(a cura di Emilia De Rienzo)
«Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non gli siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si svilupperanno, questo è il dovere di un maestro, della scuola, di una buona società… di fronte ai bambini devi decidere come impostare il tuo lavoro: per asservire o per liberare».
(dall’introduzione a” Il paese sbagliato” di Mario Lodi)
La scuola di massa, la scuola per tutti, è stata e rimane una delle grandi conquiste del ventesimo secolo
Una scuola pubblica, obbligatoria e gratuita, unificata nei programmi di base, con garanzie sulla libertà di insegnamento: il suo obiettivo era quello di abbattere le barriere sociali, di offrire pari opportunità e un avanzamento culturale generale. Grazie a questa riforma sono entrati nella scuola secondaria e superiore ragazzi che non avevano alle spalle un buon retroterra familiare e sociale; negli anni Settanta anche gli alunni portatori di handicap, fino ad allora ghettizzati in scuole speciali.
Una novità di tale portata avrebbe dovuto implicare però uno spirito di ricerca continuo, allo scopo di mettere a punto programmi e metodi per renderli massimamente utilizzabili. Nell’attualità invece il mondo della scuola è destinatario di allarme e preoccupazione: si percepisce un diffuso senso di impreparazione ad affrontare le sfide che la società in cui viviamo ci pone.
Vorremmo proporre quindi un ripensamento collettivo su dove oggi la scuola sta andando, sul nostro modo di fare e di essere nella scuola.
Nei gruppi di mutuo aiuto che la nostra Associazione ha organizzato negli ultimi decenni, molti genitori adottivi e affidatari lamentano l’impatto con una Scuola non adeguata ad affrontare i delicati problemi e le difficoltà che i loro figli si trovano a vivere nell’inserimento. Ci sono sicuramente insegnanti sensibili, ma spesso tutto è lasciato alla buona volontà e al caso.
Affrontare i problemi dei bambini adottivi e affidati significa comunque porsi il problema di qualsiasi bambino nella sua unicità; avere ben presente che la diversità non deve essere motivo di pregiudizio né deve pregiudicare la valutazione qualitativa. I bambini adottivi e affidati sono diversi fra di loro, come i bambini immigrati, i bambini di genitori separati; i bambini sono “bambini e basta”: ognuno deve avere la possibilità di crescere in modo sereno e sano e deve poter godere delle stesse opportunità degli altri.
Ovunque incontriamo ragazzi sempre più fragili, che apprendono con difficoltà, che faticano ad aderire alle regole comuni.
Viviamo, inoltre, in una società ormai interculturale, dove linguaggi e tradizioni differenti si confrontano. Ogni bambino, dunque, entra nella scuola con la sua storia e molti di loro si portano dentro ferite di cui difficilmente riescono a parlare.
A scuola, il più delle volte, ci si aspetta che l’alunno sappia mettere in funzione la propria intelligenza, la propria capacità di ragionare e di comprendere e raramente queste capacità vengono messe in correlazione col suo vissuto, con il suo stato d’animo, con tutte le altre componenti emotive ed affettive che entrano in campo quando si deve imparare qualcosa. Gli stessi genitori si sentono spesso isolati e sono spaventati all’idea di un figlio che non tiene il passo e non corrisponde al loro bambino ideale Di qui il ricorso – in aumento esponenziale – all’aiuto degli specialisti sanitari.
Se alla scuola non si può chiedere di risolvere ogni problema che gli alunni presentano, essa però può e deve fare la sua parte. Dobbiamo lavorare per una scuola che sappia affrontare le difficoltà di apprendimento e che per fare questo non si basi su quello che manca in un certo bambino, su quello che in lui non si manifesta, ma si abbia un’idea di quello che possiede, di quello che è e soprattutto si rispettino i tempi diversi con cui l’apprendimento avviene.
L’importanza di incontrarsi di mettere a confronto idee e saperi diversi tra insegnanti, tra insegnanti e genitori e con gli operatori dei servizi sociali è fondamentale, e ancor prima è essenziale saper ascoltare le voci di tutti i protagonisti della quotidianità scolastica.
Proponiamo quindi:
1. Un convegno nazionale che approfondisca queste tematiche . Sarà organizzato dall’ANFAA insieme ad altre Associazioni a Reggio Emilia il prossimo 10 marzo 2012;
2. Iniziative di dialogo in contesti piccoli, che riescano a produrre dei micro-cambiamenti verso l’obiettivo comune di una scuola accogliente, e che siano riproducibili in diverse situazioni.
Non desideriamo rivolgerci unicamente agli “addetti ai lavori” , come spesso purtroppo accade. Crediamo che la scuola riguardi tutti.
Tanti ragazzi crescono nella percezione che la scuola non sia organizzata anche per loro, la sentono inutile, faticosa, noiosa, staccata dalla realtà. L’astrattezza degli argomenti genera distacco e disillusione in generale verso il mondo esterno, produce rinuncia, disprezzo e invita all’individualismo chiuso in se stesso, ma la Scuola è il luogo dove transitano tutti i bambini e dove si formano gli adulti di domani: tutti quindi ne siamo corresponsabili.
Riflettere sui ragazzi di oggi e sui loro atteggiamenti vuol dire prima di tutto chiederci dov’è finito il ruolo dell’adulto. E’ un interrogativo fondamentale perché non c’è educazione senza relazione.
Di questo dobbiamo parlare non solo come insegnanti, studenti, genitori, ma come cittadini che vogliono costruire davvero una società democratica. Perché la democrazia prenda forma deve legarsi alla vita di tutti i giorni, deve guidare il nostro pensiero e le nostre azioni e deve dimostrare che produce vantaggi.
La democrazia non è mai da considerarsi conquistata definitivamente, per questo ognuno deve essere capace di “assumere nella propria condotta la democrazia come ideale, come virtù da onorare e tradurre in pratica”. Siamo convinti che la democrazia costituisca una strada maestra per l’educazione, nei suoi valori costitutivi: la fiducia, il dialogo, l’inclusione.
Su queste tematiche vogliamo raccontare esperienze, avviare riflessioni, proporre soluzioni.
Affinché il Convegno di Reggio Emilia cresca con l’apporto del maggior numero di voci, Emilia De Rienzo ha aperto un suo blog dedicato alla scuola: “Lascuolariguardatutti.blogspot.com” che invitiamo a seguire e commentare.
Ringraziamo chi vi ha già partecipato e invitiamo tutti quelli che lo desiderano a dire la loro, perché pian piano si dipani una riflessione comune e ognuno nel proprio ambito dica la sua o ci racconti la sua esperienza.
Ricordiamo che per commentare bisogna cliccare sulla parola commenti, che troverete in fondo al testo che ogni settimana viene proposto alla riflessione (post).
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Maria Teresa Benassi per il gruppo scuola