la quasi totalità degli affidati esprime una valutazione conclusiva dell’affidamento estremamente positiva (solo 2 intervistati non rifarebbero l’esperienza dell’affidamento). Emerge dalle interviste la sensazione che gli affidati abbiano potuto trovare una guida, ma soprattutto delle persone adulte che hanno offerto quell’attenzione individualizzata che era così mancata soprattutto ai ragazzi che avevano vissuto l’esperienza di comunità prima di andare in affidamento. Anche quando nel corso dell’intervista sono comparsi elementi di criticità sia rispetto al coinvolgimento nel progetto di affido, sia rispetto al rapporto con la famiglia affidataria, gli intervistati individuano nell’esperienza di affido un evento che ha permesso una trasformazione in senso evolutivo della loro vita. Anche le regole, viste spesso come negative, vengono in realtà rivalutate, uno ha detto: «Ci hanno insegnato l’impegno, a lavorare, a tirarsi su le maniche!». L’incontro con persone che hanno accompagnato gli affidati nella crescita e nella costruzione di una vita futura, da cui gli interessati hanno ricevuto insegnamenti e stimoli, ha dato loro la sensazione di essere stati aiutati a trovare la propria strada e a diventare le persone che sono. L’esperienza di affido ha inoltre consentito loro di acquisire un modello di famiglia a cui fare riferimento in cui hanno sperimentato nuove modalità di relazione basate sul dialogo e sullo stare insieme, di avvertire quindi quello che un intervistato definisce: «un senso di famiglia che non fa sentire soli!». In modo particolare colpisce la consapevolezza espressa da molti intervistati che la loro esistenza avrebbe potuto andare in un’altra direzione. Incombe la sensazione di una deriva imminente, mentre l’affidamento ha rappresentato la scialuppa di salvataggio che ha permesso ai soggetti affidati di salvarsi. Ecco come si sono espressi alcuni intervistati: «Se non fossi andato in affido sarei un poco di buono, buttato da qualche parte, a fare chissà cosa.. è questo che sono arrivato a pensare»; «Non sarei qui, sarei per strada da qualche parte, non sarei la persona che sono adesso; sono contento di essere quello che sono»; «Gli affidatari possono indirizzarti nella strada più giusta e poi quando hai messo la testa a posto anche senza di loro te la puoi cavare!»; «Grazie all’affido sono ripartito!». In merito al tema del bilancio dell’esperienza di affido, negli aspetti negativi emergono temi di cui si è già detto (ad es. la necessità di ascolto del bambino), ma emerge anche il bisogno di un progetto di affido che sia seguito costantemente in tutte le sue fasi, da operatori dedicati che non lo ‘dimenticano’. Un intervistato ha riferito: «Mi sono sentito abbandonato… avevo l’impressione di essere su un’isola sperduta, raggiunta talvolta da esploratori, l’assistente sociale e lo psicologo venuti per accertarsi delle condizioni dell’isola, di chi ci abita, come si comporta, ecc. ». Altri intervistati hanno sottolineato l’importanza della cura e l’attenzione necessari nella valutazione e nella scelta delle famiglie affidatarie nonché del sostegno durante il percorso di affido. Emerge la necessità che ci sia un operatore che intervenga nei momenti di criticità, uno ha detto: «E’ necessario seguire di più gli affidi. E’ necessaria la presenza di un’assistente sociale che vada dai ragazzi e che spieghi e che nei periodo critici sia ancora più presente: meglio una visita in più che una visita in meno… “coinvolgimento” è la parola giusta!». E’ necessario tenere conto del fatto che negli affidi lunghi si modificano i cicli vitali delle famiglie e gli affidati passano dall’infanzia all’adolescenza, con tutte le caratteristiche connesse, uno degli intervistati ha raccontato:«Il fatto di passare i week end alternativamente con la famiglia d’origine e la famiglia affidataria mi faceva pensare che quando io non ero con loro la famiglia affidataria facesse delle cosa più belle: soffrivo ad essere un “pacco postale”.
Poi a 16/17 anni ho deciso di fare tutti i fine settimana con mio padre perché la famiglia affidataria non voleva darmi le chiavi di casa perché non tornassi a casa tardi. Ho scelto di stare con mio padre durante i week end solo perché facevo quello che volevo!». Continuando sul tema del bilancio dell’esperienza di affido, 6 intervistati su 13 hanno sottolineato tra gli aspetti negativi l’eccessiva rigidità del modello educativo proposto dalle famiglie affidatarie, che in alcuni di loro ha creato molta sofferenza, unita alla sensazione di non essere accolti e compresi: «Si doveva stare entro schemi di una rigidità impressionante… Ero protetto, mangiavo, dormivo, studiavo, ma non mi sentivo me stesso, mi immaginavo diverso, ero represso, non hanno coltivato le mie vere passioni!». Un altro nodo critico risulta essere quello della chiusura dell’affido al compimento del 18° anno di età, emerge la sensazione di dover ricominciare da capo, ed in alcuni casi da soli. Uno di loro riferisce: «La cosa più brutta (dell’affidamento n.d.r.) è stata che il giorno in cui ho compiuto 18 anni, con le valigie in mano, me ne sono dovuto andare… Tuttora, se ci penso, mi vengono ancora i brividi. Perché di solito uno arriva a 18 anni e festeggia… i genitori, la patente, la macchina…Invece io no: a 18 anni devo prendere e fare trasloco, devo cambiare totalmente mentalità, stile di vita, devo cambiare le mie abitudini…secondo me bisogna fare le cose più graduali…anche se hai 18 anni». Emerge quindi la necessità di una cura particolare dell’affido in concomitanza con il raggiungimento della maggiore età ed una rivalutazione del progetto, prevedendo una chiusura o la prosecuzione dell’affido oltre i 18 anni. In effetti il compimento della maggiore età non coincide oggi con il raggiungimento di un’autonomia personale ed economica. Per questo il Comune di Torino ha approvato due deliberazioni, nate dall’esperienza delle famiglie affidatarie e dal tavolo di lavoro con le loro associazioni che vedevano il momento del raggiungimento della maggiore età come un momento molto critico, che talvolta impediva al giovane di fare progetti per la sua vita futura. Nel marzo 1990 è stata prevista la possibilità di proseguire l’affidamento fino a 21 anni per i giovani che al compimento della maggiore età non possono rientrare in famiglia e la possibilità di riconoscere alla famiglia affidataria il rimborso spese. Inoltre nell’aprile 2001 è stato predisposta la realizzazione dei “Progetti autonomia” per giovani che si trovano ancora in affidamento familiare oltre il compimento della maggiore età, per i quali sia possibile avviare un percorso per il raggiungimento dell’autonomia personale, lavorativa ed abitativa. L’Amministrazione comunale partecipa a tali progetti con un contributo ‘una tantum’ di 5 mila Euro. Tali progetti devono essere prenotati al compimento del 18° anno, devono essere attivati al massimo entro il 21° anno e devono concludersi non oltre il compimento del 25° anno di età. Dall’attivazione della delibera ad oggi i progetti autonomia conclusi sono 22, 8 sono ancora in corso e quelli prenotati sono 21. Il 60% di essi riguarda l’autonomia abitativa e lavorativa, mentre il 40% si riferisce alla realizzazione di un progetto formativo universitario o di specializzazione.