Lettera aperta del 3 gennaio 2013

Desideriamo ribadire questi aspetti
. esiste il diritto alla segretezza del parto, occorre maggiore diffusione
. è necessaria una collaborazione da parte delle agenzie di comunicazione
. altre soluzioni di stampo medievale non danno risposte complete

Lettera aperta

il diritto alla segretezza del parto come prevenzione dell’abbandono e dell’infanticidio

                                                                       

I mezzi di informazione hanno riferito nei giorni scorsi di un neonato ritrovato, fortunatamente ancora vivo,  nel bagno del McDonald’s a Roma.

Tutti noi  ci  siamo giustamente indignati e preoccupati  per questi fatti.

Dobbiamo ora però anche chiederci: quella partoriente disperata potevano essere aiutata? Sapeva di poter mettere al mondo il  piccolo in ospedale usufruendo della dovuta assistenza sanitaria e in assoluto segreto?

Su quali sostegni dopo il parto avrebbe potuto contare?

Come mai ancora una volta, i mezzi di informazione oltre a stigmatizzare severamente e giustamente l’accaduto non hanno ricordato la possibilità che ogni donna ha – compreso quelle sposate e le extracomunitarie senza permesso di soggiorno – di partorire in ospedale con la garanzia dell’assoluto anonimato?

Vogliamo ricordare, infatti,  che le donne che non intendono riconoscere il proprio nato hanno diritto di partorire in assoluta segretezza negli Ospedali e nelle altre strutture sanitarie e di essere, quindi, seguite dal punto di vista medico-infermieristico come tutte le altre partorienti assicurando, anche al neonato, le cure di cui necessita.

Nel caso in cui non sia stato effettuato il riconoscimento, l’atto di nascita del bambino è redatto con la dizione “nato da donna che non consente di essere nominata” e l’ufficiale di stato civile, dopo aver attribuito un nome e un cognome, procede entro dieci giorni alla segnalazione al Tribunale per i Minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983.

In tal modo a pochi giorni dalla nascita, il piccolo viene inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale fra quelle che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale stesso.

Di fronte a casi drammatici, quali quello avvenuto nei giorni scorsi a Roma, spesso vengono proposte iniziative quali quelle delle culle/ruote termiche presso ospedali:  iniziative come queste non solo sono a nostro avviso totalmente inefficaci a realizzare l’obiettivo che i suoi promotori si prefiggono (nessun neonato è stato fino ad ora deposto, subito dopo il parto nelle culle-ruota già attive), ma rischiano di incentivare i parti “fai da te” in ambienti inidonei privi della più elementare assistenza sanitaria con gravi pericoli per la salute e la sopravvivenza stessa della donna e del neonato, oltre a deresponsabilizzare le istituzioni nei confronti dei loro obblighi.

Oltre alla garanzia del diritto al parto in segreto, infatti, la legge 2838/1928, richiamata dalla legge sulla riforma dell’assistenza n.328/2000, obbliga le Province – a meno che la legislazione regionale abbia attribuito detti compiti ad altri organismi – ad assistere gratuitamente non solo le gestanti in condizioni di disagio personale, sociale ed economico, comprese quelle che vivono clandestinamente nel nostro paese, ma anche i loro nati riconosciuti o non riconosciuti.

Occorre quindi che le istituzioni, in ottemperanza della normativa vigente, garantiscano il sostegno di personale preparato (psicologo, assistenti sociali, educatori, ecc,) che aiuti la gestante prima, durante e dopo il parto, la accompagni a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il bambino e la sostenga fino a quando è in grado di provvedere autonomamente a se stessa e, se ha riconosciuto il bambino, al proprio figlio. La donna in difficoltà ha diritto a non essere lasciata sola né prima, né durante, né dopo il parto. Spesso l’intervento assistenziale di supporto è necessario anche per le gestanti e madri coniugate con situazioni personali e familiari difficili.

La Regione Piemonte, anche dietro forte sollecitazione da parte del Coordinamento Sanità-Assistenza di Torino (coordinamento di cui fa parte l’Anfaa) ha trasferito dalle otto Province piemontesi a quattro istituzioni (Comuni di Torino e di Novara, Consorzi dei servizi socio-assistenziali dell’alessandrino e del cuneese) le funzioni relative alle gestanti e alle madri (comprese quelle prive del permesso di soggiorno), nonché ai minori con legge n.16/2006, perfezionata con le disposizioni contenute nella delibera 22-4914 del 18 dicembre 2006

Nella passata legislatura sono state presentate proposte di legge, PURTROPPO NON APPROVATE ,che, riprendendo i contenuti della suddetta legge del Piemonte, prevedevano la realizzazione da parte delle Regioni di almeno uno o più servizi  altamente specializzati,  gestiti  dagli enti gestori delle prestazioni socio-assistenziali in grado di fornire alla gestanti, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica e cittadinanza, le prestazioni necessarie e i supporti perché possano assumere consapevolmente e libere da condizionamenti sociali e/o familiari le decisioni circa il riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati.

Grata per la pubblicazione della presente, siamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento o approfondimento.

Con i migliori saluti

Donata Nova Micucci

Presidente Anfaa

Torino, 3 gennaio 2013

scarica la versione pdf