Un’esperienza di “affidamento a rischio giuridico”

Ci è stato chiesto di raccontare la nostra esperienza in merito al nostro affidamento “a rischio giuridico”, cercando di spiegare le sensazioni che ci hanno accompagnato nel nostro percorso: ci proveremo, sebbene la gioia di un’esperienza conclusasi felicemente faccia sfumare tutte le ansie e le preoccupazioni, travolte come d’incanto dal giorno in cui ci hanno comunicato che tutti gli eventuali ricorsi erano terminati.

Se la nostra esperienza può servire anche solo in parte a coloro che stanno affrontando un percorso analogo o stanno interrogandosi sulla loro capacità a farlo, cercheremo di dare il nostro aiuto. Pur nella consapevolezza di quanto ogni esperienza sia unica, proveremo  a trasmettere le emozioni di quella che per noi è diventata “la storia più bella della nostra vita”.

L’inizio

Cominceremo pertanto da quando per la prima volta abbiamo scoperto l’esistenza dell’affidamento “a rischio giuridico”, cosa che ha determinato un ulteriore confronto all’interno della nostra coppia. Noi volevamo sì un bambino a cui dare tutto il nostro amore e la sicurezza della nostra famiglia, ma non avevamo previsto di poter essere solo una parentesi, seppure importante, della sua vita; ci sentivamo pronti per l’adozione e non per un affidamento familiare. La nostra prima risposta agli operatori che ce l’hanno prospettato è stata “No, non ce la sentiamo”, ci siamo chiesti  “Se poi ci affezioniamo?”, “E se ce lo portano via?”, “Come faremo a dirgli che è stato bellissimo ma che adesso deve tornare indietro?”, “Sarà anche vero che al Tribunale ti dicono che le percentuali di ritorno alle famiglie di origine sono molto basse, ma se toccasse a noi. .?”, “Abbiamo troppa paura di soffrire”, “Abbiamo troppa paura di soffrire”;

Al centro di tutto

Continuando a confrontarci però siamo giunti alla considerazione che se al centro di tutto doveva esserci un bambino che da qualche parte aspettava una famiglia per uno, due anni o per tutta la vita noi saremo stati pronti, sicuramente, per lui; per lui, noi ce l’avremo messa tutta.

Prima del nostro primo appuntamento abbiamo incontrato i servizi i quali ci hanno illustrato la situazione sintetizzata in due paginette dattiloscritte, di cui gelosamente conserviamo la copia, ed una fotografia.

Certo, all’inizio l’attesa è stata tale che anche solo la fotografia sarebbe stata sufficiente per innamorarcene, ma alle volte pensiamo a quanto sarebbe più facile il cammino di noi affidatari se maggiori fossero state le informazioni date dagli operatori di concerto con gli istituti e le comunità dove vivevano: essi hanno rappresentato un riferimento anche affettivo per il bimbo per un lasso temporale più o meno lungo e pertanto sarebbero in grado di fornire un contributo importante soprattutto nei primi momenti quando, ferma restando la disponibilità degli operatori, a volte di fronte delle difficoltà iniziali, ci si può sentire soli o inadeguati, quando invece si è solo impreparati o impauriti.

Nel nostro caso un grazie dal profondo del cuore va all’istituto ove era ospitato il nostro bimbo, loro lo hanno amato prima di noi e pertanto ci hanno aiutato nella fase iniziale a comprenderlo, a capirne i pianti e le crisi, fino al giorni in cui per lui siamo diventati mamma e papà. Non che gli operatori non fossero disponibili, anzi nel nostro caso lo sono stati fin dall’inizio, il problema è che per conoscere un bambino spesso poche pagine battute a macchina non sono sufficienti.

Per quanto concerne invece la presentazione del rischio giuridico e i tempi necessari per la definizione purtroppo i servizi sociali sono stati precisi dall’inizio sulle lungaggini della procedura; così abbiamo capito che un parto può durare oltre tre anni!

È così è arrivato nostro figlio, il regalo più bello della nostra vita, dolcissimo, impaurito e anche un po’ monello come è giusto che sia un bambino della sua età.

All’inizio ci siamo dimenticati di tutto, la felicità è tale che le problematiche del rischio giuridico vengono accantonate; l’avevamo aspettato così tanto che l’unica cosa che contava in quel momento era averlo con noi, si è poi così tanto impegnati a cercare di conquistarlo, di fargli capire che di noi si può fidare, di quanto amore lo si voglia riempire ed inoltre è così difficile capire quando piange perché piange e cosa sia necessario fare per tranquillizzarlo.

Papà tutto mio, Mamma tutta mia

Fortunatamente con l’aiuto degli operatori sociali ma soprattutto grazie alle educatrici dell’istituto dove il nostro bimbo era stato ospitato, questo periodo è trascorso con grande rapidità, fino a quando un giorno, indimenticabile, siamo diventati per lui: “Papà tutto mio, Mamma tutta mia”. Ed ecco che all’improvviso sono riapparsi ansie e paure: “E se ce lo tolgono?

In quel momento riappare la realtà per quello che è; quel bimbo non è ancora tuo figlio, tu gli vuoi bene totalmente con tutto te stesso e con tutto l’amore possibile perché lui ne ha diritto, perché lui ne ha bisogno, ma soprattutto perché lo senti, perché è difficile stabilire un confine emotivo tra il rischio giuridico e l’adozione.

Sebbene gli operatori correttamente ti rammentino la precarietà della situazione in cui ti trovi e ti invitino in taluni momenti ad essere cauto anche nei confronti del bambino alle volte non ci riesci. Come fai a spiegare a un bambino che finalmente ha trovato in te amore e serenità che non dovrebbe ancora chiamarti mamma e papà perché i giudici non hanno ancora deciso? A volte è difficile capirlo per un adulto, figuriamoci per un bambino!

Al tribunale e agli operatori: suggerimenti

E qui vorremmo fare una preghiera al Tribunale e agli operatori: informazioni più tempestive e corrette potrebbero aiutare i potenziali genitori adottivi (che sono consapevoli di non avere diritti in questa fase del procedimento), ma  anche i bambini che a volte si trovano a subire le ansie e le paure causate dall’incertezza che accompagna, sovente per anni, il “procedimento a rischio”.

Quante volte le comunicazioni giungono alla famiglia con mesi di ritardo rispetto alla sentenza del Tribunale, quando addirittura vengono comunicate in modo impreciso per quanto concerne i tempi e le modalità!

Non è in discussione la buona fede perché esiste in noi la consapevolezza di quanto gli uffici siano oberati di pratiche ma a volte è difficile non pensare che qualcosa in più possa essere fatto affinché i tempi si accorcino e affinché le famiglie possano essere informate con tempestività e completezza.

Nonostante tutto capisci che devi provarci, chiedi aiuto a chi speri ne sappia più di te e alla fine dopo avere ascoltato tutti ti rendi conto che devi comunque decidere da solo perché ormai nessuno conosce il tuo bambino meglio di te.

Più passava il tempo e più aumentava la preoccupazione per noi tutti poiché ormai esiste un concetto unico in quanto siamo diventati un’unica famiglia e, nonostante le paure e le ansie  ringrazi il Signore per tutte le gioie che quel “birichino” ti regala e più aumenta la felicità più grande diventa la paura che tutto possa improvvisamente finire.

Anche nei momenti più tristi e di maggior incertezza un pensiero ci ha sempre aiutato: il sapere che comunque per lui, in quel momento, eravamo la soluzione migliore possibile e questa doveva essere la cosa più importante.

In questo momento potremmo raccontare tutti i momenti meravigliosi che abbiamo passato insieme, di come siamo cambiati, di come l’amore reciproco ci ha uniti rendendo la nostra vita unica e meravigliosa ma forse, in questo momento, necessario sottolineare che, anche nel caso ce lo avessero tolto, tali momenti sarebbero rimasti nostri per sempre.

Anche se ora ci può sembrare facile, non ci siamo dimenticati le notti insonni, i pianti in attesa dei ricorsi e mentre la notte lo guardavamo dormire ormai sereno e con la paura che tutto ciò potesse finire all’improvviso, delle difficoltà di accettare una logica delle cose che più il tempo trascorreva e più ci sembrava illogica, dei colloqui con gli operatori alla ricerca di risposte e di chiarimenti non sempre tempestivi e completi. Noi  siamo consapevoli che se i giudici avessero deciso per il rientro nella famiglia d’origine lo stato d’animo sarebbe stato diverso, ma, forse, la migliore risposta che possiamo fornire oggi che ci apprestiamo a presentare una nuova domanda di adozione, è che se ci verrà proposto un bambino a “rischio giuridico” ci sentiremo di ripercorrere la stessa esperienza, nonostante mille volte durante la nostra esperienza ci fossimo detti che se avessimo saputo a cosa andavamo incontro mai e poi mai avremmo accettato questo l’affidamento.

Un piccolo consiglio

In conclusione ci permettiamo di dare un piccolo consiglio a coloro che eventualmente si sentissero pronti ad affrontare questa esperienza. Cercate di non farvi condizionare solo dall’alto numero di affidamenti a rischio che si trasformano in adozioni. Questo aspetto è importante ma non sufficiente in quanto sebbene piccola l’ipotesi di rientro esiste e con questa sarà necessario convivere cercando, per quanto sia difficile, di non trasmettere le vostre paure ai bambini che vi verranno affidati. Se ci riuscirete l’unione che vi legherà diventerà qualcosa di unico e irripetibile.

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Avremo inoltre piacere di inoltrare alcune richieste ai giudici e agli operatori alla luce non solo della nostra esperienza  ma anche di altre coppie che hanno affrontato il nostro stesso percorso sebbene con tempi e modalità diversi ma che per la maggioranza dei casi si sono conclusi positivamente oppure sono tuttora in corso.

Abbiamo ritenuto necessario fare tale premessa al fine di sottolineare come tali osservazioni non provengano da coppie che hanno visto tramontare le loro aspettative di un affidamento tramutato in adozione e pertanto suscettibili di essere ritenute poco obiettive, bensì da coppie che, pur felici per l’esito positivo, sono animate dal desiderio che tutto ciò che possa migliorare questa fase delicata nella vita del bambino possa essere fatta.

Noi lo sappiamo benissimo che in questa fase per la legge non siamo portatori di nessun diritto, ma nonostante questo in questo periodo diventiamo il riferimento più importante nella vita dei bambini; soprattutto i più piccoli a causa sovente delle lungaggini dei procedimenti giudiziari, il periodo più lungo della loro vita lo trascorrono presso le nostre famiglie, pertanto quando chiediamo maggiori informazioni non è per curiosità ma per conoscere meglio il passato del bambino al fine di aiutarlo a superare più rapidamente possibile le crisi e le difficoltà iniziali, aiutate maggiormente le coppie, nel farlo aiuterete i bambini.

Inoltre, se possibile, fare sì che in fase giudiziale il curatore, il tutore e l’istituto rappresentino delle entità coordinate tra loro e non scollegate al fine di consentire una corretta rappresentazione della realtà, il tutto per permettere ai giudici di prendere la decisione migliore nel più breve tempo possibile.

Ancora al Tribunale: abbiate l’umiltà dell’ascolto

Sarebbe inoltre auspicabile che il Tribunale potesse, nei modi ritenuti opportuni al fine di tutelare la segretezza delle parti in causa, ascoltare in taluni casi gli affidatari, come è immaginabile soprattutto nei casi più difficili riassumere in poche pagine di relazione 2 o 3 anni di vita …

Non vogliamo con questo muovere delle critiche agli operatori che sappiamo sovente oberati da un carico eccessivo di pratiche capace di mortificare in taluni casi anche i migliori propositi ma se, come è doveroso che sia, al centro di tutto rimane il bambino  forse andrebbe ritagliato un ruolo più significativo a coloro che in questa fase maggiormente lo conoscono e ne hanno seguito la crescita e cosa più importante  amandolo desiderano che tutto sia fatto nel suo esclusivo interesse.