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Riportiamo qui di seguito il documento distribuito in occasione del Convegno “Scuola e Integrazione: i diritti del bambino adottato” organizzato a Milano il 20 ottobre 2008 dalla Provincia di Milano. Riportiamo anche il testo della Carta dei diritti del bambino adottato.

La Provincia di Milano ha presentato il 19 novembre dello scorso anno e ripropone anche in occasione di questo seminario, la Carta dei diritti del bambino adottato, un opuscolo pieghevole che accompagna un volume dal medesimo titolo (I diritti del bambino adottato).

L’Anfaa – Associazione nazionale delle famiglie adottive e affidatarie – invita la Provincia a non diffondere ulteriormente questa Carta dei diritti e ne chiede il ritiro, perché in essa si forniscono informazioni fuorvianti e inadeguate sull’adozione (e sull’affido).

L’opuscolo – realizzato, come il volume cui si accompagna, dalla Direzione di progetto diritti, tutele e cittadinanze sociali della Provincia – vorrebbe tradurre in dieci punti i bisogni e le aspettative dei bambini adottati, per “favorire – sono parole della stessa Carta – la riflessione degli adulti”. Purtroppo, la riflessione è mancata agli autori.

I primi tre punti della Carta, infatti, sono dedicati al diritto dei bambini di crescere nella propria famiglia, che deve essere aiutata se non “ce la fa” a crescere i figli. Questi ci sembrano diritti di tutti i bambini, adottati e no Se una famiglia è in difficoltà le deve essere riconosciuto il diritto a aiuti e sostegni da parte delle istituzioni. L’aiuto alle famiglie e al bambino può essere concretizzato anche ricorrendo all’affidamento familiare: in esso è previsto che i genitori si mantengano in contatto con chi accoglie il bambino e che la famiglia affidataria diventi una famiglia “in più” per il bambino. Una distinzione che, pur molto chiara fin dalle norme dei primi anni Ottanta, deve essere sfuggita agli estensori della Carta.

Un bambino viene dichiarato adottabile (gli estensori della Carta dovrebbero saperlo) quando ne è stata accertata la mancanza di assistenza materiale e morale da parte dei genitori biologici e dei loro parenti. In Italia, questo accertamento prevede fino a tre gradi di giudizio. Non è quindi un capriccio dei giudici né un atto di prevaricazione della famiglia adottiva.

Dal momento in cui viene dichiarata l’adozione, la famiglia adottiva del bambino diventa quindi la sua vera e unica famiglia.

I quattro punti successivi rammentano agli operatori l’importanza di preparare il bambino adottabile ai cambiamenti e ricordano ai genitori adottivi la delicatezza dell’inserimento nella famiglia. L’ampio spazio dedicato a questi aspetti – ben noti sia ai genitori adottivi sia a quelli affidatari – fa sorgere il sospetto che per gli autori della Carta l’adozione (o l’affido, ma la Carta stessa sembra non distinguere perfettamente) sia un atto, alla fin fine, compiuto con superficialità se non addirittura con violenza. E non il gesto di disponibilità e di amore che invece è.

I punti 8 e 9 ci appaiono come gli unici condivisibili, poiché richiamano l’attenzione sull’aiuto che spetta ai genitori adottivi nella società e al loro bambino nell’ambiente scolastico. Purtroppo nulla si dice del supporto necessario per garantire il diritto ad essere adottati anche a bambini portatori di handicap, malati o soltanto più grandicelli, né della necessità che il sostegno genericamente previsto dalla legge 149/2001 proprio per queste adozioni, si tramuti finalmente in un diritto realmente esigibile.

Il punto 10 è del tutto fuorviante. Viene dichiarato il diritto del bambino di incontrarsi con i suoi familiari, ma in ciò vi è un evidente errore di forma: un figlio adottato si incontra quotidianamente con i suoi familiari, che sono, non solo per la legge, ma per i sentimenti e per l’amore che legano tutti i figli ai loro genitori, quelli adottivi. I veri genitori e la vera famiglia, con la sua rete di parentela, sono quelli adottivi. Quanto al poter conoscere “i genitori che mi hanno fatto nascere” con cui si prosegue al punto 10, giova ricordare che questo non è previsto dalla nostra legge come un diritto. È una possibilità ammessa al compimento dei 25 anni (solo in casi eccezionali dopo i 18 anni) per alcuni figli adottivi, a esclusione di quelli non riconosciuti alla nascita. Questo perché il legislatore prima e la Corte costituzionale poi hanno ritenuto fosse prioritario il diritto della partoriente che decide di non riconoscere il proprio nato: la scelta di non riconoscere un bambino come figlio, nella consapevolezza di non poterlo crescere, è una scelta di responsabilità, che garantisce il diritto alla vita e a crescere in una famiglia per il neonato. Ed è una scelta che va rispettata e tutelata.

La famiglia adottiva per il bambino è – e come tale deve essere riconosciuta da tutta la comunità – semplicemente la sua famiglia. Vera, completa, senza aggettivi. Non un luogo di transito provvisorio verso l’età adulta.

CARTA DEI DIRITTI DEL BAMBINO ADOTTATO

1. Ho diritto a crescere sicuro e protetto nella mia famiglia.

2. I miei genitori devono essere aiutati se sono in difficoltà.

Se non ce la fanno a crescermi, io ho diritto a vivere la mia vita con genitori adottivi.

3. Ho diritto ad essere ascoltato, capito e aiutato da adulti capaci di cercare i genitori giusti per me, prima di tutto nel mio Paese.

4. Ho diritto a vivere in un posto sicuro e ad essere preparato ai cambiamenti, pochi e solo se necessari. Tutti devono tener conto delle emozioni e dei pensieri che esprimo, e devono spiegarmi con parole chiare cosa mi sta succedendo.

5. Ho diritto ad avere un tempo giusto per lasciare le persone che conosco e per fidarmi dei nuovi genitori.

6. Ho diritto a tenere il mio nome, a conoscere la verità sulla mia storia e sull’adozione, ad essere aiutato a stare con gli altri.

7. Ho diritto ad avere nuovi genitori preparati ad amarmi e a crescermi come figlio, nato da altri genitori e arrivato da lontano. La mia nuova famiglia deve essere capace di ascoltarmi e curarmi. Insieme costruiremo la nostra storia.

8. La nostra famiglia adottiva deve essere aiutata nella nuova vita ed essere accettata e accolta da tutti.

9. A scuola tutti dovranno rispettare la mia storia e darmi il tempo che mi serve per crescere e per imparare.

10. Posso continuare a incontrarmi con i miei familiari se ne ho bisogno e se anche loro sono d’accordo. Quando sarò grande potrò chiedere di sapere chi sono i genitori che mi hanno fatto nascere.

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