C’era una volta…
…un bimbetto di sei anni: Robertino, piccolo e magrolino, con due grossi occhioni blu, nascosti da un paio di occhiali troppo grandi e scuri per il suo faccino.
Era un bel bimbo, ma si credeva un mostro e anche gli altri lo vedevano brutto, perché non sorrideva mai e il suo sguardo era di sfida e di rabbia.
Viveva in un istituto dove era stato parcheggiato anni prima e poi dimenticato da due genitori troppo presi dai loro problemi personali per potersi occupare di un’altra persona.
In quella casa per fanciulli nulla ti apparteneva, tutto era di tutti e bisognava dividere ogni cosa con gli altri: vestiti, giochi, tempo e tutte le attenzioni.
A scuola le cose non andavano benissimo: Robertino rompeva le scatole a tutti, era indisponente, dispettoso e faceva molta fatica a stare fermo. Non riusciva a concentrarsi a lungo sulle operazioni, sulle sillabe che compongono le parole, perché la sua mente era piena di mille pensieri:
– Perché non sono come tutti i bambini? Perché non ho una mamma a casa ad aspettarmi o un papà con cui giocare al pallone? –
Le maestre non sempre e non tutte capivano. Non è facile leggere nel cuore di un bambino, spesso si riesce solo a vedere il monello che disturba la classe o il somaro che non impara le tabelline, senza riconoscere il dolore profondo di una piccola anima.
E per un bimbo è assai difficile stare seduto e fermo su di una seggiola quando è affamato di coccole e assetato di carezze.
I grandi spesso non comprendono: è come quando senti le parole di un libro scorrere nella testa senza però afferrare il senso di ciò che stai leggendo. Ecco, loro ti guardano, ascoltano ciò che dici, ma non percepiscono le tue emozioni, i tuoi sentimenti.
Malgrado tutto ciò, Robertino aveva un asso nella manica, che nessuno conosceva, a parte lui. La sera!
Quando tutte le luci nella grande camera si spegnevano ed ogni bimbo era solo nel suo lettino, anziché lottare, come facevano molti dei suoi compagni, contro le proprie paure, lasciava correre liberamente la sua mente verso magiche avventure.
Chiudeva gli occhi e immaginava mondi meravigliosi, pieni di amici, giocattoli luccicanti e persone sorridenti.
Era come se vivesse una vita parallela, nel “suo” universo, privo di egoismi, con papà forti e grandi, e mamme dolci e carine. La cosa più bella era che non esistevano limiti: là poteva volare, combattere draghi feroci e mostri spaventosi e vincere, vincere sempre, per poi essere portato in trionfo e sentirsi finalmente un eroe.
Si addormentava ogni sera cullato da questi felici pensieri e l’ultima cosa che vedeva, prima di abbandonarsi al sonno, erano tante piccole stelline colorate. Una vera boccata di ossigeno per lui che viveva costantemente in apnea.
Al mattino, invece, era una grande fatica trovare il coraggio per affrontare una nuova giornata. Che barba svegliarsi, vestirsi e avere a che fare con educatrici, maestre, compagni di scuola e di istituto, assistenti sociali …..
Tant’é che Robertino si alzava furioso e svogliato e per questo riceveva di solito la sua prima sgridata quotidiana, che innescava in lui una voglia tremenda di dare una spinta o un pizzicotto a qualcuno. Almeno, pensava, non sarò il solo a soffrire, ed entrava così nella spirale che lo trascinava sempre più in basso e lo faceva sentire sempre più solo.
Un giorno finalmente arrivò una coppia che non aveva figli e ne desiderava uno. Erano in possesso di un documento del Giudice ed avevano già parlato con l’assistente sociale: Robertino non capì bene come andarono le cose, ma tra tutti i bimbi, fu proprio lui a partire con loro.
Certo, non erano esattamente come lui li aveva immaginati: il papà era piccolo e pelato, e la mamma un po’ strabica, ma avevano una casa fantastica, con un bel giardino ed un cane tutto marrone. Il bimbo pensò:
– Beh, meglio che niente! E poi se ci sta bene il cane qui, allora forse starò bene anch’io.-
La prima sera era così agitato che non riuscì neppure a chiudere gli occhi per abbandonarsi alle sue avventure immaginarie. Quei due fetentoni si chiusero solo quando il sonno riuscì ad acciuffare Robertino, sfinito e stremato. Non vide neppure le sue stelline, che tanto lo rasserenavano nei momenti più difficili.
Cambiò paese, scuola, compagni e maestre e non si trovava male con loro. I cambiamenti però – si sa – non sono mai facili e l’agitazione gioca brutti scherzi.
Così il piccolo, anziché sentirsi felice, come tutti si aspettavano e come lui stesso credeva di doversi sentire, aveva dentro un peso enorme, proprio nel mezzo della pancia: come se avesse mangiato un sasso e non riuscisse a digerirlo.
Continuava a fare dispetti a tutti, anche a quello stupido cane che, al contrario di lui, era sempre fastidiosamente felice e scodinzolante e riusciva così a farsi accarezzare da tutti.
E poi pensava:
– Ma cosa vogliono da me questi due? Non sono poi così speciali e io sono un bambino cattivo, un giorno anche loro, come tutti, se ne accorgeranno e mi lasceranno. Non gli voglio bene, non posso volergli bene e non mi fido di loro. Perché dovrei fidarmi? E poi non sopporto che mi dicano sempre cosa posso o non posso fare. –
I due genitori vivevano lo stesso problema: avevano desiderato tanto un figlio, ma quel bimbetto alto un metro e una banana, sempre sulle difensive, che li metteva costantemente in discussione, davvero li spiazzava.
-Perché è così aggressivo? – si domandavano – E’ così faticoso stargli vicino e anche volergli bene non è facile. Cosa c’è che non va in noi? Forse non siamo dei bravi genitori… – e così via.
Era una tortura in quella casa: tutti vivevano la frustrazione di una sconfitta annunciata.
Un giorno la famiglia decise di fare un pic-nic. Era una giornata bellissima, calda e serena.
Giocarono al pallone : la mamma in porta, Roby e papà in attacco. Poi mangiarono i panini che avevano portato e si scolarono una bottiglia intera di tè freddo.
Stavano lanciando sassi nel laghetto quando il bimbo all’improvviso si bloccò e chiese a bruciapelo: “Perché mi avete voluto?”
Il papà e la mamma si guardarono un attimo e spontanea venne loro la risposta:
“Perché abbiamo bisogno del tuo amore. E se ti fa piacere vorremmo provare a darti tutto il nostro. Non sarà sempre facile, come non lo è ora, forse dovremo prima imparare a conoscerci e a volerci bene!”
“OK…”, rispose Robertino “…proviamoci!”
Chiuse gli occhi e per un attimo vide le sue stelline colorate. Era decisamente un buon segno, forse ci si poteva fidare di quei due e tutto sommato valeva la pena provarci almeno.
Tornarono a casa mano nella mano tutte e tre, con una serenità nuova.
“Che ne pensate se nella mia cameretta dipingessimo tante piccole stelline?”, chiese il piccolo timidamente.
“Grande idea!”, risposero loro. “E poi le coloriamo?”
– Che forti i miei genitori! – pensò Robertino.
Maria Giuliana Saletta (1)
Note:
(1) Socia ANFAA da molti anni, ha lavorato nella scuola e realizzato laboratori sui temi della natura e delle emozioni ed è feconda scrittrice di racconti e fiabe. Ha pubblicato con mammeonline libri illustrati per bambini e ragazzi tra i quali:
“La Mucca Guendalina” – la storia di una mucca infelice perché diversa da tutte le altre.
“Abracadabra Lucertolina” – fiabe sui disturbi specifici dell’apprendimento.
“Sogni senza capo né coda” – imparare a comprendere le proprie emozioni osservando quelle delle persone care.
E con Verdone editore ha pubblicato:
“Viola, lo Sgrunfolo e il Palio dei tritoni” – un’avventura ambientata nel Parco Veglia Devero.
Collabora con l’ANFAA per la realizzazione di racconti sull’adozione e sull’affidamento familiare.