Breve storia di Enrico
Enrico nasce poco più di 14 anni fa. Due mesi dopo, il Tribunale per i Minorenni, su segnalazione dei Servizi Sociali del Comune di Torino, dispone il suo allontanamento dalla famiglia di origine per gravi problemi al suo interno; viene accolto da una comunità per neonati gestita dal Comune stesso. Qui il bimbo trascorrerà undici mesi, durante i quali la mamma e i nonni materni possono continuare a vederlo, mentre il permesso di visita viene negato al padre e ai genitori di lui. Questo divieto proseguirà anche dopo l’uscita di Enrico dalla comunità; il bambino non avrà così più rapporti con il padre, che del resto non ha mai dimostrato nessun interessamento alle sorti del figlio, né con i parenti di questo ramo della famiglia di origine.
Il caso di Enrico ci viene segnalato dai Servizi quando il bimbo ha circa sette mesi, dopo che alcuni mesi prima avevamo dato loro la nostra disponibilità per l’affido di un minore. In famiglia c’era già nostra figlia, che all’epoca aveva cinque anni. Dal momento della segnalazione Enrico trascorre altri sei lunghi mesi in comunità, fin quando viene, a stare con noi in affido residenziale all’inizio del 1994, dopo l’emissione del relativo provvedimento da parte del Tribunale per un primo periodo di due anni. Noi avevamo cominciato a conoscerlo e a frequentarlo in comunità negli ultimi mesi del 1993, periodo durante il quale il piccolo si era sempre più affezionato a noi e a nostra figlia.
Uscito dalla comunità gli incontri con la mamma e i genitori di lei sono continuati ogni 15 giorni, per un’ora, in un cosiddetto “luogo neutro”. All’inizio il rapporto con loro è stato caratterizzato da una certa diffidenza, che si è stemperata man mano che continuavamo a vederci e incominciavamo a conoscerci.
La speranza della mamma era tuttavia quella di riavere un giorno il bimbo con sé, cosa che, ci accorgemmo presto, sarebbe stata difficile da realizzare a causa della sua situazione personale e familiare, sempre più problematica, anche secondo gli operatori sociali…
Il successivo rinnovo da parte del Tribunale dell’affido per un altro biennio ha confermato questa nostra impressione, che si è rafforzata quando il periodo di affido è stato poi prorogato per tutto il ciclo della scuola elementare e poi, tacitamente, senza altri termini.
Passati i primi nove mesi dal suo arrivo nella nostra famiglia abbiamo inserito Enrico al nido, con gradualità e non senza difficoltà. Il suo primo anno di vita ha lasciato tracce di sofferenza profonde, che si evidenzieranno negli anni successivi rispetto, ad esempio, all’apprendimento scolastico:una comunità, anche se ben organizzata, non è in grado di rispondere alle esigenze affettive (e non solo) dei piccoli accolti…
Fortunatamente Enrico ha sempre avuto una buona capacità di socializzazione, che gli consente di trovare dei buoni punti di riferimento nelle amicizie a scuola e fuori.
Gli incontri con la mamma e i nonni materni sono continuati con una certa regolarità (sempre in luogo neutro e con le medesime caratteristiche) per alcuni anni, sempre coordinati dagli operatori dei Servizi sociali: Enrico se n’era fatto una ragione, a loro modo gli volevano bene.
Quando il bimbo ha da poco compiuto sette anni, la mamma muore improvvisamente. Già alcuni mesi prima, per altro, le sue visite erano state meno regolari, mentre era rimasta costante la presenza della nonna. Il nonno, invece, andato in pensione, si era praticamente trasferito nella regione di origine, al sud, dove la moglie lo raggiunge dopo qualche anno, appena raggiunta l’età pensionabile.
Da allora (Enrico aveva ormai completato la scuola elementare) i contatti con i nonni sono proseguiti per via telefonica, salvo un paio di visite a Torino. Arriviamo così al 2002. Dal punto di vista giuridico, la situazione di Enrico non è stata modificata fino a quando, vista la scarsa attivazione in merito dei Sevizi sociali, l’Anfaa, d’intesa con gli stessi operatori, ha richiesto al Tribunale per i minorenni di valutare se non sussistevano gli estremi per la sua dichiarazione dello stato di adottabilità.
Il Tribunale, a conclusione del relativo procedimento, lo dichiara adottabile, ma ci propone di optare per l’adozione “nei casi particolari” lettera d) «per non privare Enrico del suo cognome d’origine», non tenendo conto che quel cognome l’avrebbe comunque perso in quanto lui era nato fuori del matrimonio….
Noi invece insistiamo, con una lettera inviata al giudice, per quella “legittimante”, comunicando la disponibilità nostra e di Enrico stesso di continuare a dare nostre notizie ai nonni; ribadiamo però anche che i nostri due figli, perché tale consideriamo ormai anche Enrico, dopo tanti anni vissuti insieme, devono stare secondo noi sullo stesso piano anche dal punto di vista giuridico, oltre che da quello affettivo.
Il percorso si conclude finalmente e felicemente lo scorso mese di marzo nella forma da noi fortemente desiderata, ora Enrico è nostro figlio e fratello di nostra figlia nonché nipote dei nostri congiunti.
Concludendo, abbiamo voluto raccontarvi brevemente questa nostra esperienza, anche per sfatare il pregiudizio, ancora diffuso, secondo cui i bambini affidati, una volta dichiarati adottabili, non possono essere adottati con adozione legittimante dagli affidatari perché, nel corso degli anni, questi ultimi avevano conosciuto e incontrato i la famiglia d’origine! Riteniamo molto grave che il possibile mantenimento di rapporti con alcuni componenti della famiglia d’origine,venga utilizzato per prospettare invece dell’adozione legittimante quella “nei casi particolari”.
Conosciamo anche altre famiglie i cui figli, adottati adolescenti, hanno continuato ad avere contatti con alcuni parenti.
LORENZO
Siamo i genitori di un ragazzo che ha vent’anni che è diventato nostro figlio quando già aveva 9 anni compiuti.
Ci eravamo indirizzati verso l’adozione internazionale ed era previsto l’arrivo di un bambino abbastanza piccolo dal Brasile, invece ci fu proposto dal Tribunale per i Minorenni un bambino grandicello, italiano. Accettammo: ci fu un primo incontro, noi fummo entusiasti, lui si dimostrò felice di venire da noi e da quel momento la sua storia si intrecciò con la nostra.
Lorenzo si portava con sé una serie di esperienze positive e negative, dei vissuti di abbandono che lo avevano profondamente segnato, che gli avevano tolto la fiducia negli uomini e che lo avevano fatto crescere prematuramente (praticamente lui non aveva mai potuto fare il bambino, aveva dovuto sempre lottare, con preoccupazioni che erano già da adulti).
Quindi, trascorso il primo mese di relativa calma a casa nostra, cominciò a mettere in atto una serie di meccanismi per metterci alla prova, per vedere fino a che punto resistevamo e lo accettavamo.
Da ragazzo intelligente, come subito si rivelò, capì quali erano i punti su cui battere: le regole in casa, la scuola, la puntualità, le relazioni con i parenti e gli amici e così via. Cominciò allora a rifiutare prima le regole della scuola e poi quelle della famiglia; capimmo che era necessario intervenire ed i servizi ci indirizzarono alla psicologa della neuropsichiatria infantile. Ma dopo poco tempo Lorenzo non ci volle più andare, diradò le sedute fino a rifiutarle completamente.
Per i primi due anni riuscimmo ad avere in pugno la situazione, anche con spazi notevoli di gravi difficoltà. Ci eravamo preparati a diventare genitori, avevamo letto libri, frequentato corsi, eravamo in contatto con altri genitori adottivi, pensavamo che volendogli bene, facendogli sentire il nostro affetto, lui si adattasse alla nuova vita e si inserisse sia pure nella famiglia, ma non fu così.
Le cose cambiarono in peggio quando entrò nella scuola media ed iniziò un’adolescenza precoce. Al rifiuto delle regole subentrò anche la ribellione e ai problemi propri dell’età si accavallarono quelli legati al suo passato.
Che fare? Occorrevano degli aiuti che noi non riuscivamo a trovare. I servizi, oltre al personale della neuropsichiatria infantile, non avevano altro da offrirci; cercammo disperatamente in tutti i settori, laici e cattolici, senza risultato. Si vedeva che il ragazzo soffriva, era sempre agitato e noi volevamo aiutarlo.
Puntavamo molto sulla scuola (mamma insegnante che viene da una famiglia di insegnanti), che purtroppo non era strutturata per casi come il nostro: Lorenzo non poteva essere considerato fra i disabili poiché era intelligente ed i problemi erano di comportamento. Dopo qualche timido tentativo ci sentivamo dire le solite frasi “Sa…noi dobbiamo svolgere il programma…Dobbiamo pensare agli altri studenti…e poi ci sono i genitori!!!” quindi dopo le note arrivava la sospensione, la non ammissione. Tentammo in tutti i modi di ottenere disponibilità e aiuto dalla scuola: ogni volta all’inizio sembrava che qualcosa funzionasse, poi tutto tornava come prima. Si cambiò anche scuola, ma senza esito. Alla fine decidemmo di prendere un educatore privato che lo seguisse sul piano scolastico, affiancato da uno psicologo (sempre privato) che ci diedero veramente una mano, soprattutto quest’ultimo.
Però, finita la terza media la situazione non accennava a cambiare. Lorenzo crescendo chiedeva sempre più libertà e frequentava compagnie che noi non ritenevamo giuste così i pericoli aumentavano.
Furono anni molto difficili, anche se il ragazzo si manteneva sempre sul piano del lecito, non cadde in situazioni irreparabili.
Quando Dio volle ci fu un cambiamento nei servizi sociali. Incontrammo un assistente sociale che prese in mano la situazione e con professionalità ed umanità studiò un piano di intervento con l’aiuto di un educatore, che si rivelò professionalmente preparato, ma soprattutto in grado di entrare nella psicologia del ragazzo.
Nostro figlio accettò queste nuove figure come amici, ebbe fiducia in loro e, a partire dai sedici anni, famiglia e servizi poterono lavorare insieme a Lorenzo: ci furono degli inserimenti positivi nel mondo della scuola e delle esperienze lavorative molto significative.
Lorenzo maturò pian piano ed i primi risultati si ebbero ai 18 anni e poi ancora più avanti. Ora che ha vent’anni si può dire che è un figlio molto affettuoso, attaccato alla famiglia, disponibile e generoso verso gli altri, abbastanza rispettoso delle regole, anche se con un carattere un po’ ribelle. Sul piano personale è quasi completamente a posto, attende di entrare nel mondo del lavoro e, su questo piano, prevediamo nuovi scogli.
Noi genitori sentiamo il dovere di sottolineare l’assoluta necessità dell’aiuto dei servizi, perché la famiglia non può farcela – da sola – in casi come il nostro. E vorremmo aggiungere che non basta studiare bene i progetti, occorre soprattutto l’aiuto concreto per poterli realizzare, occorre personale disponibile e preparato a capire che ogni ragazzo è diverso dall’altro e che va aiutato ad ogni costo, anche spezzando gli schemi tradizionali se fosse necessario.
Concludo rispondendo a quanti, nei momenti difficili ci dicevano: “Ma basta, rimandatelo indietro…” e ci chiedevano: “Perché fate tutto questo?” Noi, allora come adesso, rispondevamo: “Facciamo tutto questo perché è nostro figlio” ed aggiungevamo: “Un figlio non si butta mai via.”
I genitori di Lorenzo: Emiliana ed Enrico
Questa è la storia che i genitori di Silvia e Vittorio raccontano ai loro bambini.
Lo stesso fanno Giuliana e Marco
STORIA DI SILVIA E VITTORIO
C‘era una volta una dolcissima bimba che viveva, insieme ad altri bambini, in una casetta chiamata con il nome di un bellissimo fiore: la casetta delle margherite.
Non molto lontano vivevamo noi in una bella casa, con tanti amici, un buon lavoro ma ci sentivamo soli e desideravamo tanto una bimba che vivesse con noi e che ci chiamasse mamma e papà. Avevamo sentito parlare di un certo Angelo Gelsomino: un angelo davvero speciale perché trovava sempre una mamma e un papà a ogni bimbo solo che desiderava dei genitori. Così decidemmo di scrivere una lettera all‘angelo e la risposta arrivò dopo un bel po’! Durante questo periodo ci avevano spiegato che era importante prepararsi bene! Desiderare diventare mamma e papà è stato il primo passo che abbiamo percorso insieme per poterti incontrare.
Noi sentivamo che da qualche parte esistevi già e che l‘angelo Gelsomino era in viaggio per cercarti. Lungo la nostra strada abbiamo incontrato tante persone che volevano parlare con noi, sapere se eravamo pronti per accogliere un bimbo, al quale insegnare l’amore e la vita. Tutto questo ha richiesto molto tempo, non è stato sempre facile, in qualche momento avevamo timore di non essere all’altezza, ma il nostro cuore continuava a crescere.
Finalmente giunse il giorno in cui la nostra lettera arrivò in un ufficio molto importante; l’angelo gelsomino aveva proprio trovato il luogo giusto! Così ci chiamarono per dirci che c’era una bimba che ci stava aspettando e che l’avremmo potuta incontrare presto quell’ incontro avrebbe cambiato la nostra vita! Ti avremmo vista, forse abbracciata, ti saremmo piaciuti? e tu saresti piaciuta a noi? Cara bimba nostra non ti nascondiamo che provammo una grande emozione quando, arrivati alla casetta delle margherite, la suora che si prendeva cura di te, ci portò nella stanza dove tu stavi disegnando. Fummo colti dal timore di non essere nemmeno guardati da te, ma il momento magico avvenne e i tuoi meravigliosi occhi nocciola, seri e curiosi,,incontrarono i nostri che si sciolsero in una forte emozione. Finalmente c’eravamo incontrati! Tu non te lo ricordi vero? Ci sono le tue foto che conserviamo e ogni tanto riguardiamo insieme ci parlano di te, di quando eri più piccola, cicciottella con delle super guance: davvero uniche! Quando ripensiamo a quei giorni il nostro sorriso ci parte dal cuore :la tua dolcezza, il tuo timore, la tua diffidenza dei primi giorni, sono stati momenti magici! Alla sera quando era il momento di salutarci, stanchi, con un sacco di pensieri, tornavamo a casa e tu? A cosa pensavi? certo non dormivamo e aspettavamo il giorno successivo per venire da te!
Dopo quattro giorni ci dissero che potevamo portarti a casa e con noi saresti rimasta per sempre! Eravamo venuti a prenderti con un vestitino azzurro, faceva caldo era luglio, e quando venne il momento di salutare tutti, ti fidasti di noi le tue manine afferrarono le nostre e non ti voltasti indietro. Insieme a noi tre venne il tuo inseparabile coniglietto di nome Panni e il regalo che ti avevano fatto le ragazze della tua casetta: una bellissima salopette con maglietta. L’arrivo a casa fu indimenticabile. Per noi tutti iniziò una nuova vita fatta di un “tempo nuovo,” un tempo che ti rispettasse”; di notti, con te addormentata in braccio, stanchi ma emozionati con l’entusiasmo di averti pensata, desiderata, accolta e finalmente stretta a noi. Da subito ti abbiamo spiegato che tu sei nata nel nostro cuore, ci sarebbe tanto piaciuto averti dalla mia pancia, ma non è stato possibile, ci ha pensato una signora che ti ha tenuta al caldo e che ti ha messo in un luogo sicuro in attesa che arrivassimo noi. Il tuo angelo ti è sempre accanto, è sempre nei nostri cuori e quando, alla sera, diciamo le nostre preghiere una, speciale, è per lui, come speciale è diventata la nostra famiglia da quando sei arrivata tu !
Silvia e Vittorio
STORIA DI FABIO – IL FIGLIO DELLA VITA
Oggi voglio raccontarti uno storia, la tua che è veramente speciale.
Devi sapere che io e il papà dopo sposati abbiamo cominciato a pensare sempre più spesso a te, cioè desideravamo avere un bambino.
Passava il tempo e non accadeva niente, allora siamo andati da un dottore che ci ha spiegato che la mia pancia non funzionava. Io e il papà al primo momento ci siamo rimasti molto male e non riuscivamo a capire perché proprio noi non potessimo avere un bambino.
Il tempo passava e questo fatto anziché renderci tristi ci ha fatto crescere un amore nuovo per un bambino che era solo nei nostri sogni, nel nostro cuore, pensavamo sempre di piu’ a te, a come potevi essere e ti aspettavamo.
Devi sapere che in un piccolo ospedale di una piccola città del Nord Italia, una signora, dopo aver tenuto per 9 mesi al calduccio un bambino nella sua pancia, lo mise al mondo ma non potendo continuare a fare la mamma lo affidò all’ospedale. Subito tutto il personale si prese cura di lui. Le infermiere , i medici facevano a gara per dagli tutte le cure e le attenzioni di cui aveva bisogno.
Certo un bambino cosi bello non poteva rimanere senza nome, cosi’ tutti insieme si
riunirono e decisero di chiamarlo “FABIO”.
I giorni passavano e Fabio cresceva attorniato dall’affetto di tutti, ma mentre gli altri bambini dopo pochi giorni andavano a casa con i loro genitori, Fabio rimaneva nella sua culla. Le infermiere, anche se lo riempivano di cure, sapevano che Fabio aveva bisogno di una cosa importantissima, che loro non potevano dagli, dell’amore di una mamma e di un papà.
Il problema doveva essere risolto al più presto e allora, saputo dell’esistenza di un Vecchio Saggio che abitava in una grande città ed aiutava i bambini come Fabio a trovare una mamma ed un papà, due ambasciatori del piccolo ospedale andarono a trovarlo. Ascoltata in silenzio la storia di Fabio, il Vecchio Saggio dopo essersi lisciato a lungo la barba bianca disse: “Io posso aiutarvi, ma dovete lasciarmi qualche giorno di tempo, poi vi daro’ notizie certe”.
Anche io e il papà avevamo saputo dell’esistenza del Vecchio Saggio, e in una bellisima giornata di sole mentre passeggiavamo in riva al mare a Jesolo, sentendo che il nostro cuore era così pieno d’amore decidemmo di scrivergli sapendo che lui era il solo a saper capire i desideri e i bisogni del cuore.
Il Vecchio Saggio ricevuta la lettera ci chiamò per poter guardare da vicino dentro il nostri cuori e capire così cosa ci fosse scritto, non era una cosa semplice, dovemmo tornare più volte ma alla fine ci convocò insieme agli Ambasciatori di quel piccolo ospedale per darci la grande e meravigliosa notizia:-” Nel vostro cuore ho potuto leggere il nome di Fabio, correte ad abbracciare vostro figlio “.
Allora siamo corsi da te e quando ti abbiamo preso in braccio per la prima volta e i nostri cuori hanno potuto battere vicini è successa una cosa incredibile, abbiamo capito che anche tu stavi aspettando proprio noi e che iniziava la nostra vita insieme e per sempre.
Venne organizzata una fantastica festa con amici e parenti che poterono festeggiare il grande evento con mamma Giuly, papà Marco e al loro figlio Fabio.
Questa storia scritta per te quando eri ancora piccolo ormai si è trasformata e come sai il vecchio saggio con la barba bianca non era altro che il Giudice del Tribunale e i due ambasciatori le psicologhe che hanno seguito da vicino la tua adozione.
Il resto rimane uguale, la storia più bella e vera della nostra vita!!!
Giuliana e Marco