Riportiamo i Comunicati del Coordinamento Ubi minor e del Coordinamento Nazionale dei Servizi Affido in merito all’articolo “Sequestri di Stato” pubblicato su “Panorama” . 47/2009
Comunicato del Coordinamento “Ubi Minor”
Ubi Minor coordinamento associativo per la promozione e la tutela dei diritti dei bambini, esprime sconcerto per lo stile con cui il numero 47 di “Panorama” del 19 novembre 2009 affronta il delicato tema dell’affido dei minori in difficoltà. Il titolo di copertina “SEQUESTRI DI STATO” preannuncia una serie di affermazioni che svalutano senza appello un istituto, di non semplice gestione, che la legge dispone a tutela dei diritti del bambino. Il susseguirsi di annotazioni sensazionali, che riprendono luoghi comuni, finiscono per diffondere diffidenza e qualunquismo, mentre il bisogno è di delicatezza e cultura di accoglienza.
Alcune perle: “I nostri figli portati via da un giudice”. “Non sempre per buone ragioni.” “Ogni giorno ne portano via almeno 80. Li chiudono in un centro protetto per due anni in media e allo Stato costano 200 euro al giorno”; “Mappa dei rapiti”; “Assistenti sociali che hanno quasi diritto di vita e di morte”.
L’intervento del nostro coordinamento vuole sottolineare come, in una materia così delicata, ci si dovrebbe astenere dalla tentazione di titoli ad effetto. Ad un lettore che non conosca a fondo la realtà delle situazioni, viene offerta un’ immagine negativa dell’istituto dell’affido dei minori e vanifica lo spirito della L. 184/ 1983, modificata dalla L. 149 /2001, che mette al centro il diritto del bambino.
Certo sono possibili limiti ed errori, ma non è corretto mescolare fatti diversi o clamorosi errori per infangare tutto il serio lavoro di operatori sociali, di famiglie, di associazioni che hanno come scopo la diffusione della cultura di accoglienza e il sostegno delle famiglie in difficoltà, facendosi carico della cura dei bambini.
Il sistema normativo afferma il diritto del minore ad essere educato nell’ambito della propria famiglia alla quale, se in condizione di disagio, debbono essere destinati idonei interventi non solo economici; ma quando questi interventi non hanno conseguito gli effetti desiderati e la permanenza del minore in famiglia può generare un grave pregiudizio per la sua crescita (pensiamo per esempio a maltrattamenti o abusi), il Servizio Sociale e il Tribunale dei minori non possono fare altro che allontanare il bambino dalla famiglia naturale, proprio nel suo interesse.
Al servizio sociale sono destinati pochi mezzi, economici e di personale, per affrontare in modo adeguato un problema che diventa ogni giorno più grave, mentre gli stanziamenti per le politiche dirette ad aiutare le famiglie e i minori in difficoltà sono stati generalmente carenti e stanno ora subendo tagli clamorosi.
L’accento dovrebbe essere posto sull’attivazione delle energie che la società solidale può esprimere mettendosi a disposizione per interventi di sostegno e di cura dei bambini e sulle risorse che dovrebbero essere destinate a far sì che le procedure rispettino anzitutto il diritto del bambino a crescere nella propria famiglia e, quando veramente per lui pregiudizievole, ad avere comunque una famiglia, come prescrive la legge.
C’è comunque da sottolineare che, soprattutto nell’età adolescenziale e nei casi di gravi maltrattamenti o abusi, si trovano situazioni di difficile gestibilità da parte di famiglie, e allora ben venga l’inserimento in piccole strutture residenziali, dove la presenza di educatori può favorire un rapporto professionale forte, ma diverso dal legame familiare che talvolta viene rifiutato dal minore stesso.
Comunicato del Coordinamento Nazionale dei Servizi Affido
Il Coordinamento Nazionale dei Servizi Affido si unisce alla denuncia dell’Associazione Nazionale Magistrati e dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la famiglia riguardo all’articolo “Sequestri di Stato” contenuto nel settimanale di «Panorama» n. 47 di novembre 2009, così sintetizzato in copertina (sopra la foto di una bambina piangente): «Ci sono oltre 32.000 bambini che la giustizia ha tolto con la forza alle famiglie. Non sempre con buone ragioni. Come dimostrano i tanti errori dovuti a fretta e superficialità. Ma anche ad un business che, secondo alcuni, vale più di un miliardo di euro l’anno».
L’articolo rappresenta un grave ed oltraggioso attacco all’intero sistema di protezione sociale e giudiziario dei bambini e dei ragazzi in situazione di difficoltà, proprio nel 20° anniversario della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (New York, 1989) e non stupisce, quindi, che sia stato pubblicato proprio a ridosso della Conferenza Nazionale sull’infanzia e l’adolescenza, tenutasi a Napoli dal 18 al 20 novembre 2009, momento di incontro e confronto di operatori, educatori e famiglie impegnati nell’accoglienza, sostegno, accompagnamento dei minori.
Nel servizio di Panorama sono definititi «bambini rapiti» quelli dati in affidamento e collocati in comunità da parte dei Tribunali per i Minorenni e si accusano gli operatori sociali e le case famiglia che li ospitano di allontanarli dalle loro famiglie per interesse, per business, paventando che le rette possano arrivare fino a 500 Euro giornalieri “per un’assistenza da reclusorio di terza categoria”!
Non sono presentate le ragioni che portano a tali decisioni, prese invece solo per garantire l’integrità psico-fisica dei bambini, cioè i gravi problemi vissuti all’interno delle famiglie: abusi, maltrattamenti, gravi disfunzionamenti delle capacità genitoriali dovuti a tossicodipendenze o malattie mentali, grave incuria e trascuratezza, …, né si ricordano gli interventi di sostegno messi, in atto dai Servizi preposti (come per altro previsto dalla legge, a garanzia del diritto del minore a vivere nella propria famiglia), a favore di queste famiglie perché possano affrontare e superare tali problemi, e tanto meno si chiarisce che gli allontanamenti del minore dalla famiglia sono decisi nei casi limite, quando, nonostante tutti gli interventi attuati, non esistono più le condizioni per restarvi. Allontanamenti, in ogni caso, che prevedono l’inserimento in strutture educative professionali o in case famiglia o l’accoglienza in affido familiare in situazioni educative ed affettive di qualità, monitorate e verificate e non certo da “reclusione”.
Si denuncia quindi la totale disinformazione che scaturisce dall’articolo, che riporta, tra l’altro, dati assolutamente non corretti rispetto al numero di bambini che vivono fuori della famiglia (che in Italia, per altro, sono in percentuale più bassa di altri paesi europei, segno dell’impegno e lavoro svolto dai Servizi a sostegno delle famiglie), senza far presente che, in molti casi, gli interventi socio-assistenziali effettuati anche con il consenso dei genitori.
Oltre a svalutare la professionalità e la qualità del lavoro degli operatori sociali e dei Magistrati a sostegno delle famiglie in situazione di fragilità e a tutela dei minori (operatori tutti che, occorre sottolinearlo, spesso lavorano in grave carenza di risorse e strutture, ma s’impegnano anche oltre il semplice livello lavorativo nel solo interesse dei minori), si svilisce l’impegno sia degli educatori professionali che garantiscono percorsi educativi e di sostegno attraverso l’accoglienza in comunità educativo-residenziali, sia delle case famiglia articolate intorno a coppie genitoriali e i loro figli che dedicano la loro vita all’accoglienza, sia delle famiglie affidatarie che si mettono completamente in gioco non certo per ricavarne un vantaggio economico, ma per offrire a bambini, a ragazzi la possibilità di vivere comunque l’esperienza della vita in famiglia anche nel momento in cui la loro non è in grado di seguirli adeguatamente.
Nulla si dice poi riguardo all’opportunità che l’affido familiare offre ai bambini, ai ragazzi: vivere una positiva dimensione familiare ed affettiva, imparando ad intessere relazioni costruttive e sperimentando concretamente il loro diritto all’amore, all’ascolto, alla dignità.
Trent’anni di esperienza dei Servizi e delle famiglie ne evidenziano invece l’importanza e la positività e dimostrano che l’accoglienza di un minore da parte di una famiglia che non è la sua è un grande gesto di solidarietà e non una questione privata, ma un fatto sociale che impegna l’intera comunità locale.
Tale contesto fa sì che sia fondamentale ed imprescindibile il ruolo e la presenza dei Servizi e della Magistratura che, insieme agli operatori professionali delle Comunità, alle Case Famiglia e alle famiglie affidatarie, testimoniano, con il loro impegno e capacità, che la solidarietà e l’accoglienza rappresentano valori importanti e significativi che rendono migliore il contesto in cui noi tutti viviamo.