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Il 2 luglio scorso il Senato approvava in via definitiva il DDL 733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di clandestinità per gli immigrati senza permesso di soggiorno presenti sul nostro territorio.

Forti preoccupazioni in merito ai deleteri effetti che tale normativa produrrà nei confronti di tanti minori figli di clandestini sono state espresse da numerose associazioni (1) in una lettera inviata al presidente Napolitano e che riproduciamo qui di seguito:

“Con la presente lettera desideriamo manife­starLe la nostra profonda preoccupazione rispetto alle conseguenze che il DDL 733 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, approvato al Senato in via definitiva il 2 luglio u.s., avrà sulla vita delle famiglie e dei bambini e dei ragazzi di origine straniera che vivono in Italia.

Le nostre associazioni e organizzazioni, impegnate quotidianamente per la tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, non possono che esprimere il loro profondo disaccordo per una legge che prevede norme che riteniamo non conformi con alcuni fondamentali diritti sanciti dalla Costituzione e dalla Conven­zione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che l’Italia si è impegnata a rispettare.

A nostro avviso, saranno molto gravi gli effetti del previsto reato di clandestinità che spingerà, di fatto, la popolazione straniera, oggetto del provvedimento, a non avere alcun contatto con le istituzioni né con alcun tipo di servizio pubblico, relegando alla marginalità non solo gli adulti ma anche i loro figli, rendendo la loro presenza assolutamente invisibile con conseguenze sociali gravi e difficilmente prevedibili.

La conseguente esclusione dai servizi scolastici e sociali così come dalle prestazioni sanitarie, per il timore di un genitore di essere segnalato all’autorità, viola diritti fondamentali dei bambini e dei ragazzi quali il diritto all’istruzione e alle cure sanitarie. Mentre è obbligo dello Stato – uno Stato responsabile di fronte ai propri doveri – riconoscere a tutti i minorenni pari trattamento senza alcuna discriminazione.

Serissime saranno altresì le conseguenze della mancata registrazione alla nascita dei nati da genitori irregolari, in aperta violazione del diritto fondamentale ad un nome, previsto dalla Convenzione, nonché notevoli gli ostacoli che i minori stranieri non accompagnati arrivati da adolescenti in Italia incontreranno al compimento della maggiore età, non potendo di fatto regolarizzare la loro permanenza nel nostro Paese.

Quanto sopra indicato rappresenta solo alcune delle gravi situazioni che dovranno affrontare, per il semplice fatto di non essere italiani, i minorenni di origine straniera in conseguenza dell’attuazione di queste norme previste a tutela della sicurezza pubblica.

Il perseguimento della ‘sicurezza’, motivo e oggetto della legge, è di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti e soprattutto per essi deve essere strumento di garanzia ai fini dell’esercizio di tutti i diritti che la Convenzione riconosce loro. Occorre però riflettere sull’accezione del termine: sicurezza, per chi lavora per i diritti, significa sicurezza sociale, ottenuta attraverso politiche inclusive e la promozione di una cultura dei diritti umani.

Certi del Suo impegno a favore dei diritti umani, ci appelliamo a Lei affinché siano adeguatamente valutati i profili di legittimità della nuova normativa e di conformità alle norme internazionali nonché i gravi effetti negativi che si produrrebbero sulle famiglie e sui minori di origine straniera presenti in Italia”.

Il presidente Napolitano, pur non ravvisando evidenti elementi di anticostituzionalità tali da impedirgli la promulgazione di questa legge (diventata legge 15 luglio 2009 n. 94), ha voluto accompagnare la sua firma a una lettera in cui esprimeva alcune considerazioni e preoccupazioni proprio in merito ad alcuni dei punti sollevati in questo nostro appello.

Tra le numerose prese di posizioni critiche in merito a questa legge espresse da Associa­zioni e da Organizzazioni del privato sociale, segnaliamo la lettera inviata a firma di 60 associazioni facenti parte del Gruppo CRC di cui l’Anfaa fa parte, che pubblichiamo a pag. 14 di questo bollettino.

A seguito di quanto espresso nella sua lettera di accompagnamento dell’atto di promulgazione della legge 94/2009 dal Presidente della Repubblica e anche delle numerose sollecitazioni ricevute a questo proposito, il Ministero dell’Interno ha emanato il 7 agosto una circolare (c. n.19/2009) in merito alle indicazioni in materia di anagrafe e di stato civile. In questa circolare si chiarisce che, mentre « il matrimonio dello straniero (extracomunitario) è subordinato alla condizione che lo stesso sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale», per quanto riguarda «lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».

Questa circolare fa giustamente chiarezza su questo aspetto così importante. Resta comunque forte la necessità di una campagna informativa capillare presso le comunità degli stranieri, presso le aziende sanitarie e ospedaliere ed i Consultori e presso tutti i punti chiave cui gli stranieri fanno riferimento per evitare il più possibile che gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno, per il timore di essere identificati e perseguiti in base a quanto disposto dalla normativa in merito al reato di clandestinità, evitino di registrare all’anagrafe i loro figli, rendendoli in tal modo “bambini invisibili” privi di ogni diritto di cittadinanza e di tutela sociale.

Onde evitare nella misura del possibile il mancato ricorso alle strutture sanitarie da parte degli immigrati e la non iscrizione scolastica dei loro figli, si rivela di assoluta necessità una corretta informazione circa il fatto che è tutt’ora in vigore quanto previsto all’art. 35 del Testo Unico sull’immigrazione, che al comma 5 recita: “salvo le ipotesi di obbligo di referto, l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero irregolare non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità” e del fatto che i dirigenti scolastici sono stati esentati dal conoscere la situazione di irregolarità del genitore del minore all’atto dell’iscrizione scola­stica.

Il problema centrale che vorremmo evidenziare è la contradditorietà delle norme previste da questa legge: da un lato viene riconfermato quanto stabilito dal suddetto art. 35 comma 5 per quanto riguarda il divieto di segnalazione dei clandestini da parte delle strutture sanitarie, dall’altro si riconferma il reato di clandestinità che comporterebbe di conseguenza l’obbligo per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (e quindi anche ad esempio per i medici ospedalieri e delle ASL) di denunciare il clandestino, andando così in conflitto con quanto disposto dall’articolo sopra citato.

Le conseguenze, a nostro avviso, saranno estremamente gravi: i clandestini tenderanno sempre più a nascondersi e a non rivolgersi ai servizi sociali, sanitari, scolastici e assistenziali nel timore di essere denunciati e quindi espulsi.

In particolare temiamo che possa aumentare il numero delle gestanti che non si rivolgeranno all’ospedale per partorire, sia che intendano riconoscere il figlio o meno, con le nefaste conseguenze sulla salute del bambino e della partoriente stessa.

A nostro avviso, inoltre, incrementerà significativamente il numero degli infanticidi e dei casi di abbandono di neonati in cassonetti o in luoghi insicuri, che mettono a forte rischio la loro vita.

A questo proposito vi è un’estrema necessità di una campagna informativa capillare e costante che informi la popolazione, e in particolare gli immigrati clandestini, dei diritti che la nostra legge attribuisce alle donne: il diritto a riconoscere o meno il neonato come figlio, che vale sia per le donne coniugate sia per le donne che hanno un figlio al di fuori del matrimonio. Questo diritto deve essere garantito da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti; nei casi in cui il neonato non venga riconosciuto nel suo atto di nascita (che deve essere redatto entro dieci giorni dal parto) risulta scritto: «figlio di donna che non consente di essere nomi­nata».

L’ufficiale di stato civile – a seguito della dichiarazione della persona (medico, ostetrica, ecc…) che ha assistito al parto – attribuisce al suddetto neonato un nome ed un cognome, procede alla formazione dell’atto di nascita e alla segnalazione alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni per la sua dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983 e s.m.. Così, a pochi giorni dalla nascita, il neonato può essere inserito in una famiglia adottiva scelta dallo stesso tribunale per i minorenni.

La legge 184/1983 e s.m. stabilisce inoltre, all’art.11, che il tribunale per i minorenni può disporre la sospensione della stato di adottabilità per un periodo massimo di due mesi, su richiesta di chi afferma di essere uno dei genitori biologici «sempre che nel frattempo il bambino sia assistito dal soggetto di cui sopra o dai suoi parenti fino al quarto grado permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale». Se il neonato non può essere riconosciuto perché il o i genitori hanno meno di 16 anni, l’adottabilità può essere rinviata anche d’ufficio dal tribunale per i minorenni fino al compimento dell’età di cui sopra. Un’ulteriore sospensione di due mesi può essere concessa al compimento del 16° anno di età.

Nel 2007, ultimo dato disponibile, su 1344 minori dichiarati in stato di adottabilità in Italia, 641 sono stati quelli non riconosciuti alla nascita, nel 2006 erano stati 501 su 1254, nel 2005 erano 429 su 1168, mentre nel 2004 erano 410 su 1064; pur non essendoci dati statistici, gli operatori socio sanitari confermano il crescente numero di neonati non riconosciuti nati da donne extracomunitarie prive di permesso di soggiorno.

Vogliamo qui sottolineare l’urgenza di sollecitare l’approvazione da parte del Parlamento della proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati da parte del Consiglio Regionale del Piemonte del corso della XV legislatura, e ripresentata anche nell’attuale legislatura, per assicurare su tutto il territorio nazionale alle gestanti e madri in condizioni di disagio socio-economico i necessari sostegni sociali: si tratta del progetto di legge n. 1266 che, in attuazione del 5° comma dell’articolo 8 della Legge 328/2000, prevede la realizzazione da parte delle Regioni di almeno uno o più servizi altamente specializzati, gestiti dagli enti gestori delle prestazioni socio assistenziali, in grado di fornire alle gestanti, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica e cittadinanza, le prestazioni necessarie e i supporti perché possano assumere consapevolmente e libere da condizionamenti sociali e/o familiari le decisioni circa il riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati.

Il Coordinamento Sanità assistenza fra i movimenti di base, cui l’Anfaa aderisce, ha più volte sollecitato l’approvazione di questo progetto di legge, che estenderebbe a tutte le Regioni quanto già previsto dalla legge della Regione Piemonte n. 16/2006 che ha affidato ai Comuni di Novara e di Torino, nonché ai Consorzi intercomunali del Cuneese e dell’Alessandrino le funzioni sopra citate.

La presidente: Donata Nova Micucci

(1) L’appello è stato firmato dalle seguenti associazioni: Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini; AIMMF – Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia; Alisei, Società Cooperativa Sociale; ANFAA – Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie; Arciragazzi Nazionale; ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione; Associazione Antigone onlus; Associazione Culturale Pediatri; Associazione IBFAN Italia Onlus; Associazione Nessun luogo è lontano; Associazione Progetto Diritti; BATYA – Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozione onlus; CGIL; CIAI – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia; CIDIS Onlus Centro di Informazione, Documentazione ed Iniziativa per lo Sviluppo; CNCA – Coordinamento nazionale comunità di accoglienza; Coordinamento Italiano per il Diritto degli Stranieri a Vivere in Famiglia onlus; Commissione Minori dell’Associazione Nazionale Magistrati; Defence for Children International Italia; Fondazione Terre des hommes Italia onlus; IFS – Istituto Fernando Santi; La Gabbianella Coordinamento per il Sostegno a distanza onlus; Legambiente; M.A.I.S. – Movimento per l’autosviluppo, l’interscambio e la solidarietà; Save the Children Italia; Servizio Legale Immigrati Onlus; SOS Villaggi dei Bambini – onlus; VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo.

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