Comunicato inviato a La Stampa  il 20-1-2013

I mezzi di informazione hanno riferito nei giorni scorsi di un neonato ritrovato, fortunatamente ancora vivo, nel cassonetto delle immondizie a Bologna. Tutti noi ci siamo giustamente indignati e preoccupati per questo fatto. Dobbiamo ora però anche chiederci: quella partoriente disperata potevano essere aiutata? Sapeva di poter mettere al mondo il piccolo in ospedale usufruendo della dovuta assistenza sanitaria e in assoluto segreto? Su quali sostegni dopo il parto avrebbe potuto contare? Come mai ancora una volta, i mezzi di informazione oltre a stigmatizzare severamente e giustamente l’accaduto non hanno ricordato la possibilità che ogni donna ha – compreso quelle sposate e le extracomunitarie senza permesso di soggiorno – di partorire in ospedale con la garanzia dell’assoluto anonimato?

Voglio ricordare, infatti, che le donne che non intendono riconoscere il proprio nato hanno diritto di partorire in assoluta segretezza negli Ospedali e nelle altre strutture sanitarie e di essere, quindi, seguite dal punto di vista medico-infermieristico come tutte le altre  partorienti assicurando, anche al neonato, le cure di cui necessita. Nel caso in cui non sia stato effettuato il riconoscimento, l’atto di nascita del bambino è redatto con la dizione “nato da donna che non consente di essere nominata” e l’ufficiale di stato civile, dopo aver attribuito un nome e un cognome, procede entro dieci giorni alla segnalazione al Tribunale per i Minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983. In tal modo a pochi giorni dalla nascita, il piccolo viene inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale fra quelle che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale stesso: sono circa 500 all’anno i neonati non riconosciuti che ,grazie a queste disposizioni, vengono adottati.

Di fronte a casi drammatici , quali quello avvenuto nei giorni scorsi a Bologna, spesso vengono proposte iniziative quali quelle delle culle/ruote termiche presso ospedali: iniziative come queste non solo sono totalmente inefficaci a realizzare l’obiettivo che i suoi promotori si prefiggono (nessun neonato è stato fino ad ora deposto, subito dopo il parto nelle culle-ruota già attive), ma rischiano di incentivare i parti “fai da te” in ambienti inidonei privi della più elementare assistenza sanitaria con gravi pericoli per la salute e la sopravvivenza stessa della donna e del neonato, oltre a deresponsabilizzare le istituzioni nei confronti dei loro obblighi. Oltre alla garanzia del diritto al parto in segreto, infatti, la legge 2838/1928, richiamata dalla legge sulla riforma dell’assistenza n.328/2000, obbliga le Province – a meno che la legislazione regionale abbia attribuito detti compiti ad altri organismi – ad assistere gratuitamente non solo le gestanti in condizioni di disagio personale, sociale ed economico, comprese quelle che vivono clandestinamente nel nostro paese, ma anche i loro nati riconosciuti o non riconosciuti.

Occorre quindi che le istituzioni, in ottemperanza della normativa vigente, garantiscano il sostegno di personale preparato (psicologo, assistenti sociali, educatori, ecc,) che aiuti la gestante prima, durante e dopo il parto, la accompagni a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il bambino e la sostenga fino a quando è in grado di provvedere autonomamente a se stessa e, se ha riconosciuto il bambino, al proprio figlio. La donna in difficoltà ha diritto a non essere lasciata sola né prima, né durante, né dopo il parto. Spesso l’intervento assistenziale di supporto è necessario anche per le gestanti e madri coniugate con situazioni personali e familiari difficili.

La Regione Piemonte, anche dietro forte sollecitazione da parte del Coordinamento Sanità-Assistenza di Torino (coordinamento di cui fa parte l’Anfaa) ha trasferito dalle otto Province piemontesi a quattro istituzioni (Comuni di Torino e di Novara, Consorzi dei servizi socioassistenziali dell’alessandrino e del cuneese) le funzioni relative alle gestanti e alle madri (comprese quelle prive del permesso di soggiorno), nonché ai minori con legge n.16/2006, perfezionata con le disposizioni contenute nella delibera 22-4914 del 18 dicembre 2006.

Mi auguro che La Stampa voglia dare ampia diffusione a queste informazioni . Grata per la pubblicazione della presente, sono a disposizione per ogni ulteriore chiarimento o approfondimento.

Con l’occasione unisco anche una breve scheda giuridica. Con i migliori saluti.

Donata Nova Micucci, Presidente Anfaa

Torino, 20 gennaio 2013

Il comunicato comprensivo della scheda giuridica è scaricabile qui:  nota Anfaa su neonato trovato nel cassonetto 

Da scaricare inoltre il bell’articolo Il pianto di quella piccola di Luigi Fadiga.

Il comunicato stampa  è stato di nuovo inviato a La Stampa/Novara in relazione al caso del neonato ritrovato (questa volta purtroppo morto) a Novara il 12-4-2013; qui gli articoli apparsi  su La StampaNovara 14-4-13 .  Massimo Gramellini ha dedicato alla vicenda un articolo (La Stampa dell’11 maggio) che potrete leggere cliccando su Gabriele Francesco il nome che è stato dato allo sfortunato piccolo.

Potete leggere inoltre Una lapide per il piccolo Gabriele Francesco  posta nel luogo in cui è stato ritrovato il bimbo.