Sentenza della Corte di Cassazione sui requisiti per la dichiarazione dello stato di adottabilità
Con sentenza n.17298 del 23 novembre 2003 la Corte di Cassazione ha stabilito alcuni importanti principi interpretativi della legge 184/1983 concernente l’adozione.
In primo logo ha rilevato che l’articolo 1 della legge suddetta “sancisce il diritto del minore ad essere allevato ed educato nell’ambito della propria famiglia naturale, sicché l’adozione deve essere considerata quale un rimedio da applicarsi in casi estremi, nella ipotesi in cui la famiglia d’origine non sia in grado, per motivi non transitori, di occuparsi attivamente del minore, sempre che il ricorso ad altri istituti previsti a tutela del minore stesso non abbiano prodotto risultati positivi”.
Ne consegue che “il diritto del minore a vivere nella famiglia naturale non può quindi essere sacrificato, nell’ipotesi di parziale inadeguatezza di questa, al fine di perseguire l’inserimento del ragazzo nella miglior famiglia possibile”.
Difatti, prosegue la sentenza “ciò che può giustificare l’adozione è, quindi, solo lo stato di abbandono del minore, da intendersi come assenza di una concreta assistenza materiale emorale del medesimo”.
Al riguardo, la Corte di Cassazione rileva che “in punto di diritto, sussiste stato di abbandono non solo nell’ipotesi in cui la famiglia naturale non voglia o non possa occuparsi del minore, ma anche ogni qualvolta il minore nell’ambito della famiglia naturale non possa ricevere quel minimo di cure morali e materiali necessarie per il suo sviluppo armonico e sereno, sicchè l’adozione non può essere disposta quando, nonostante la famiglia d’origine sia problematica, tuttavia il minore non corre rischio di danno morale o materiale. Il discrimine fra il mantenimento dei rapporti con la famiglia naturale e l’interruzione di tali rapporti, con conseguente adozione del minore, è dato dal danno reale o potenziale che lo stesso subisca o possa subire continuando a vivere nella famiglia d’origine”.
(tratto da “Prospettive Assistenziali” n. 148)
Messaggio per la 27° Giornata per la vita – 6 febbraio 2005
Il Messaggio per la 27^ Giornata per la vita, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 20-23 settembre 2004, intende richiamare l’attenzione sulla necessità di riconoscere il valore della vita umana propria e altrui.
In tale messaggio, dopo un rapido richiamo alla diffusa cultura dell’individualismo che soffoca l’indispensabile contesto necessario all’accoglienza e all’apprezzamento della vita, si prospettano situazioni che chiamano in causa l’atteggiamento di fiducia nella vita e si parla dell’affido e dell’adozione con particolare riferimento all’importanza di tali strumenti a pochi mesi (22) dalla scadenza sancita dalla Legge 149/2001 per il superamento degli istituti.
Il Consiglio Episcopale Permanente, per quanto riguarda l’affidamento e l’adozione dice testualmente:
“Ci sono poi molti bambini e ragazzi che trascorrono la loro infanzia in un istituto, perché i loro genitori li hanno abbandonati o per i più svariati motivi non sono in grado di tenerli con sé. Il loro futuro è incerto e insicuro, perché tra pochi mesi questi istituti saranno definitivamente chiusi. Si aprirà così per le famiglie italiane – sia per quelle che godono già del dono di figli propri, sia per quelle che vivono la grande sofferenza della sterilità biologica – una grande opportunità per dilatare la loro fecondità attraverso l’adozione o l’affido temporaneo.
Se una famiglia si dimostra disponibile, non va lasciata sola. Deve avvertire attorno a sé una rete di solidarietà concreta, fatta non solo di complimenti ed esortazioni, ma di tante forme di aiuto e di solidarietà. E chi si rende disponibile per l’adozione o l’affido, deve sentirsi parte di un’avventura collettiva, in cui gli altri ci sono, vivi e presenti.”
Visto il richiamo all’importanza dell’affidamento e dell’adozione per il superamento del ricovero dei bambini e ragazzi in istituto, ci sembra interessante ricordare le istruzioni date da San Annibale Maria di Francia (fondatore dei Padri Rogazionisti e degli orfanotrofi antoniani) ai suoi sacerdoti negli anni 1910 e seguenti di cui riportiamo uno stralcio: “Nel campo educativo l’orfanotrofio è sempre un surrogato della famiglia: Quando il ricovero di un minore si rende necessario solo per la mancanza di mezzi materiali indispensabili al suo sostentamento ed alla sua buona formazione, in questo caso è preferibile farlo rimanere fuori dell’istituto, tra i suoi familiari, fornendo loro un aiuto finanziario. Infatti l’affetto familiare è insostituibile ed è il più indicato per l’educazione. L’istituto, per quanto potrà essere ottimo e attrezzato da tutti i punti di vista, avrà sempre, più o meno, i suoi lati negativi … per la separazione pratica dalla vita sociale …”
In quegli anni l’affidamento familiare non esisteva ancora, altrimenti San Annibale Maria di Francia ne sarebbe stato un sostenitore.
Giovanni Battista Minuto
Vice Presidente ANFAA
Sosteniamo l’accoglienza dei piccoli rimasti soli, per quanto possibile, nelle famiglie del loro Paese.
Riportiamo il Comunicato Stampa emesso in merito alle recenti calamità naturali nel Sud-Est Asiatico.
In merito alle drammatiche condizioni in cui versano le popolazioni, e soprattutto i bambini, colpite dalla tragedia dello Tsumani, l’Anfaa concorda con le O.N.G. e le associazioni italiane operanti in quei Paesi nell’affermare l’opportunità di non procedere, nell’immediato, non solo ad adozioni internazionali ma anche a spostamenti temporanei di questi bambini.
Non è pertanto condivisibile la proposta avanzata dal vice-presidente della Commissione Europea Franco Frattini di offrire asilo temporaneo in Europa ai bambini del sud-est asiatico rimasti soli.
Le azioni che le Istituzioni e la società civile dovrebbero proporre e sostenere sono quelle dirette a garantire attenzioni e cure il più possibile personalizzate “nel paese” di quei bimbi, favorendo il ricongiungimento con i loro parenti e amici, adoperandosi per sostenere quelle persone e famiglie che – da subito e pur nella drammaticità della situazione – si sono spontaneamente fatte carico di questi bambini e per promuovere adozioni e affidamenti da parte di famiglie locali.
Ogni sforzo dovrà essere fatto per contrastare ogni possibilità di traffico di minori.
La possibilità futura di adozioni internazionali potrà – e dovrà – essere presa in considerazione in un secondo tempo e solo per quei casi di cui sia stato accertato, dalle autorità competenti, l’effettivo stato di adottabilità e per i quali si sia verificata l’impossibilità di trovare – in tempi ragionevoli – una famiglia “locale’ che li accolga coerentemente con i principi della Convenzione de l’Aja.
Non deve poi più ripetersi quanto successo anni fa con i piccoli provenienti dal Ruanda e dalla ex Yugoslavia (allora in guerra) portati in Italia dalla CRI e da organizzazioni umanitarie e collocati per anni in istituto.
Sull’onda dell’emotività non deve essere neppure proposta o sostenuta la costruzione di istituti in quei Paesi: il diritto a crescere in una famiglia è un diritto di tutti i bambini e soprattutto per quelli che hanno già subito gravi traumi.
Donata Micucci – Presidente Nazionale Anfaa
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