, ci interessa capire se quegli strattoni fossero esito di una giornata pesante, di fatiche e preoccupazioni economiche, di lavoro, di casa. Ma Ambra va tutelata, e la sua mamma può andare con lei, in un posto in cui qualcuno possa capire meglio. E, in quel posto, dove occhi e orecchie sono di professionisti, di gente seria, che vive di stipendio neppure alto, e che a volte è trattata come demone, si scopre che quella brutta frase non era isolata, che non erano isolati gli strattoni e che, per uscire da quelle modalità, la madre avrebbe dovuto fare un lungo percorso, e quel percorso non lo vuole fare, neppure lo inizia quando le viene fissata una data. Anche se sa di essere in osservazione.
Una bambina non può crescere così, chi più di tutti dovrebbe amarla e proteggerla l’accusa di essere nata, e Ambra ha bisogno di carezze, di parole, di esempi, di racconti, non solo di cibo e acqua. Ho scritto da poco le mie conclusioni, in quella procedura: dichiarazione di adottabilità e affidamento a una famiglia che la possa amare per sempre, e che sia stata conosciuta da altri esperti (professionisti, anche loro, che non lavorano per mettere i bastoni tra le ruote, ma appunto per trovare il meglio ai bambini come Ambra). Ora lo so, Ambra sarà adottata, non dimenticherà quelle urla, ma qualcuno l’aiuterà a convivere con quel ricordo triste, e quando sarà madre saprà quanto fa male e non farà così, lei; saprà, dentro di sé, che i passanti, a Torino, non si girano dall’altra parte, saprà che c’è un Tribunale, in via Passo Buole. Anzi, c’era, ora è in un corso, che si chiama Unione Sovietica, così lungo che sarebbe complicato persino cambiargli il nome, come qualcuno ha proposto.
Ma, tra un po’, anche lì non sarà più così, il giudice sa che dovrà produrre di più e più in fretta. Per questo sarà solo, e non avrà qualcuno a fianco, che gli spiegherà che i figli non sono proprietà e non gli puoi dire di tutto. Non potrà andare in giro, questo giudice, da solo, a chiedere a tutti di avere più occhi e più orecchie per percepire tanta sofferenza, attenderà quello che arriva sulla scrivania. E se, come è capitato a Diana, non arriva?
SU LA STAMPA del 27 luglio 2022. CIAO A TUTT*
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