Riportiamo qui di seguito la lettera del 21 novembre 2007, indirizzata al Presidente della Giunta, del Consiglio regionale, all’Assessore alla famiglia e alla solidarietà sociale e ai componenti la terza commissione Sanità e Assistenza della Regione Lombardia a firma dei Presidenti della Sezione Lombarda, di Como e di Monza-Brianza in merito al sostegno delle adozioni difficili. Riportiamo anche il testo della risoluzione approvata il 27 giugno 2008 dal Consiglio regionale lombardo, su proposta della Terza commissione che ha fatto seguito alle nostre numerose sollecitazioni.
Oggetto: richiesta alla Regione Lombardia di sostegno delle adozioni “difficili”.
Intendiamo richiamare la Vostra attenzione sull’urgenza e la necessità di un intervento legislativo della Regione Lombardia, che stabilisca e sostenga l’obbligatorietà da parte dei comuni singoli o associati dell’erogazione di interventi , anche economici, di aiuto e di supporto alle famiglie che hanno adottato o danno la disponibilità ad adottare minori ultradodicenni o con handicap accertato, nati in Italia o provenienti da altri Paesi.
Com’è noto, il comma 8 dell’’art. 6 della legge 149/2001 recita: «Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, lo Stato, le Regioni e gli enti locali possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di diciotto anni degli adottati» e quindi purtroppo non impegna le istituzioni a fornire gli aiuti previsti in quanto gli stessi sono subordinati alle «disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci».
Tutti i bambini hanno diritto a essere amati e accuditi per poter crescere, e questo vale anche e soprattutto per i minori disabili o dichiarati adottabili già grandi….
Le esperienze dei genitori adottivi di questi bambini ci hanno insegnato che bisogna superare il pregiudizio che porta a definire un bambino “incurabile” in base al quale si stabilisce un limite di tempo oltre cui non sarebbe più possibile ottenere risultati positivi. Uno degli stereotipi da combattere è l’eterno ritornello “a questo punto, per lui, non c’è più nulla da fare”. Non esiste nessun limite se non nell’idea di chi non sa come affrontare i problemi o di chi crede di non poter fare di più.
Non vogliamo certamente negare né l’esistenza di limiti oggettivi nello sviluppo di determinati bambini né le difficoltà conseguenti: intendiamo piuttosto affermare che qualcosa si può sempre fare per spostare tali limiti, ma che questo è possibile farlo solo se i bambini possono essere inseriti in un ambiente normale, familiare, che li stimoli, li affianchi, regali loro il calore necessario perché si possa mettere in moto la voglia di provare.
Per questi bambini non sempre è facile trovare famiglie disponibili ad accoglierli, anche a causa dello scarso impegno da parte delle istituzioni a cercare. Informare preparare e soprattutto sostenere queste famiglie
Noi riteniamo infatti che le famiglie che adottano questi bambini non debbano essere abbandonate a loro stesse e che la loro disponibilità all’accoglienza debba essere accompagnata e sostenuta da tutta la società civile, e, in primo luogo, dalle istituzioni.
A questo proposito, riportiamo quanto affermato da Giulia de Marco, già Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino nella sua relazione di apertura della sessione “La Famiglia che accoglie” all’interno della Conferenza della Famiglia promossa dal Ministro per la Famiglia nel maggio scorso a Firenze. Nel segnalare la difficoltà a trovare famiglie che adottino bambini portatori di handicap e grandicelli, Giulia De Marco ha sottolineato come sia “necessario certamente sensibilizzare maggiormente le famiglie che aspirano all’adozione verso i bisogni di questi bambini “, ma che nel contempo “non si può prescindere dal dato di realtà costituito dal maggiore impegno che essi richiedono. Vanno quindi previste per le famiglie che danno la loro disponibilità alla loro adozione specifiche forme di sostegno fino alla maggiore età, sia di carattere economico che in termini di servizi. L’art. 6 della legge n. 149/01 lo prevede come possibilità; io penso che debba diventare un obbligo (…) Se ripetiamo a noi stessi e agli altri che la genitorialità adottiva è diversa da quella biologica, se pensiamo e crediamo nella necessità di una giusta motivazione, di un’adeguata preparazione prima e di un sostegno per il post l’adozione, non dobbiamo aver paura di richiedere per le adozioni difficili interventi di aiuto a lungo termine. Non si tratta di privilegiare le famiglie adottive; si tratta di consentire a bambini particolarmente sfortunati di essere accolti in una famiglia che va sostenuta nella sua scelta di generosità».
La mancanza di un sostegno attivo da parte delle istituzioni è, a nostro avviso, uno, se non il principale, motivo per cui tanti bambini con handicap, malati o grandicelli – dichiarati adottabili – non trovano una famiglia che li accolga. Una legge della Regione Lombardia , che renda questo sostegno obbligatorio consentirebbe di dare una famiglia adottiva anche ai bambini, ai quali, per la complessità e/ o gravità delle loro condizioni, è ancora negato il diritto ad avere una famiglia.
Segnaliamo a titolo esemplificativo che la Regione Piemonte è l’unica che abbia assunto provvedimenti per rendere queste disposizioni un diritto realmente esigibile, erogando attraverso gli enti gestori degli interventi assistenziali, un contributo spese equiparato alla pensione minima INPS a favore dei genitori adottivi di minori sopra i 12 anni o con handicap accertato, sino alla maggiore età. Analogo contributo, a nostro avviso, dovrebbe essere previsto anche per i genitori di bambini con handicap grave accertato che provvedono direttamente alla cura dei propri figli.
RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE
Il Consiglio Regionale della Lombardia
VISTA la l. r. 23/1999 “Politiche regionali per la famiglia”.
VISTO l’art. 6 della legge n. 149 del 2001, che prevede nel caso di adozione di minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato che lo Stato, le regioni, e gli enti locali possano intervenire nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie con specifiche misure di carattere economico di aiuto alle famiglie fino alla maggiore età degli adottati;
PREMESSO che con la l.r. 34/2004 “Politiche regionali per i minori” all’art. 1. (Principi e finalità) si stabilisce che la Regione adotta ogni azione idonea ad assicurare il diritto del minore a crescere ed essere educato nella famiglia, luogo naturale per il suo sviluppo ed il suo benessere;
VISTO il piano socio sanitario 2007-2009 approvato con DCR 257 del 26-10-2006 che prevede lo sviluppo e la riqualificazione dell’istituto dell’affidamento familiare attraverso la definizione di specifiche linee guida e protocolli operativi, nonché l’implementazione delle comunità familiari e la sperimentazione di interventi innovativi per incentivare l’accoglienza familiare;
VISTA altresì la DCR 28 febbraio 2008, n. VIII/0539 che invita la Giunta regionale “ad operare affinché siano potenziate le unità di offerta rivolte a sostenere la famiglia di origine e, ove non sia possibile, promuovere l’affidamento familiare o l’adozione del minore, aiutando in particolare le famiglie che accolgono adolescenti o minori con disabilità”;
CONSIDERATO che nell’audizione della III commissione del 6 marzo 2008 un’associazione del settore evidenziava che tutti i bambini hanno diritto ad essere amati ed accuditi per poter crescere, anche i minori disabili o dichiarati adottabili già grandi; evidenziava anche che questi hanno invece difficoltà a trovare una famiglia che li accolga e che le famiglie che adottano questi bambini non devono essere abbandonate.
RILEVATO che le associazioni del settore chiedono alle istituzioni un sostegno attivo alle famiglie che adottano minori con handicap o già grandi, sottolineando la necessità di un intervento legislativo e finanziario della Regione che fornisca ai comuni singoli o associati le risorse necessarie all’erogazione di interventi, anche economici, di aiuto e supporto alle famiglie cha danno la loro disponibilità a questo tipo di adozioni “difficili”;
VALUTATA la necessità di intervenire, per dare sostegno concreto al diritto dei minori con difficoltà, a crescere ed essere educati in famiglia, come previsto dalla l. r. 34/2004;
impegna la Giunta regionale
1. a elaborare proposte di intervento, anche di tipo legislativo, a sostegno delle famiglie che adottano minori con handicap o già grandi, che prevedano il coinvolgimento degli enti locali;
2. a riferire alla III° commissione le proposte così delineate.
Sezione Lombarda
PROTOCOLLO TRA IL COMUNE DI MILANO E ASSOCIAZIONI/COOPERATIVE DEL PRIVATO SOCIALE
Nel settembre 2007 la Sezione Lombarda dell’Anfaa ha firmato un Protocollo con il Comune di Milano, per la realizzazione di un programma di sensibilizzazione sull’intervento dell’affidamento familiare nella città, in collaborazione con il Servizio Affidi.
Il programma che abbiamo elaborato comprende:
• Corsi di aggiornamento nelle scuole rivolti alle insegnanti con il tema “Affidamento familiare: parliamone a scuola e in famiglia”.
In particolare ci siamo incontrati con le insegnanti della scuola di Via Mantegna in quattro pomeriggi.
La risposta da parte delle insegnanti è stata molto interessante , ogni incontro ha permesso di dare voce ai loro dubbi, alle loro perplessità su come affrontare questi argomenti in classe, quando ci sono bambini con storie difficili e complesse alle spalle e con famiglie problematiche che vivono un profondo disagio.
I laboratori che sono seguiti in maggio, dai titoli “Vivere è abitare nel cuore di qualcuno” e “Il racconto della storia personale: dare voce ai propri ricordi”, hanno permesso di proporre percorsi didattici in classe, che facciano comprendere il diritto universale di tutti i minori ad avere una famiglia, che accrescano le consapevolezze e la sensibilità delle insegnanti su questi temi e abbiano la finalità di suggerire alle insegnanti percorsi diversi per accogliere le storie diverse di ogni bambino.
• Nella Scuola De Nicola il programma, su richiesta degli insegnanti, ha subito alcune variazioni e ha messo al centro la costruzione di una relazione positiva tra insegnanti e alunni, ponendo l’accento sull’affido e sull’adozione. La risposta dei docenti è stata ottima, tra i presenti numerose erano le studentesse della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria dell’Università Cattolica: questo ci darà l’occasione di portare questi temi all’interno della stessa Università. Dopo il Corso sono seguiti due Laboratori Didattici.
Al termine di entrambi i Corsi abbiamo proposto alle Scuole un incontro con i genitori per illustrare il percorso fatto con le insegnanti dei loro figli.
• “Crescere con due famiglie”
Nel Piano di Lavoro erano comprese anche altre iniziative attivate presso alcune Parrocchie del Decanato di Porta Romana.
Il Protocollo che il Comune ha proposto alle Associazioni di famiglie e alle Cooperative operanti sul territorio della città di Milano e il contributo che ci hanno assegnato, ci ha permesso di finanziare iniziative di sensibilizzazione sull’affidamento familiare.
L’impressione che abbiamo ricavato dall’ultimo incontro e dalle relazioni delle altre associazioni è che purtroppo da tempo è venuta a mancare a Milano un’attenzione forte sull’intervento dell’affido. Si è perso quel tessuto di solidarietà e di accoglienza che permette alle famiglie di aprirsi all’accoglienza, se ne è parlato sempre meno, si è investito poco anche economicamente.
L’accordo di collaborazione, che questo Protocollo prevede, tra Ente Pubblico e Associazioni di famiglie permetterà di rilanciare questo intervento e consentirà ai minori, che attualmente il Servizio Affidi colloca nelle Comunità, di trovare una famiglia, almeno questo è il nostro obiettivo.