torna all’indice del Bollettino 3-4/2009

tratto da Prospettive assistenziali n. 167-168

MINORI IN ADOZIONE O IN AFFIDAMENTO FAMILIARE: DOCUMENTI SCOLASTICI, SANITARI E RESIDENZA
L’Anfaa di Torino ha  avviato nel giugno di quest’anno  un  confronto con il Comune del capoluogo del Piemonte, i rappresentanti locali del Ministero dell’istruzione e le altre associazioni operanti nel settore sulla bozza di documento, che pubblichiamo, elaborata a seguito del seminario promosso dal Comune di Torino nel settembre 2008 (v. al riguardo il notiziario anfaa in Prospettive assistenziali n. 164/2008).
Invitiamo i lettori ad inviarci osservazioni e proposte in merito, scaturite anche dalle esperienze dirette, entro il 5 ottobre 2009: è intenzione nostra preparare una comunicazione su questi temi, da presentare al Convegno del prossimo 16 ottobre  a Milano sul tema “La scuola dell’accoglienza. Apprendere  dalle differenze”.
Di frequente, direttori didattici, presidi o singoli insegnanti si trovano a dover affrontare concretamente situazioni che riguardano alunni in affidamento preadottivo, in affidamento familiare o in adozione.
Qualche esempio.
Con quale cognome iscrivere a scuola un minore in affidamento preadottivo?
Negli elenchi dei genitori aventi diritto al voto per l’elezione degli organi collegiali scolastici, debbono essere inseriti i geni­tori di origine, oppure quelli affidatari?
Come debbono essere compilate le certificazioni scolastiche per conciliare due diverse esigenze:
• la necessità che tali documenti ufficiali vengano intestati con il nome reale dell’alunno nel momento in cui sono emessi;
• la necessità – altrettanto importante – di non consentire l’eventuale identificazione di un minore con affidamento “a rischio giuridico di adozione” o in affidamento preadottivo?
Come compilare i tabelloni scolastici, in modo da soddisfare le stesse contrastanti esigenze or ora citate?
Tanti altri interrogativi possono sorgere, sin dal momento delle iscrizioni (residenza dell’alunno, certificati di vaccinazione, ecc.) e, via via, durante l’anno scolastico.
Può essere particolarmente utile, perciò, individuare alcuni dei principali problemi che si sono presentati nella pratica quotidiana e, a fianco di ognuno, indicare ciò che leggi e norme amministrative espressamente prevedono, oppure come – in assenza di indicazioni precise del legislatore o dell’amministrazione scolastica – tali problemi possono essere affrontati sulla base delle esperienze già realizzate, nell’interesse primario del minore e del suo diritto alla riservatezza.

I rapporti tra il minore
e la sua famiglia d’origine

Diversa può essere, innanzitutto, la situazione familiare o extrafamiliare che riguarda i singoli minori iscritti a scuola. Sostanzialmente, si possono verificare i seguenti casi:
• minori che vivono stabilmente con i genitori di origine (o con uno solo di questi);
• minori che vivono stabilmente con parenti sino al quarto grado (nonni, zii…);
• minori in affidamento preadottivo (di solito, dura un anno);
• minori in adozione;
• minori in adozione “in casi particolari”, come previsto dall’articolo 44 della legge 184/1983 (1);
• minori in affidamento familiare a scopo educativo, disposto dai servizi socio-assistenziali con il consenso della famiglia di origine e reso esecutivo dal giudice tutelare;
• minori in affidamento familiare a scopo educativo, realizzato a seguito di un provvedimento del tribunale per i minorenni;
• minori che vivono in strutture residenziali (comunità, case famiglia, ecc.);
• minori che vivono per più di sei mesi presso terzi, cioè persone non parenti sino al quarto grado.
A proposito di quest’ultima situazione, va ricordato che la legge 184/1983 e successive modifiche all’articolo 9, quarto e quinto comma, stabilisce: «Chiunque, non essendo parente entro al quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.
«Nello stesso termine di cui al comma 4 uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non ha parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza della potestà sul figlio a norma dell’articolo 330 del codice civile e l’apertura della procedura di adottabilità».
Ai fini di un discorso focalizzato sulla situazione familiare del minore in relazione alla iscrizione ed alla frequenza scolastica è utile, inoltre, conoscere se il bambino o il ragazzo stesso mantie­ne o meno i rapporti con i genitori d’origine e/o i parenti sino al quarto grado e in quale misura.
Nel caso di affidamento familiare a scopo educativo, di inserimento in una comunità, il minore può trovarsi nella condizione in cui continua a mantenere rapporti con la famiglia d’origine e con uno solo dei genitori, oppure – per decisione del Tribunale per í minorenni – a non avere più alcun rapporto o a conservare rapporti limitati. Vi sono anche casi a cui il Tribunale stesso stabilisce che il bambino (o il ragazzo) può continuare ad incontrare uno o entrambi i genitori in “luogo neutro” (ad esempio, presso i servizi sociali del Comune o dell’Asl) con cadenze periodiche preventivamente fissate.
Dal punto di vista dei genitori d’origine, possiamo invece trovarci nella situazione in cui:
• continuano ad esercitare la potestà parentale nei confronti di figli accolti per periodi più o meno lunghi presso altra famiglia;
• la potestà parentale è sospesa;
• la potestà parentale è stata dichiarata decaduta dall’autorità giudiziaria.
È ovvio che, in relazione alle singole situazioni, diverse sono le conseguenze rispetto ai problemi che si pongono nel corso della frequenza scolastica.

Le questioni che riguardano la residenza
Anche sotto questo profilo, la casistica è molto variegata. Vediamo le situazioni più comuni.
Affidamenti familiari a scopo educativo decisi consensualmente con i genitori di origine. Il minore può conservare la residenza presso il suo nucleo familiare primario o assumerla presso la famiglia affidataria.
Affidamenti familiari non consensuali. Anche in questo caso, il minore può continuare a mantenere la residenza presso il suo nucleo di origine o assumere quella degli affidatari (2).
In alcune realtà locali, di fronte a determinate situazioni rispetto alle quali è particolarmente importante difendere la privacy del minore, l’ente affidante (Comune, Asl) – che, in genere, è anche quello che ha la tutela del minore stesso – ha scelto un’altra strada: iscrivere il bambino o il ragazzo per tutto il tempo necessario a ridargli uno status familiare certo, in una residenza anagrafica convenzionale presso un proprio servizio (ad esempio, la sede di una comunità).
Affidamenti a rischio giuridico di adozione. L’esperienza relativa al servizio di affidamento familiare ha mostrato come si possono presentare situazioni in cui i minori inizialmente affidati a scopo educativo ad una famiglia diventino in seguito adottabili. Di fronte a questi casi sono necessarie alcune precauzioni per evitare un nuovo successivo sradicamento.
Tali situazioni sono state definite per la prima volta nel 1983 in un Protocollo d’intesa fra il Tribunale per i minorenni e il Comune di Torino (3) come affidamenti di minori a rischio giuridico di adozione, cioè di bambini o ragazzi per i quali la magistratura minorile ha aperto una procedura di adottabilità che, in caso di ricorsi, può durare anche diversi anni. Per evitare una permanenza prolungata in istituto o in comunità, in attesa di una decisione definitiva della magistratura minorile, tale intesa ha previsto – prima in Italia – che si possa disporre un affidamento a scopo educativo ad una famiglia già dichiarata idonea all’adozione. In seguito, se la dichiarazione di adottabilità diventa definitiva, l’affidamento familiare è trasformato in adozione, evitando al minore nuovi traumi di separazione.
In questi casi, il minore viene iscritto presso la residenza anagrafica convenzionale creata dall’ente che ha in carico il caso e le Istituzioni coinvolte devono assumere tutte le iniziative necessarie per salvaguardare la riservatezza dei dati personali del minore e degli affidatari.
Adozioni. Per evitare che la famiglia d’origine possa individuare la famiglia in cui vive il minore (e nell’intento primario di tutelare il diritto alla riservatezza del bambino stesso), nel periodo di affidamento “a rischio giuridico” e/o preadottivo, il minore può essere iscritto presso la residenza anagrafica convenzionale stabilita dall’ente locale. Ciò non vale, ovviamente, per le adozioni internazionali già pronunciate all’estero e trascritte in Italia. In quest’ultimo caso, il minore viene iscritto al suo arrivo in Italia sullo stato di famiglia dei genitori adottivi.

Le questioni che riguardano
l’iscrizione scolastica

Per l’iscrizione al nido, alla scuola materna e dell’obbligo la famiglia affidataria deve presentare una dichiarazione che attesti l’affidamento.
Nel caso di affidamenti a “rischio giuridico di adozione” o di affidamenti preadottivi di minori italiani, la dichiarazione dovrebbe essere rilasciata dal Tribunale per i minorenni al momento dell’abbinamento. Per le stesse ragioni di riservatezza prima citate è opportuno che le scuole si limitino a prendere solo visione di tale dichiarazione e non la trattengano nel fascicolo personale del minore. Analogamente si dovrebbe procedere per tutti gli altri documenti necessari per l’iscrizione. Nel fascicolo stesso potrebbe essere inserita una dichiarazione del Capo istituto (Direttore didattico o Preside) che attesta di aver preso visione di tutto quanto richiesto per l’iscrizione.
Vi sono regolamenti relativi all’organizzazione di asili nido e scuole materne in base ai quali la situazione di affidamento familiare a scopo educativo costituisce priorità per l’accoglimento della domanda di iscrizione. Sugli elenchi riguardanti l’avvenuta ammissione non dovrebbero, però, essere riportati – per i motivi già esposti – i cognomi d’origine dei minori in affidamento “a rischio giuridico di adozione” o in affidamento preadottivo per evitarne l’identificazione.

Le certificazioni scolastiche
Le pagelle sono documenti ufficiali e, come tali, necessariamente, devono essere intestate con il nome reale che il minore ha nel momento in cui vengono emesse. È opportuno, però, usare tutti quegli accorgimenti che possono consentire al minore stesso di non essere considerato “diverso” e, soprattutto, di non essere identificato. Fra gli accorgimenti possibili, da scegliere in relazione al singolo caso: la compilazione di doppie pagelle; oppure la consegna di quelle ufficiali ai soli genitori affidatari; o, ancora, l’uso prevalente del nome o del doppio cognome, anteponendo quello degli affidatari, ecc.
Lo stesso discorso vale per i tabelloni scolastici, che hanno un analogo carattere di ufficialità. In alcuni casi può essere utile concordare con la famiglia affidataria come “far apparire” il nome del minore in bacheca nell’interesse esclusivo di quest’ultimo e per la tutela della doverosa riservatezza.
Sarebbe auspicabile che le Autorità scolastiche, enti locali e i giudici per i minorenni definissero precise procedure al riguardo. È bene, comunque, che, già ora, d’intesa con gli affidatari e i futuri genitori adottivi, i docenti facciano presente ai Capi istituto la prassi ritenuta più opportuna per affrontare i singoli casi, in modo che questa possa essere nota e restare agli atti.
Anche a questo riguardo, è importante prestare la dovuta attenzione per evitare indicazioni che consentano a terze persone il collegamento tra il cognome di origine e quello della famiglia affidataria, oppure per evitare che il minore si veda costretto a far conoscere ai compagni di scuola la sua situazione.

Organi collegiali scolastici e diritto di voto
L’articolo 5 della legge n. 184/1983 ha stabilito che l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con l’istituzione scolastica.
Esercitare i poteri connessi con la potestà pa­rentale significa, di fatto, che gli affidatari gestiscono i rapporti con la scuola: firma del diario, giustificazione delle assenze, autorizzazioni alle uscite, colloqui con gli insegnanti, elettorato attivo o passivo negli organi rappresentativi della scuola.

Le questioni sanitarie
Prima di affrontare alcuni degli altri problemi specifici che hanno rilevanza con la frequenza scolastica, possono essere utili alcune indicazioni preliminari relative alle questioni sanitarie.
Le iscrizioni all’Asl sono possibili sulla base della residenza di fatto del minore e dopo la revoca del medico precedente. Nel caso di affidamenti familiari fuori dal territorio dell’Asl ove risiede la famiglia di origine del minore, è necessario richiedere all’Asl stessa una dichiarazione che attesti che il minore non usufruisce più dell’assistenza sanitaria in quel territorio.
Poteri analoghi hanno gli affidatari per i rapporti con le autorità sanitarie (4); occorrerà, per esempio, il consenso dei genitori o del tutore per quegli interventi che esulano dall’ordinario (esempio un intervento chirurgico), ma non occorrerà il consenso dei genitori o del tutore per le vaccinazioni obbligatorie e per gli interventi sanitari d’urgenza.

Le vaccinazioni
Nel caso di affidamenti “a rischio giuridico di adozione” o di affidamento preadottivo (sempre per la sola adozione nazionale), è bene che la vaccinazione sia effettuata dal medico di base il quale redige la relativa dichiarazione. Tale dichiarazione può essere registrata sulla base della residenza anagrafica convenzionale creata dall’ente locale. Ad adozione avvenuta è necessario effettuare le opportune variazioni.

Trasferimenti scolastici
Il nulla-osta per i trasferimenti viene trasmesso d’ufficio e indica il nome della scuola presso la quale avviene il passaggio. In casi di affidamenti “a rischio giuridico di adozione” o di affidamenti preadottivi (nel solo caso di adozione nazionale), questa prassi rischia di esporre il minore interessato a interferenze arbitrarie della sua privacy. Sarebbe opportuno che l’amministrazione scolastica fosse autorizzata ad assumere le iniziative necessarie per poter redigere un nulla-osta più generico che consenta il trasferimento ad altra scuola senza fornire gli estremi per identificare la nuova situazione scolastica (e, quindi, anche familiare) del minore. Tale certificato potrebbe essere consegnato agli operatori rappresentanti del tutore che ne avesse fatto esplicita richiesta.

Le gite scolastiche
L’autorizzazione deve essere firmata da chi esercita la potestà parentale o dal tutore. Per evitare complicazioni è bene depositare presso la scuola all’inizio dell’anno una dichiarazione nella quale chi esercita la potestà parentale o il tutore esprime consenso alla partecipazione del minore a tutte le attività organizzate dalla scuola, comprese le uscite esterne. Rispetto ad ogni singola iniziativa, sarà poi sufficiente la sola firma degli affidatari.
In questo quadro, un problema specifico è quello che riguarda carte di identità e passaporti. Questi documenti possono essere richiesti solo dai genitori o dal tutore. In casi eccezionali, il giudice tutelare può autorizzarne l’espatrio, ad esempio a scopo turistico, in assenza del consenso dei genitori.
Tuttavia, è bene organizzarsi per tempo in modo da non aver bisogno di seguire questa prassi, che per altro – essendo discrezionale e richiedendo più tempo – non assicura un risultato certo.
Per soggiorni di vacanza e di studio, l’autorizzazione deve essere data dai genitori o dal tutore.

Le questioni religiose
Particolare attenzione, specie in realtà locali di piccole dimensioni, deve essere posta anche alla registrazione di sacramenti come il battesimo, la prima comunione, la cresima. In presenza di affidamenti “a rischio giuridico di adozione” o di affidamenti preadottivi, è molto importante evitare che il minore sia sottoposto al rischio di una identificazione anche futura, sempre al fine di non violare il suo diritto a crescere in modo armonico senza indebite interferenze.
Se il minore non è ancora stato battezzato, sarebbe bene attendere l’avvenuta adozione per farlo (5). Nel caso in cui non si voglia attendere, è opportuno concordare con il sacerdote una modalità che consenta di non lasciare traccia del cognome originario sui registri parrocchiali.
Lo stesso discorso vale per la prima comunione e per la cresima.

Intese locali tra scuola, enti locali
e magistratura minorile

Come si evince dalle considerazioni sopra esposte, solo alcuni aspetti di questa delicata materia trovano una risposta chiara ed esauriente nelle leggi e nelle norme vigenti. Per molti problemi, che pure quotidianamente assillano famiglie, Capi istituto e docenti, non vi sono indicazioni precise da parte della amministrazione scolastica centrale.
È necessario, quindi, fare riferimento alle prassi instaurate in alcune aree territoriali, spesso sollecitate dall’incalzare dei problemi. Ma, nell’interesse primario dei minori, c’è forse bisogno di fare un passo in avanti decisivo, che eviti un’alea di incertezza, con tutti i rischi che ciò può comportare per i soggetti più deboli: i bambini ed i ragazzi stessi.
Da alcune parti, Anfaa compresa, è stata avanzata l’ipotesi di stipulare “Intese” a livello locale che coinvolgano la scuola, i Comuni, le Asl e la Magistratura minorile, come già si sta facendo rispetto ad altri problemi che chiamano in causa le competenze di Enti diversi (l’handicap, il disagio scolastico, il “bullismo”, la cosiddetta “dispersione”, ecc.).
In ogni caso, è opportuno che l’amministrazione scolastica – i cui operatori a tutti i livelli sono comunque chiamati in causa dalla legge 184/1983, articoli 9 e 70 a proposito dell’obbligo della “segnalazione” – assuma le iniziative necessarie per garantire, sentito il parere dell’autorità giudiziaria minorile e degli enti locali, il rispetto dell’anonimato e il diritto ad una crescita senza nuovi traumi di tutti quei minori che, per i motivi più diversi, hanno trovato un nuovo status familiare.

IMPORTANTE CIRCOLARE SULL’AFFIDAMENTO
PREDISPOSTA DAL comune DI TORINO

A seguito della lettera inviata dall’Anfaa al Tribunale per i minorenni di Torino, pubblicata su Prospettive assistenziali n. 154/2006, il presidente Cesare Castellani ha risposto inviando una circolare agli Assessori alle politiche sociali della Regione Piemonte e Valle d’Aosta e all’Assessore alla famiglia e ai servizi sociali del Comune di Torino, in cui si precisa che «il decreto che dispone l’affidamento familiare di un minore ai sensi dell’articolo 4 legge 184/1983, modificato dalla legge 149/2001 non può essere notificato (salvo eccezioni in casi del tutto particolari) alle persone degli affidatari, in quanto non si tratta di “parti”, in senso tecnico, del procedimento di limitazione della potestà. Tuttavia, tenuto conto dell’importanza del ruolo che la famiglia affidataria esplica e per favorire l’attuazione della misura in condizioni di miglior chiarezza e serenità, il Tribunale per i minorenni ritiene di segnalare alla Regione e agli Enti gestori l’opportunità che, al momento dell’avvio dell’affidamento, sia consegnato a ogni famiglia affidataria un documento che, sintetizzando il dispositivo del provvedimento giudiziario, fornisca le informazioni più importanti circa l’affidamento disposto (prevedibile durata, diritti della famiglia di origine, misure sociali e psicologiche a sostegno del minore)» (6).
Nei mesi scorsi al tavolo di confronto sull’affidamento col Comune di Torino le associazioni hanno discusso come i Servizi socio-assistenziali dovevano informare gli affidatari.
Riteniamo utile riportare il fac-simile della lettera, elaborata anche con la consulenza della dottoressa Calcagno, contenente notizie sul minore, i suoi bisogni, le ragioni dell’affidamento, la presumibile durata, i diritti della famiglia di origine, gli interventi di sostegno allo stesso minore e gli elementi di conoscenza per favorire il buon esito dell’inserimento presso gli affidatari.
Nella Circolare inviata il 26 maggio 2009 dal Comune di Torino ai Servizi interessati, si precisa inoltre che la lettera deve essere «redatta per essere consegnata agli affidatari al momento di presentazione del minore o comunque prima o contestualmente al suo inserimento in famiglia. Copia di tale informativa deve essere allegata alla scheda di avvio dell’affidamento residenziale».

Fac-simile della lettera informativa sul minore in affidamento residenziale giudiziale da consegnare alle famiglie affidatarie per l’inizio dell’affidamento e da inviare per conoscenza al Servizio di neuropsichiatria infantile, se coin­volto.

(Progetto ed impegni congiunti a doppia firma: servizio sociale e affidatari)

Gent.ssim/a/o/i …………………………….….
(Nome e cognome affidatari)

Facendo seguito ai colloqui già avvenuti in data ………………… con ……………………… in cui è stata presentata la situazione di (nome del bimbo) …………………………………, in base alle conoscenze e alle informazioni attuali dello stesso, si comunica che rimarrà con voi per (tot tempo) …….………………..… come è  previsto  dal  provvedimento  del  tribunale  che  dispone  l’affidamento  familiare  per (indicare  la  durata presunta) …….…..…
Tuttavia l’affidamento potrà essere prorogato se, alla data prevista per la scadenza, il Tribunale ritenesse non superate le difficoltà della famiglia d’origine che hanno determinato l’allontanamento del bambino.
Il bambino ha entrambi i genitori, che esercitano la potestà (oppure, quello che è … solo madre, solo padre … oppure ad esempio: il bambino, i cui genitori sono stati dichiarati decaduti dalla potestà, ha come tutore l’assessore ai servizi sociali del Comune di Torino).
I/il legali/e rappresentanti/e del minore sono/è (i genitori o il tutore) ……………………….
Le visite di (nome del minore) ………………… con …………………….….. (indicare quali parenti il bambino incontra: la mamma, il papà, i nonni, ecc.) saranno disciplinate nel modo seguente:
il tribunale ha incaricato questo servizio sociale di regolamentare i rapporti di ………….…. con la sua famiglia (d’origine) …………..………………..
oppure:
il tribunale ha stabilito che ………………………
oppure
con la frequenza che vi verrà comunicata non appena possibile.

Nel caso di incontri in luogo neutro è opportuno che sia l’educatore che ha seguito gli incontri a riferirvi periodicamente, e non in presenza del bambino, sull’andamento degli stessi; è sempre preferibile evitare domande dirette al bambino.
Avere conoscenza di come il bambino vive la relazione con (specificare con chi) ……….…….. vi consentirà di svolgere in modo consapevole la vostra funzione di ascolto e di aiuto.
Eventuali variazioni degli incontri o diverse disposizioni del Tribunale saranno successivamente comunicate.
Il  Tribunale  ha  inoltre  disposto  che  il  bambino  sia  seguito  dal  servizio  di  neuropsichiatria  infantile,  che già  lo  segue  da  (tot  tempo) …………… nella persona del dr. …………….…….. tel. ………………………… con incontri (indicare inoltre la frequenza degli incontri qualora sia già stato già stabilito un calendario) …………………
oppure
con la frequenza che vi verrà comunicata non appena possibile.
Presso il servizio sociale, invece, il vostro riferimento sarà l’assistente sociale titolare ………….., tel. ………………. che farà con voi verifiche periodiche indicativamente ogni (tot tempo) …………… Tali incontri di verifica potranno essere inoltre concordati in relazione all’andamento e/o alla fase dell’affidamento o in base alla situazione qualora dovessero verificarsi fatti o modalità di comportamento del minore che destano preoccupazioni. [Specificare se vi sono altre figure professionali coinvolte che intervengono a sostegno del bambino: es. educatore, operatore socio-sanitario, ecc.].
Nell’ambito  del  servizio  sociale  è  possibile  inoltre,  per  particolari  problemi,  fare  eventualmente riferimento al responsabile assistenza sociale dell’area minori in posizione organizzativa ………………………………… cell. ………………
Il servizio sociale ha l’obbligo di informare il tribunale ogni sei mesi sull’andamento dell’affido.
La famiglia affidataria può essere sentita dal giudice (anche su propria richiesta) ma si ritiene utile che scriva “memorie e/o relazioni da inoltrare ai servizi sociali titolari del caso che dovranno provvedere alla trasmissione all’Autorità giudiziaria” di norma unitamente alle proprie relazioni (cfr. deliberazione del 7 dicembre 2004 relativa agli affidamenti familiari).
Si specifica che la nuova situazione di inseri­mento presso la vostra famiglia potrà favorire progressi­vamente una maggior comunicatività del minore e che quanto potrete osservare rispetto ad atteggiamenti, abitudini, reazioni, ecc., può essere molto significativo e non sempre di facile interpretazione. Pertanto qualora dovessero emergere fatti rilevanti oppure fossero osservati comportamenti particolari e/o inattesi, essi dovranno essere senz’altro riferiti all’assistente sociale e/o agli operatori di riferi-mento (neuropsichiatria infantile, pediatra, ecc.).
Il servizio sociale, effettuati i necessari approfondimenti ed integrazioni, si farà carico di trasmettere le osservazioni all’Autorità giudiziaria se di competenza.
Prima di passare a spiegare meglio il progetto che vi vede coinvolti, riteniamo importante ricordare e sottolineare l’obbligo alla riservatezza cui sono tenute le famiglie affidatarie (vedi citata deliberazione del 7 dicembre 2004 pag. 19 “Funzioni dell’affidatario”).
Allo stato attuale queste sono le notizie e le conoscenze che si hanno sul/la minore:

[Facendo riferimento agli incontri di presentazione del minore già effettuati, riportare, sinteticamente, notizie sul bambino e sulla sua situazione: è necessario, in questa parte, concentrare l’attenzione sul minore fornendo le informazioni che siano utili alla sua cura e che non alimentino un giudizio sulla famiglia d’origine. Come è noto il servizio sociale ha l’obbligo del segreto professionale, che vale nei confronti di tutti, anche degli affidatari, i quali a loro volta hanno l’obbligo della riservatezza.
Inserire quindi notizie sulla storia del bambino, la composizione della sua famiglia, da dove proviene, eventuali passaggi in comunità, eventuali altri affidi, rapporti significativi con parenti, fratelli, ecc. e la descrizione delle sue caratteristiche personali: carattere, cosa gli piace fare, cosa gli piace mangiare, come si relaziona, che comportamenti agisce in determinate situazioni, ecc. È importante che la famiglia possa “vedere” il bambino attraverso le parole degli operatori e nel contempo sia informata sul progetto che sottende all’inserimento e sulla sua durata.
È necessario che gli operatori forniscano le notizie sul bambino riferendo gli effetti su di lui della condotta dei genitori ma evitando informazioni su questi ultimi. È molto importante riferire le vicende vissute dal bambino, eventuali deprivazioni, i comportamenti agiti dal bambino in conseguenza di ciò che ha sperimentato nel periodo precedente l’affidamento.
Per esempio, se si tratta di un bambino maltrattato, parlare dei maltrattamenti descrivendoli, se noti: anziché dire “la madre si prostituisce in casa” è possibile dire “è probabile che il bambino abbia assistito a rapporti sessuali” oppure “manifesta particolare interesse per gli aspetti sessuali”; anziché dire che la madre è tossicodipendente o il padre etilista o malato di mente, riferire gli effetti che la loro condizione possa avere avuto sul bambino, per esempio: bambino non accudito, lasciato spesso solo, bambino che ha assistito a scene di violenza o che ha vissuto in ambiente promiscuo.
Tuttavia, per giusta causa, il segreto può essere talvolta violato, come quando ad esempio ci sia la certezza di un soggetto maltrattante o abusante (è importante sapere se si tratta di un genitore, di un parente oppure di persona estranea alla famiglia), valutando l’opportunità della comunicazione agli affidatari e tenendo conto dell’età del minore, la sua consapevolezza e la capacità di capire.
Le sentenze, che sono pubbliche, e i fatti di rilevanza penale, dal momento in cui è avvenuta l’iscrizione del presunto responsabile sul registro degli indagati, che è pubblico, possono essere comunicati anche se si tratta di informazioni relative alla famiglia d’origine.
È evidente che ciò che deve guidare la comunicazione è l’interesse e la tutela del minore e perciò, se è utile, si può dire che il genitore è in carcere o che il genitore o altro familiare o convivente è indagato per sospetti abusi sessuali o maltrattamenti.
In sintesi, riguardo alla famiglia d’origine si possono riferire solo i fatti e le condotte che hanno o possono avere rilevanza sullo sviluppo del bambino].
Vi segnaliamo che il pediatra attualmente è il dr. …………….……… tel. …………………. che potrà fornire le notizie relative alla salute del minore, mentre la tessera sanitaria e altra documentazione vi verrà fornita dalla comunità o dalla famiglia (ecc.) …………………………….………….. .
[Le notizie indispensabili per la cura e la custodia del minore riferite alle sue condizioni di salute – malattie esantematiche, sieropositività, S.A.N., allergie, intolleranze alimentari – comprese eventuali malattie pregresse saranno fornite, di norma, dai sanitari che conoscono ed hanno in cura il minore. È poi indispensabile dare informazioni su dove e quando il minore sta seguendo una serie di visite specialistiche che deve eventualmente continuare ad effettuare con controlli periodici.
Se la comunicazione di tali informazioni comporta implicitamente la violazione dell’obbligo di segreto rispetto alle condotte dei genitori, tale deroga è giustificata, e quindi consentita, dalle necessità di cura e assistenza del bambino].
……………………………………………………………………
……………………………………………………………………
[È opportuno infine comunicare agli affidatari che cosa ci si attende dall’inserimento del bambino nella loro famiglia, quali sono le “funzioni” specifiche cui si chiede di prestare particolare attenzione in relazione ai bisogni del bambino che emergono dalla precedente descrizione: es. funzione di stimolo, di contenimento educativo, di vicinanza affettiva, di valorizzazione dell’autostima, ecc.]:
……………………………………………………………………
……………………………………………………………………

Allegati:
[Specificare se vengono forniti alla famiglia documenti in allegato].

Nota: Un fac-simile analogo è stato predisposto per la lettera informativa sul minore in affidamento consensuale da consegnare alle famiglie affidatarie prima dell’inizio dell’affidamento.

PRESA DI POSIZIONE DEL PROCURATORE GENERALE DI LECCE
CONTRO L’ADOZIONE MITE

Pubblichiamo la lettera inviata il 31 marzo 2009 dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Lecce, Luigi Gennaro, alla presidente  dell’Anfaa, che è stata autorizzata a diffonderla. Il testo riprende una nota sull’adozione mite redatta dell’Avvocato Generale Giuseppe Vignola.

L’adozione mite, com’è noto, nasce da una prassi del tribunale per i minorenni di Bari che prevede la possibilità di trasformare l’affidamento familiare in una forma di adozione che non recida i rapporti tra il minore e la famiglia d’origine. La coppia che si dichiara, ab initio, disponibile a seguire questo percorso è inserita in elenchi speciali ed accoglierà il minore sulla base di un provvedimento di affidamento, impegnandosi a fare tutto il necessario per facilitarne il rientro nella famiglia di provenienza. Qualora questo dovesse risultare impossibile, alla scadenza del periodo di affidamento, eventualmente prorogato, sarà dichiarata “l’adozione mite”.
La prassi, che ha ispirato la proposta di legge n. 5724 intitolata “Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184 in materia di adozione aperta e di adozione mite”, nasce dalla considerazione che per un’elevata percentuale di bambini che vivono in situazione di grave degrado non si procede oggi ad un’adozione legittimante, poiché i labili legami con la famiglia di origine non consentono di ritenere sussistente lo stato di abbandono indispensabile per la declaratoria di adottabilità. Da qui un progetto culturale che focalizza l’attenzione su questa fascia di minorenni e che, per un verso, elabora la categoria del “semiabbandono permanente” quale presupposto dell’adozione, peraltro, interpreta in modo molto estensivo il disposto dell’articolo 44 lettera d) della legge n. 184/1983.
La prima obiezione che potrebbe muoversi all’adozione mite riguarda proprio il suo presupposto.
Chi scrive è del parere che il “semiabbandono permanente” sia un errore concet­tuale. Ed infatti, se con riferimento ad un bene, l’abbandono implica il venire meno della relazione esistente tra il soggetto e il bene stesso, con riferimento ad un bambino non può che sostanziarsi nella cessazione della relazione genitori-figlio. Finché questa, sia pur labile, continua a sussistere, non può ipotizzarsi alcun “abbandono” o “semiabbandono” (7). Ci si trova in questi casi di fronte alla temporanea privazione di un ambiente familiare idoneo ascrivibile a cause eccezionali (quale, ad esempio, l’impedimento del genitore ad assolvere i compiti accuditivi ed educativi per grave malattia) o a violazione dei doveri connessi alla funzione genitoriale la cui entità sarà oggetto di valutazione da parte del giudice che interverrà con i necessari provvedimenti (ex articolo 333 del codice civile). La vigente normativa, peraltro, non offre spazi a figure intermedie, perché già disciplina correttamente, attraverso istituti quali l’affidamento familiare e l’adozione legittimante, le differenti situazioni in cui un minore può venirsi a trovare e prevede i più opportuni interventi in rapporto alle modalità di esercizio della funzione genitoriale ed alla gravità delle violazioni a questa riconducibili. L’affidamento familiare da parte dei servizi o su disposizione del Tribunale per i minorenni in caso di mancato assenso dei genitori trova così applica­zione a fronte di situazioni di difficoltà temporanea che rendono impossibile un’adeguata assistenza del minore nell’ambito della sua famiglia con la quale va tuttavia mantenuto e, anzi, rinforzato ogni legame (8). Da qui l’obbligo per l’affidatario di accogliere presso di sé il minore e di provvedere al suo mantenimento, educazione ed istruzione, «…tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante…» (9) il tutto con il controllo ed il sostegno del servizio sociale che «nell’ambito delle proprie competenze… agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità idonee…»  (10). Tanto vale, ovviamente, anche nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare, qualora sia stato impossibile un affidamento familiare (11).
Vero è che la durata massima del periodo di affidamento previsto dalla legge è di 24 mesi, ma è anche vero che la possibilità che il legislatore ha concesso al Tribunale per i minorenni di prorogare senza limite alcuno tale periodo, «qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore» (12), trova la sua ragion d’essere proprio nella necessità di sottoporre al vaglio del giudice specializzato quelle situazioni “al limite” in cui, pur persistendo l’inadeguatezza della famiglia d’origine, non è opportuno recidere il legame esistente.
A ben vedere, dunque, l’accertamento sul cosiddetto “semiabbandono permanente” equivale a quello che i Tribunali per i minorenni già effettuano ogniqualvolta sono chiamati a pronunciarsi sulla proroga di un affidamento ex articolo 4 della legge 184/1983 con una conseguenza, tuttavia, differente che implica una palese forzatura del dettato e dello spirito delle norme: la declaratoria di “adozione mite” con gli effetti che comunque l’adozione comporta.
E qui si pone una seconda obiezione con riferimento ad un’eccessiva discrezionalità di cui dispone il giudice in contrasto con la chiara volontà del legislatore che con l’adozione legittimante ha posto un punto fermo e ben definito dal quale partire: lo stato di abbandono e cioè la «privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi» (13), “stato di abbandono” che sussiste ogni qualvolta la mancanza di un ambiente familiare idoneo sia considerato insuperabile a nulla rilevando il fatto che, in passato, si sia sperimentato un affidamento eterofamiliare rivelatosi poi idoneo a risolvere la condizione del minore. Come, infatti, ha evidenziato la Suprema Corte, l’affidamento, di per sé, non è d’impedimento alla dichiarazione di adottabilità giusta quanto previsto dal disposto dell’articolo 8 della legge 184/1983 (non sostanzialmente modificato dalla legge 149/2001). Un buon inserimento del minore presso gli affidatari certamente può influire sulla successiva trasformazione dell’affidamento provvisorio in affidamento definitivo, ma nessuna influenza può spiegare sul riscontro della sussistenza dello stato di abbandono (14).
Non può negarsi che l’impianto normativo vigente preveda la possibilità di adozione anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (15). Tale ipotesi tuttavia è da intendersi come assolutamente residuale e ricorrente solo nel caso in cui il minore non possa essere inserito in una famiglia adottiva avente i requisiti previsti per l’adozione legittimante (16). Una dilatazione interpretativa del disposto dell’articolo 44 lettera d) della legge 184/1983 finirebbe col distorcere le finalità dell’istituto con rischio di rilevanti danni. Non può tacersi, infatti, e questa costituisce la terza obiezione, che “l’adozione mite”, consentendo il mantenimento del rapporto con la famiglia d’origine, può essere causa di ambiguità relazionali che si rifletteranno sull’armonico sviluppo di personalità dell’adottato e di interferenze da parte dei genitori biologici che potranno turbare anche gravemente la serenità della famiglia adottante, situazioni tutte previste ed evitate dall’adozione legittimante attraverso l’elisione di ogni legame, il divieto di fornire notizie, informazioni o certificazioni, estratti o copia dai quali possa risultare il rapporto di adozione, nonché il segreto sull’identità dei genitori biologici, con le limitazioni e i contemperamenti di cui all’articolo 28 della legge 184/1983.

(1) L’articolo 44 della sopra citata legge 184/1983 sancisce quanto segue:
«1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7 [e cioè anche nei casi in cui non sia stata pronunciata la dichiarazione di adottabilità, n.d.r.]:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’articolo 3, comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
«2. L’adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.
«3. Nei casi di cui alle lettere a), c) e d) del comma 1, l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l’adottante è persona coniugata e non separata, l’adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.
«4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare».
(2) L’Anfaa ritiene che il minore affidato debba essere inserito nello stato di famiglia degli affidatari, soprattutto se si prevede che l’affidamento possa protrarsi nel tempo.
(3) Il testo del protocollo è riportato nell’articolo “L’affidamento a rischio giuridico di adozione: le esperienze delle famiglie”, in Prospettive Assistenziali, n. 138, 2002.
(4) Cfr al riguardo l’articolo 5, comma 2 della legge n. 184/1983.
(5) Cfr. E. Compagnoni, G. Piana, S. Privitera, Nuovo dizionario di teologia morale, Edizione Paoline, Cinisello Balsamo, I990, alla voce “Adozione”.
(6) Cfr. il notiziario dell’Anfaa del n. 158/2007 di Prospettive assistenziali.
(7) Legge 4 maggio 1983 n. 184 come innovata dalla legge 28 marzo 2001 n. 149, articolo 2.
(8) Idem, articolo 4.
(9) Idem, articolo 5, comma 1.
(10) Idem, articolo 5, comma 2
(11) Idem, articolo 5, comma 3.
(12) Idem, articolo 4, comma 4.
(13) Idem, articolo 8, comma 1.
(14) Cassazione, Sezione I, n. 12169 del 9 giugno 2005.
(15) Legge 4 maggio 1983 n. 184 come innovata dalla legge 28 marzo 2001 n. 149, articolo 44 lettera d).
(16) Il Tribunale per i minorenni di Lecce nell’ultimo triennio (gennaio 2006 – 31 dicembre 2008) ha emesso solo 4 sentenze di adozione ai sensi dell’articolo 44 lettera d) della legge 184/1983.

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