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Pubblichiamo questa bella ed intensa testimonianza che Giuseppe ha voluto inviarci e rimaniamo in attesa, sperando di ricevere presto il proseguimento della sua storia!

Ciao ANFAA, anche io ho una storia da raccontare. Da qualche tempo mi piacerebbe anche partecipare a qualche incontro per scambi di opinioni ed ho fatto anche dei tentativi che per ora rimangono sulla carta. Chissà..

Tutto comincia con una sirena di ambulanza, o almeno così mi pare che fosse, un letto di ospedale e la fugace visione di una donna che, a posteriori, decido che fosse mia madre, chissà perchè. Tempo dopo scopro che il mio è stato un ricovero per una brutta pertosse, era la seconda metà degli anni ’60.

Passo il resto della mia infanzia in un paio di orfanotrofi, l’ultimo gestito da suore, il collegio xy di B.

A ridosso del mio nono anno di vita vengo adottato dai miei nuovi e fantastici genitori, che cercavano una bimba di pochi mesi e invece trovano me – come dire” gente cha sa quello che vuole” – un maschietto di nove anni rachitico, con la scogliosi, il prognatismo ed un quoziente intellettuale inferiore alla norma, almeno a detta dell’allora psicologa che mi seguiva…(all’alba dei 47 anni mi viene un po’ da sorridere ripensandomi in quel contesto, la vita davvero ti riserva sorprese che non t’aspetti). Il percorso familiare comincia tra mille incognite, ma una sola cosa non è mai stata messa in discussione, io mi sono sentito figlio e fratello subito, e loro (papà mamma e sorelle) mi hanno “sentito” subito, nel senso che la mia invadenza era tale che dovevano amarmi per forza: immagino che sappiate quanto rompe un bambino adottato a nove anni .

Mamma e papà mi “ aggiustano” : ginnastica per la scogliosi, protesi dentaria, istruzione di prima, seconda e terza mentre faccio gli ultimi due anni di scuola elementare, prodigi di una madre insegnante, e così via.

Mi piace raccontarvela così, allegra, del resto anche i miei, ormai pensionati e felici, soffrendo di spaventose amnesie, sostengono che io non fossi poi un ragazzo tanto complicato.

Ve lo assicuro, è tanto complicato, la forza d’animo di due genitori che affrontano la crescita e l’evoluzione di un bambino così è immensa, ma io sono stato baciato dalla fortuna, i miei sono stati tanto amorevoli quanto spietati, la loro unione di intenti e soprattutto l’ambiente familiare sano, allegro e costruttivo mi hanno schiodato da quel triste passato, restituendomi una vita normale, dove fidarsi dei genitori è scontato.

Onestamente non capisco tutti quei figli che in virtù della loro condizione di adottivi, lamentano difficili rapporti e difficili relazioni con la famiglia adottiva e col mondo. Mi dispiace per loro, penso che se potessero rivedere la loro storia, partendo dal presupposto della “ casualità” che bene o male ci coinvolge tutti quanti, a noi come adottivi e agli altri in mille modi diversi, potrebbero fare diventare la loro esperienza un punto di forza, l’elemento determinante per avere una marcia in più “ ..quel che non ti uccide di irrobustisce..”, ed è questo il motivo per cui Vi sto scrivendo.

Troppo spesso chi vive la nostra condizione si abbandona all’autocommiserazione, al vittimismo, specie nell’adolescenza emergono in modo plateale tutte le nostre insicurezze, la scuola diventa un problema troppo grande, occupati come siamo a farci “ voler bene” dagli altri, il nostro inconscio desiderio di essere al centro dell’attenzione ci porta a commettere stupidaggini di varia entità.

Credo però che ci sia ancora molto pregiudizio nei confronti dei figli adottivi, considerati spesso immaturi ed inaffidabili dalla società, così come la stessa pensa che tutti i mussulmani siano integralisti, per fare un esempio.

Bene, così non è e se vogliamo cambiare le cose occorre anzitutto cambiare la mentalità, a cominciare da chi opera nel settore, improntando una politica di informazione che “ positivizzi”, se mi passate il termine, il percorso dell’adozione focalizzando alcuni aspetti nell’ambito educativo che mi pare siano trascurati, partendo dal presupposto che non c’è un “ termine” alla maturazione di un vissuto così difficile da digerire.

Ho fatto di tutto nella mia adolescenza, droga, furti, bugie, perquisizioni, fughe da casa ed anche un giorno di galera con tanto di processo e condanna, non c’era settimana che potesse passare tranquilla, ho persino lanciato dei cachi sulle vetture in sosta al semaforo sotto casa. Questo turbinio di “cazzate” è stato chiaro indice di quanto fossi infantile e facilmente condizionabile, le mie immense insicurezze sono state un formidabile freno alla mia crescita, ma più di tutto gli amici che frequentavo erano la fotocopia di quello che ero io perché istintivamente rifiutavo quelli che davvero avevano qualcosa da fare o da dire di interessante. Quello che mi ha salvato è stata l’unione di intenti dei miei genitori, che mai, neanche per un minuto hanno mollato la presa e che sempre hanno sostenuto tutte le mie iniziative, sperando che finalmente fosse la volta buona, finchè è arrivata… 20 anni dopo!

Della mia famiglia “ biologica” mi è rimasto il dna e spero nessuna malattia ereditaria, provo una gran pena per quella donna che abbandonandomi ha fatto per me la miglior scelta che potesse fare, ripenso a tutte le vicende di soprusi sulle donne che avvengono al mondo ancora adesso, alle mille ipocrisie culturali e religiose che spesso inducono tante donne a fare delle scelte terribili contro i loro figli.

L’adozione è solo un modo diverso di essere figli e genitori, un modo per avere una opportunità in più, ma soprattutto un modo per crescere più consapevoli della “condizione” dell’altro, perché non essendoci il sangue di mezzo, è un legame che si fonda esclusivamente sulla fiducia e sull’amore.

Ancora oggi faccio a pugni ogni tanto col mio passato, ma del resto chi non ha un “mostro” da gestire quando si è stanchi o stressati, quando la vita ti presenta i suoi lati più oscuri.

Ho adottato un bimbo di colore, è nato in Italia ed è fantastico, una storia che magari vi racconto un’altra volta.

Il tribunale di Torino è stato determinante due volte nella mia vita, prima mi ha dato i genitori e poi mi ha dato un figlio.. qualche volta le istituzioni fanno qualcosa di grandioso!

Ciao,
Giuseppe

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