CSA – Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base
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Funziona ininterrottamente dal 1970 C.F. 97560130011
– Egr. On. Luisa Bossa, Delia Murer, Ileana Argentin e Daniela Sbrollini
(proposta di legge n. 784)
– Egr. On.li Michela Marzano, Chiara Gribaudo, Giuseppe Guerini, Lorenzo Guerini, Mauro Guerra, Maria Iacono, Vanna Iori, Francesco Laforgia, Simona Flavia Malpezzi, Giovanna Martelli, Pierdomenico Martino, Alessia Morani, Edoardo Nesi, Valentina Paris, Luca Pastorino, Alessia Rotta, Simonetta Rubinato, Veronica Tentori, Irene Tinagli (proposta di legge n. 1874)
OGGETTO: Richiesta di ritiro urgente delle proposte di legge n. 784 e 1874, la cui approvazione provocherebbe conseguenze nefaste a numerose persone, soprattutto donne.
Il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) al quale aderiscono le organizzazioni sotto elencate, e la Fondazione promozione sociale onlus che operano ininterrottamente, rispettivamente dal 1970 e dal 2003, per la tutela delle esigenze e dei diritti delle persone non in grado di autodifendersi (bambini privi di adeguato sostegno familiare, soggetti con handicap intellettivo in situazione di gravità, anziani malati cronici non autosufficienti, persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenze senile, ecc.) chiedono alle S.V. di voler ritirare con la massima urgenza le proposte di legge n. 784 e 1874 per i seguenti motivi:
1. lo Stato non può rinnegare il solenne impegno assunto con varie leggi nelle quali ha precisato che le generalità delle donne che non avevano riconosciuto i loro nati potevano essere segnalate solo dopo cento anni e soltanto «a chi vi abbia interesse» (articolo 93, comma 2 del decreto legislativo 196/2003);
2. non è assolutamente fattibile l’interpello della donna che non ha riconosciuto il proprio nato «con la massima riservatezza» come ha stabilito la sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013. Infatti le richieste dei figli adottivi di conoscere le donne che li hanno generati sono inevitabilmente prese in esame da un numero assai elevato di persone: i giudici ed i cancellieri ai quali si rivolge l’interessato, i responsabili dei reparti maternità e gli addetti alla conservazione del plico in cui sono indicate le generalità della donna e del neonato, il personale dell’anagrafe tributaria nazionale incaricato di individuare gli attuali indirizzi delle donne, gli altri giudici e cancellieri (è assai probabile che le donne non abitino più nelle città in cui hanno partorito) incaricati di contattarle. Inoltre le lettere di convocazione, indirizzate (su carta intesta del Tribunale o della Procura per i minorenni o da altro ente) alle donne per verificare la loro disponibilità ad incontrare i propri nati, possono molto facilmente essere aperte dai familiari della donna;
3. le richieste da parte dei figli adottivi di ricercare le donne che li hanno generati possono essere inoltrate non solo per fini amichevoli, ma anche per ricatti, denigrazioni e altre violenze. Al riguardo si fa presente che purtroppo vi sono anche figli adottivi che non ammettono il valore estremamente positivo del non riconoscimento da parte delle donne che assumono detta decisione in quanto consapevoli di non essere in grado di fornire ai loro nati le prestazioni occorrenti per il loro corretto allevamento ed una adeguata formazione.
Di conseguenza non si possono escludere atti violenti dei figli adottivi nei confronti delle donne che li hanno generati.
Inoltre allarmanti e devastanti conseguenze sono destinate inevitabilmente a coinvolgere anche i componenti dei nuclei familiari costituiti successivamente dalle donne (coniugi, figli, nipoti, altri parenti), nonché gli altri congiunti (genitori, fratelli e sorelle). Occorre dunque riconoscere che la ricerca delle donne che non hanno riconosciuto i loro nati può essere causa di violenze non solo nei loro confronti ma anche nei riguardi dei loro nuclei familiari.
Al riguardo ricordiamo che nell’articolo “Il desiderio di conoscere le proprie origini: un nuovo diritto?” pubblicato sul n. 103, 1993 della nostra rivista Prospettive assistenziali, Alfredo Carlo Moro [1] aveva segnalato che «l’esperienza dell’adozione ordinaria degli anni cinquanta, con la possibilità di ritorni dei genitori biologici, ci dice che ricatti economici sulla famiglia adottiva erano frequentissimi e assai pesanti, che interventi disturbanti sul ragazzo e sulla famiglia erano all’ordine del giorno, che molti ragazzi uscivano del tutto distrutti da queste esperienze».
Analoghe situazioni si erano verificate anche nei casi in cui i figli adottivi avevano rintracciato i loro genitori d’origine. Si ricorda che in base alla legge sull’adozione ordinaria non venivano interrotti i rapporti giuridici fra gli adottati ed i loro genitori d’origine, come invece è giustamente previsto dall’adozione legittimante;
4. i figli adottivi dovrebbero tenere presente che le donne che li hanno generati non solo hanno agito nel pieno rispetto delle leggi vigenti, ma soprattutto non hanno messo in pericolo la loro esistenza non abbandonandoli (come purtroppo numerose persone ancora affermano sia avvenuto per i neonati non riconosciuti senza tener conto della realtà) avendoli immediatamente affidati alle istituzioni preposte (enti sanitari, servizi sociali e Tribunali per i minorenni) affinché provvedessero tempestivamente a inserirli presso con idonee famiglie adottive.
Le decisioni del non riconoscimento sono state altamente positive in quanto hanno consentito dal 1967 ad oggi ad oltre 20mila neonati di nascere in strutture sanitarie idonee. Inoltre l’immediato loro affidamento alle istituzioni pubbliche preposte ha consentito a detti neonati di non subire le nefaste conseguenze del ricovero in istituto, come avviene purtroppo nei casi di riconoscimento da parte di coloro che non sono in grado di provvedere al loro allevamento diretto e alla loro educazione e istruzione.
Ne consegue che i neonati non riconosciuti e adottati dovrebbero avere sentimenti di riconoscenza nei riguardi delle donne che li hanno generati e che hanno scelto di non riconoscerli per consentire loro di poter crescere circondati dall’affetto e dalla protezione di normali famiglie.
Inoltre i figli adottivi dovrebbero tenere presente che l’adozione è una seconda nascita, che non annulla certamente la prima, equiparabile, come aveva affermato il dotto giurista Salvatore Lener suCiviltà cattolica, ad un innesto. Infatti se si procede, ad esempio, all’innesto di un pesco su un susino o su un mandorlo, i frutti, belli o brutti, buoni o cattivi, sono sempre e solo pesche, allo stesso modo di quando le radici sono di pesco. Poiché analoga è la situazione che si verifica con l’adozione, sarebbe necessario approfondire il vero significato e il reale ruolo delle radici di ognuno di noi.
Infatti l’essenza della filiazione e della genitorialità è costituita dai rapporti affettivi e reciprocamente formativi che si sono instaurati tra i figli (biologici o adottivi) ed i loro genitori (biologici o adottivi).
Pertanto se il Parlamento non intende rinnegare gli impegni assunti dalle leggi con le donne che non hanno riconosciuto i loro nati, cambiamenti in merito possono essere disposti solo per le donne che partoriranno dopo l’approvazione della nuova legge;
5. dalle notizie in nostro possesso risulta che le richieste di conoscere le donne che li hanno partoriti sono presentate da una assai esigua minoranza di figli adottivi (a nostra conoscenza poche decine) di fronte agli altri 140mila fanciulli adottati, di cui oltre 20mila non riconosciuti.
Ciò premesso evidenziamo altresì che l’approvazione delle proposte da Voi presentate non garantendo più l’assoluto segreto del parto, creerà difficoltà devastanti alle donne che non intendono abortire e che nello stesso tempo sono consapevoli di non essere in grado di fornire le occorrenti inderogabili prestazioni ai loro nati.
Mentre riteniamo corretta l’accettazione delle decisioni delle donne che ricorrono all’aborto, riteniamo altrettanto corretto il rispetto della scelta delle partorienti che vogliano portate a termine la gravidanza e nello stesso tempo non intendono riconoscere i loro nati.
Ne consegue che le attuali disposizioni di legge non dovrebbero essere modificate per tutte le donne che non hanno riconosciuto i loro nati prima dell’entrata in vigore delle nuove norme.
Pertanto, in base alle considerazioni sopra esposte Vi chiediamo di ritirare con la massima urgenza la proposta di legge in oggetto.
Restiamo a disposizione e nel ringraziarVi per l’attenzione porgiamo cordiali saluti.
Maria Grazia Breda e Francesco Santanera