Praga, 2-7 novembre 2004
Al convegno organizzato dalla IFCO, International Foster Care Organisation, tenutosi a Praga nella prima settimana di novembre, hanno preso parte rappresentanti di 36 paesi di tutto il mondo (fra cui 17 membri dell’IFCO). In rappresentanza dell’ANFAA erano presenti Giovanni e Giovanna Minuto, Beppe e Ilaria Citti.
L’evento è stato inaugurato con i saluti del presidente IFCO, Chris Gardiner, e con un discorso del sindaco di Praga, dott. Pavel Bem, neuropsichiatra, il quale ha ricordato ai presenti che per crescere in modo sano è indispensabile l’amore. Una crescita sana previene non soltanto patologie del singolo individuo, ma anche della società, per cui nessun bambino deve essere dimenticato.
Alla cerimonia inaugurale erano presenti anche altre “autorità” locali, che hanno dato il benvenuto ai partecipanti.
Il giorno successivo, prima di entrare nel vivo degli interventi, è stato proiettato il film del dott. Jiri Dunovsky “Children without love”. Si tratta di un cortometraggio girato nel 1963 (a suo tempo bandito dal regime comunista, che cercava in ogni modo di incoraggiare le famiglie povere alla cosiddetta “educazione collettiva” dei figli – ossia l’istituzionalizzazione) che presenta le varie fasi di crescita di bambini che vivevano in un sereno contesto familiare, contrapposte a quelle di altri bambini che invece vivevano in istituto. Già da allora erano evidenti i disagi e i ritardi di questi ultimi, attribuibili alla “deprivazione psicologica”.
Nei giorni seguenti si sono susseguite sedute plenarie e workshop, mentre l’ultimo giorno ci sono state – prima delle conclusioni – le testimonianze di ragazzi affidati, come sempre molto toccanti.
Fra le cose che abbiamo seguito (ogni volta si svolgevano in contemporanea almeno 4 o 5 workshop) ricordiamo quelle che ci hanno colpito maggiormente (a volte anche negativamente!).
– Gruppo di lavoro tenuto da Cora White, americana: una sessione di formazione per gli affidatari di ragazzi adolescenti, tenuta con brainstorming e giochi di ruolo.
– Quality for Children: un progetto europeo presentato da IFCO, FICE e Villaggi SOS. Si tratta di un progetto attraverso il quale si vorrebbero garantire e migliorare le possibilità di crescita dei minori che vivono al di fuori delle proprie famiglie di origine (in case famiglia, o comunità alloggio), sulla base della CRC (Convenzione ONU dei diritti del fanciullo). Ricerca di buone prassi in 32 paesi d’Europa. (La sensazione è che si cerchi la qualità delle “strutture” che accolgono, non dei “modi” di accogliere).
– Presentazione di un modello di “decision making”/”problem solving” (cioè di un metodo per provare a risolvere un problema) da applicare nelle situazioni di disagio familiare. Si tratta della “Family Group Conference”, presentata dall’olandese Rob Van Pagee. Il metodo si basa sul concetto di non cercare di ignorare i problemi che ci possono essere in una famiglia, ma di affrontarli in prima persona, con il supporto e il contributo dei parenti e degli amici (“allargare il cerchio”), con l’aiuto di un facilitatore (di solito un operatore sociale). Il gruppo familiare allargato si riunisce, viene discusso il problema e successivamente il nucleo familiare “ristretto” viene lasciato da solo per riflettere su una possibile soluzione, poi presentata al gruppo allargato, che “formalmente” deve dare il proprio assenso al progetto. Si ritiene che grazie a questo sistema le famiglie prendano coscienza delle difficoltà, ma soprattutto siano protagoniste delle possibili soluzioni. Si ritiene anche che questo metodo possa avere particolare efficacia quando si devono prendere decisioni sui minori.
In Nuova Zelanda questo strumento è previsto per legge dal 1989 e si sta diffondendo anche in molti paesi europei.
– Presentazione delle attuali situazioni dei minori ricoverati in istituto e politiche volte alla deistituzionalizzazione nei seguenti paesi: Repubblica Ceca, Romania (si rifà al sistema francese del “maternage”), Bulgaria, Ucraina, Moldavia, Kosovo, Kyrgyztan, Georgia.
In alcuni di questi paesi, le ONG dell’Europa Occidentale (ad esempio Every Child) finanziano e sostengono progetti di inserimento dei minori in famiglie affidatarie, collaborando con le istituzioni locali preposte alle politiche familiari e dei minori. Emerge che il modello familiare proposto nella maggior parte dei casi è quello monoparentale (generalmente il genitore è una donna).
La relatrice della Romania ha affermato anche che è stato molto “frustrante” vedere che, mentre il paese stava riorganizzando le politiche familiari per fare in modo che i bambini restassero in famiglie del proprio paese, il resto dell’Europa l’abbia accusato di voler chiudere le adozioni internazionali.
– Presentazione della situazione brasiliana e argentina da parte della psicologa M. Matilde Luna. In America Latina non esistono leggi specifiche sull’affidamento, ma ci si rifà alla CRC e al Codice Civile. La realtà locale, con enormi contrasti fra povertà e ricchezza, fatica a trovare alternative alla famiglia di origine, ma anche qui si stanno cercando nuovi “modelli” di accoglienza. Di nuovo emerge che sono prevalentemente donne “single” ad occuparsi dei minori di altre famiglie. Sono inoltre le famiglie dei ceti più alti che possono “permettersi” l’accoglienza di un figlio non proprio.
– Nella giornata conclusiva, interessante l’immagine che ha dato Bep van Sloten della famiglia “accogliente”: una cornice di puzzle, a cui si possono attaccare elementi sia esternamente che internamente, ma che comunque resta stabile e ben circoscritta.
– Una iniziativa interessante è stata presentata, sempre l’ultimo giorno, da una famiglia affidataria di Praga (che ha fondato una ONG). Dopo varie esperienze di affidamento, concluse in vari modi, la famiglia si è attivata per acquistare degli immobili da ristrutturare. Fisicamente lavoravano alla ristrutturazione delle case i ragazzi che le avrebbero abitate: sia i figli (affidati e non) della famiglia, che altri ragazzi in difficoltà a cui viene offerta la possibilità di cominciare una vita indipendente, in un posto “protetto”.
– Un punto rilevante emerso è che, nei paesi presenti al convegno, l’affidamento eterofamiliare (che generalmente è “retribuito”) prevede una formazione degli affidatari ben strutturata. Dagli Stati Uniti è stato “importato” in Europa un programma detto PRIDE (Parents Resource for Information, Development and Education), che viene usato soprattutto nei paesi scandinavi e del Nord Europa (Belgio, Olanda), talvolta anche per la preparazione degli aspiranti genitori adottivi. Le famiglie decidono insieme ai formatori se ritengono di essere pronte ad accogliere un figlio nel proprio nucleo, dopo aver preso parte a questa formazione di gruppo (che prevede 10 sessioni di 3 ore – di cui una è un primo incontro conoscitivo – ed alcune visite domiciliari). La formazione è condotta sempre da due persone: un operatore (assistente sociale o psicologo) e un genitore adottivo e/o affidatario. L’elemento fondamentale del training è lo sviluppo di competenze ed è su queste che, alla fine degli incontri, vengono valutate le persone. Il corso prevede l’analisi di molti casi pratici attraverso varie tecniche, fra cui il “role playing”, utile per imparare anche a livello emotivo dalle varie situazioni (non solo accogliere nella propria famiglia, ma anche entrare in una famiglia “sconosciuta”).
L’ANFAA e il suo ruolo nel quadro della legislazione italiana, con una breve panoramica sulla situazione degli affidamenti in base ai dati (purtroppo non aggiornati) forniti dalla documentazione dell’Istituto Innocenti, sono stati presentati, l’ultimo giorno, nell’ambito di un workshop a cui ha partecipato una ventina di persone e durante il quale abbiamo proiettato una serie di diapositive.
Nel corso del convegno era prevista anche la visita ad un istituto per minori di Praga. Per motivi non ben chiariti, pur avendo prenotato dall’Italia, non abbiamo potuto partecipare.
Alcuni membri dell’IFCO (Laura Ruaro, Bep Van Sloten) hanno apprezzato molto la presenza dell’Italia al convegno, perché l’associazione ha pochi contatti con i paesi “mediterranei”, e confidano in una futura collaborazione con l’ANFAA.
a cura di Ilaria Panuccio
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