Sezione di Lecce
COUNSELING E ADOZIONE
Nel dicembre 2009 ho concluso un Masters di durata triennale in “Gestalt Counseling – Agevolatore nella relazione di aiuto” presso la sede territoriale di Brindisi dell’ASPIC Counseling e Cultura, discutendo una tesi dal titolo: Counseling e adozione. La scelta di riflettere su counseling e adozione nasce da motivi professionali e personali: sono un’insegnante che spesso si è trovata dinanzi a casi di alunni adottivi, e, come socia attiva dell’A.n.f.a.a. (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), mi occupo di promuovere e difendere il diritto del bambino ad avere una famiglia mediante la diffusione della cultura dell’adozione e dell’affidamento e, inoltre, cosa molto più significativa, sono una mamma adottiva.
Si è verificata dunque la combinazione di vivere una situazione per la quale dispongo di conoscenze specifiche e che per questo qualcuno potrebbe considerare particolarmente fruttuosa. Personalmente ritengo, con cognizione di causa, che per essere buoni genitori non sia sufficiente essere preparatissimi sul piano psico-pedagogico e che sia molto più importante avere la disponibilità al cambiamento, l’intima e profonda convinzione di poter maturare sul piano personale per rispondere ai bisogni reali del figlio. Pertanto più efficace degli studi è la riflessione, eventualmente accompagnata e seguita da un lavoro di crescita personale per capire cosa sta succedendo in generale e cosa mi sta succedendo. I genitori adottivi, infatti, hanno bisogno di avvantaggiarsi di un sostegno valido lungo tutto il cammino dell’adozione e il counseling, a mio avviso, costituisce la risposta a questo bisogno.
In sintesi cos’è il counseling? Premesso che il counseling agisce a diversi livelli (individuale, di coppia, di gruppo) e in molteplici ambiti (sanitario, aziendale, scolastico ecc.), possiamo definirlo una relazione di aiuto che ha come scopo quello di aiutare il cliente in difficoltà. Nella relazione il counselor stabilisce con il cliente un’interazione tra pari, nel senso che l’obiettivo comune è quello di giungere ad una maggiore indipendenza e integrazione dell’individuo per imparare ad affrontare le situazioni problematiche senza confusione, con maggiore organizzazione, indipendenza e responsabilità. Il counselor, infatti, è un esperto che mette le proprie conoscenze al servizio del cliente agevolandone l’autoesplorazione, la comprensione di se stesso e il riconoscimento delle proprie risorse. Il counselor quindi aiuta il cliente ad aiutarsi cioè a sviluppare la propria autopercezione, l’autodeterminazione, l’autocontrollo. Queste sono caratteristiche che tutti noi possediamo, ma a volte le perdiamo temporaneamente, quando siamo in crisi, ossia a causa di conflitti, di turbamenti emotivi dovuti a stress nei vari ambiti di vita.
L’adozione, in quanto esperienza di accoglienza di un figlio non procreato, è un atto psicologicamente complesso che richiede alla coppia un profondo lavoro di riflessione sul significato dell’essere genitore non biologico. Anche per l’adozione, infatti, si può parlare diconcepimento; e concepire significa accogliere, ricevere dentro di sé. Si tratta dunque di una gravidanza affettiva lunga e particolare, che necessita di essere vissuta in modo adeguato per non compromettere il futuro della relazione adottiva. È indispensabile, quindi, che i coniugi riescano ad elaborare i propri vissuti di lutto e di frustrazione biologica.
Riflettendo sul percorso adottivo si sa che tra la domanda per ottenere l’idoneità e gli incontri con gli operatori dei servizi pubblici passa del tempo, che per legge dovrebbe essere di quattro mesi, prorogabile al massimo di altri quattro più due mesi perchè il tribunale pronunci il decreto. Comunque un tempo di attesa, da alcuni studiosi considerato proficuo perchè caratterizzato da riflessioni sull’impegno futuro e nel quale si elabora la propria disponibilità, pertanto un tempo che va valorizzato. Questa è una teoria condivisibile e, come ogni sapere teorico, deve tener conto della realtà dei fatti dove, mi risulta, moltissime coppie, in quel tempo di attesa vivano tante emozioni sperimentando anche situazioni dolorose e di profonda solitudine. Si pensi all’ansia legata ai colloqui con gli operatori dei servizi pubblici, che spesso la coppia vive come valutazione. Un’ansia che forse dovrebbe ridursi pensando all’adozione come scelta e nello specifico come scelta in un contesto regolato, dove la società vuole essere sicura, per il supremo interesse del minore, delle reali motivazioni della coppia aspirante adottiva e delle sue capacità genitoriali. “È fuori di dubbio che…i servizi non devono essere inquisitori, ma accompagnatori in un percorso del ciclo vitale della coppia non semplice e non facile, perché è il tempo in cui si acquista consapevolezza piena della propria sterilità (spesso presente in uno dei due coniugi), e quindi di una mancanza che deve, proprio attraverso l’aiuto dei servizi, divenire “compresa” anche allo scopo di realizzare il progetto adottivo” (1). Si tratta, dunque, di un tempodi attesa ricco di riflessioni e di emozioni in cui la coppia ha bisogno di essere aiutata a prendere coscienza dei propri desideri e dei propri sentimenti, a riconoscere i propri limiti e a cercare le proprie risorse e potenzialità, a elaborare e superare insomma le problematiche esistenziali per giungere a una scelta adottiva consapevole e assicurare un nido accogliente al figlio del cuore. In questo senso l’adozione può essere concepita come l’incontro di due desideri, l’uno inconsapevole, quello del bambino, e l’altro consapevole, quello dei genitori, uniti dal fatto di aspirare a qualcosa che non si conosce, ma si sente come indispensabile.
È necessario creare un ponte comunicativo tra i due desideri e, quindi, tra il bambino adottabile e la coppia che lo adotta. In tale prospettiva il counseling costituisce uno strumento capace di migliorare e favorire la nascita di una serena convivenza tra due mondi diversi e lontani, che poi grazie a quel ponte comunicativo, si incontreranno e cresceranno insieme. Questo, a mio parere, non solo è vero ma di fondamentale importanza per l’intero percorso adottivo, dove potremmo distinguere un prima, il momento in cui la coppia matura la decisione, l’incontro-nascita che genera cambiamento e un dopo, ossia quello che avviene quando il bambino entra a fare parte della famiglia. Ed è, pertanto, sin dall’inizio del percorso adottivo, ossia dalla fase di preparazione all’idoneità, che la coppia adottante dovrebbe essere informata sulla possibilità di compiere un percorso di counseling che, per esempio, nel su citato tempo di attesa potrebbe aiutare la coppia ad entrare in contatto con le proprie emozioni, sentimenti e vissuti sottostanti alla scelta adottiva, e a pensare al figlio…del cuore, a preparargli uno spazio mentale, ad accoglierlo nel proprio pensiero prima ancora di abbracciarlo.
Rosalba De Mitri
Sezione di Roma
Anche quest’anno come Sezione di Roma ci siamo impegnati nella diffusione di una cultura incentrata sulla tutela dei bambini in quanto soggetti portatori di diritti che lo Stato deve tutelare. Abbiamo sostenuto questa impostazione sia a livello istituzionale, all’interno dei due tavoli regionali cui l’Anfaa partecipa: il Comitato Regionale per le adozioni nazionali ed internazionali e il Gruppo di lavoro sull’affido familiare, sia nelle attività quotidiane a contatto con tutte le persone che hanno manifestato interesse a riflettere insieme a noi sui temi dell’adozione e dell’affido.
In particolare, oltre ai consueti incontri mensili aperti a tutti, anche quest’anno abbiamo realizzato il Corso di informazione per aspiranti genitori adottivi, strutturato in quattro giornate, e che ha visto la presenza, in qualità di relatori, di un Giudice Togato del Tribunale per i Minorenni di Roma, di un’Assistente sociale del GIL adozioni di un Municipio di Roma, di alcuni genitori adottivi e, infine, di figli adottivi adulti.
Sezione di Trieste
LE FAMIGLIE ADOTTIVE DI TRIESTE
La sezione triestina dell’Anfaa organizza da molti anni incontri per coppie adottive. Fin dall’inizio gli incontri erano aperti: c’erano coppie che stavano facendo il percorso di idoneità con le operatrici dei Consultori Familiari, quelle in possesso del decreto che avevano conferito il mandato all’ente autorizzato, quelle in attesa del bambino dopo l’abbinamento, quelle con il bambino, quelle che avevano adottato già da anni e quelle che si accingevano a fare il passo della presentazione della domanda in Tribunale.
Come si vede la grande maggioranza era (ed è) orientata verso l’adozione internazionale anche se la domanda (e disponibilità ad accogliere) veniva fatta anche per l’adozione nazionale.
Avevamo cominciato le riunioni nella nostra sede sociale, un ex appartamentino in un sottoscala. È un po’ piccola, ma a quei tempi (vent’anni fa) ci stavamo. Ancora oggi qualche genitore ci dice: “Ti ricordi quando facevamo le riunioni in cucina?”. Le presenze erano di circa una ventina di persone. Quando abbiamo cominciato a stare stretti abbiamo ottenuto ospitalità presso una sala della Banca Etica di Trieste.
Ci siamo stati sette anni, fino ad inizio 2010. Le presenze ora si sono attestate attorno le 80/100 unità. Ora siamo ospitati preso gli ampi (e rinnovati) spazi dell’ex Ospedale Psichiatrico.
Da tempo collabora con noi il dott. Aldo Becce, psicologo. Lo schema degli incontri è passato dalla classica relazione su cui si discute assieme, al dialogo continuo che trae spunto dalla presentazione dei partecipanti e dalle esperienze che raccontano.
È un modo di stare assieme che è molto gradito dalle coppie. Gli incontri non sono moltissimi: 6/7 all’anno. A questi ci sono da aggiungere due momenti di convivialità: vicino a Natale tutti in pizzeria figli compresi e la grigliata primaverile sul Carso triestino.
Continuiamo a mantenere gli incontri aperti a tutti. È una modalità che è stata rafforzata dall’esperienza pluriennale. Abbiamo verificato sul campo che, ad esempio, riflettere sull’adolescenza è utile in prima battuta per le coppie direttamente coinvolte ma diventa un riferimento di prospettiva anche per le coppie con bambini piccoli che si possono così prefigurare il percorso di vita dei loro figli. Inoltre il tema dell’adolescenza sta spesso in relazione con la storia e le origini del bambino adottato.
Riflettere sull’attesa del bambino o sul suo arrivo serve anche alle coppie veterane per pensare a come ogni giorno riaccogliamo i nostri figli.
Qualche volta capita di incontrare persone che non frequentano più da anni i nostri incontri. “Vediamo che non partecipate più, anche se vi inviamo sempre gli inviti. Volete che cancelliamo il vostro nominativo dal nostro elenco?” “No, non veniamo ma siamo contenti di continuare ad essere informati delle vostre iniziative.”
Questi nostri appuntamenti si integrano con l’attività svolta dai Consultori Familiari dell’Azienda Sanitaria. Essi si occupano dell’informazione di base, prima dell’analisi di coppia. Inoltre seguono le coppie, con incontri di gruppo, nella fase tra l’abbinamento e il primo anno di permanenza del bambino nella famiglia.
Tra le coppie che frequentano gli incontri dell’Anfaa ci sono anche delle adozioni nazionali. E anche quelle coppie che spiazzano le operatrici dei Consultori Familiari: hanno già uno o più figli naturali e ora vogliono fare spazio ad un bambino (adozione nazionale o internazionale) che ha bisogno di una famiglia.
Non sappiamo dove ci porteranno gli sviluppi futuri, noi continueremo ad impegnarci in questo cammino assieme alle famiglie adottive. Intanto sta per partire un’iniziativa congiunta Anfaa – Jonas rivolta alle coppie in attesa che hanno già l’idoneità. Saranno dei gruppi molto piccoli in cui sarà possibile preparare le coppie in maniera più mirata.
Fabio Pillin – Anfaa Trieste
Note:
(1) A tale proposito vorremmo riportare uno stralcio di una mail ricevuta da una persona che ha frequentato il nostro corso e ha poi continuato a partecipare ai nostri incontri: “Credo che le riunioni ANFAA siano tanto importanti perché aiutano ad “aprire la testa” su tanti punti. Ed è bello che sia un ambiente “libero”, perché in fondo credo che tutti condividiamo e partiamo da una comune esperienza di desiderio di genitorialità che nasce da una sofferenza (credo… più o meno grande per tutti). Credo che i “nostri figli” ovunque siano …beneficieranno di queste ore insieme a voi. Grazie di cuore, anche a nome di mio marito”.
Ecco, queste parole, insieme ai molti ringraziamenti che riceviamo dalle persone che partecipano ai nostri incontri, ci aiutano e ci confortano nell’andare avanti. E l’idea che il nostro riflettere, il nostro aprirci, il nostro condividere emozioni, sia qualcosa che, arricchendo ciascuno di noi, verrà restituito ai nostri bambini e beneficiato anche da loro, è il vero senso della nostra attività.