torna all’indice del Bollettino 3-4 2012

Alcune considerazioni di Francesco Santanera,fondatore e presidente nazionale dell’Anfaa dal 1962 al 1971 

  1. La prima e più intensa attività svolta dall’Anfaa a partire dalla sua costituzione (1962) è stata rivolta alla segnalazione alle autorità, agli operatori sociali e sanitari e alla popolazione delle nefaste conseguenze del ricovero in istituto dei bambini.
  2. Il ricovero in istituto dei fanciulli era l’intervento più diffuso praticato dagli enti e dagli operatori nei confronti dei nuclei familiari in gravi difficoltà socio-economiche.
  3. Negli anni ’60 i minori ricoverati dagli oltre 50mila enti, organi e uffici di assistenza erano 310mila di cui ben 21.113 figli di ignoti che le istituzioni avevano la piena facoltà di affidare a persone e a nuclei familiari italiani e stranieri a scopo di allevamento o di affiliazione o di adozione.
  4. A causa dell’omertà degli esperti e degli operatori italiani (l’Editrice universitaria di Firenze aveva pubblicato, nel 1957 la ricerca effettuata dal John Bowlby per conto dell’Organizzazione mondiale della sanità con il titolo “Cure materne ed igiene mentale del fanciullo” in cui erano dimostrate le nefaste conseguenze dell’istituzionalizzazione) che non volevano (come fanno ancora molti attualmente in merito al riconoscimento come malati da curare degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con demenza senile) scontrarsi con le autorità, l’Anfaa aveva chiesto al Prof. Michel Soulè di Parigi di venire più volte in Italia per segnalare, sulla base degli inoppugnabili dati scientifici disponibili, le devastanti conseguenze del ricovero in istituto sullo sviluppo psico-fisico dei bambini.
  5. Per quanto concerne l’impostazione dell’istituto giuridico dell’adozione legittimante da inserire nel nostro ordinamento, l’Anfaa, rigettando il principio contrattuale dominante allora e oggi nelle legislazioni europee ed extraeuropee (il bambino senza famiglia non può essere considerato come una merce), aveva individuato nella preventiva dichiarazione dello stato di adottabilità lo strumento occorrente per accertare la condizione indispensabile per l’adozione e cioè la privazione dell’occorrente sostegno morale e materiale da parte dei congiunti di origine dei bambini. Al riguardo ricordo che la normativa francese sullo “stato di abbandono” era stata approvata su segnalazione dell’Anfaa all’Associazione francese delle famiglie adottive e alle autorità di quel Paese.
  6. Attualmente, a seguito delle iniziative dell’Anfaa:
  7. l’attività dei servizi sociali e sanitari è rivolta soprattutto al sostegno dei nuclei familiari in alternativa al ricovero;
  8. i minori istituzionalizzati sono diminuiti da 310mila degli anni ’60 agli attuali 20-30mila costituiti soprattutto da fanciulli stranieri non accompagnati;
  9. i minori adottati in Italia sono oltre 140mila;
  10. sono stati soppressi i 50mila inutili enti, organi e uffici di assistenza;
  11. il fondamentale principio assunto dall’Anfaa come base essenziale della propria attività (il diritto dei bambini alla non emarginazione familiare e sociale), è stato trasmesso dalla stessa Anfaa all’Unione per la promozione dei diritti del minore, ora Ulces, Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale, al Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) e ad altre organizzazioni che operano per la promozione e attuazione dei diritti delle persone colpite da patologie e/o da handicap invalidanti e da non autosufficienza.
  12. Sono tuttora presenti vetero concetti, come quelli utilizzati dalla Corte europea per i diritti dell’uomo nella sentenza del 25 settembre 2012 (ricorso della Signora Anita Godelli contro il Governo italiano) che ha avanzato critiche strumentali alle nostre leggi che vietano per almeno cento anni l’individuazione delle donne che non hanno riconosciuto i loro nati. Si tratta delle norme che finora hanno consentito a migliaia di bambini di essere partoriti in condizioni di sicurezza per essi stessi e per le donne. Notevole, lungo e molto complesso è il lavoro ancora da compiere per far comprendere che non sempre l’atto procreativo stabilisce l’effettiva maternità e l’effettiva paternità. Infatti, a parte le caratteristiche fisiche, la personalità di ognuno di noi è determinata non tanto dall’apporto ereditario quanto dall’ambiente, in particolare da quello familiare, che educa il figlio (procreato o adottivo) e crea le basi reali della sua personalità. Al riguardo è illuminante il confronto fra i minori che vivono in famiglia e quelli ricoverati dalla tenera età in istituto, la cui personalità viene deteriorata indipendentemente dal loro bagaglio ereditario.
  13. Come aveva affermato Padre Salvatore Lener di Civiltà cattolica l’adozione di un bambino è equiparabile ad un innesto. Se si procede, ad esempio, all’innesto di un pesco su un susino o su un mandorlo, i frutti – belli o brutti, buoni o cattivi – sono sempre e solo pesche, allo stesso modo di quando le radici sono di pesco. Dunque le nostre vere radici non risiedono nel Dna, ma soprattutto nei rapporti affettivi che non solo legano i figli ed i loro genitori biologici o adottivi, ma che sono altresì reciprocamente formativi.
  14. Un’altra importante questione che occorre continuare ad affrontare riguarda il diritto delle donne a riconoscere o non riconoscere i loro nati.

Lo scopo di questo diritto era ed è quello di garantire alle donne in difficoltà di decidere autonomamente in merito al riconoscimento o al non riconoscimento, in modo che possano continuare a beneficiare fino al momento del parto delle occorrenti prestazioni socio-sanitarie indispensabili per la loro salute e per quella dei nascituri. Inoltre detto diritto è di fondamentale importanza per evitare sia gli aborti da parte delle donne che sono contrarie a detto intervento, sia gli abbandoni che mettono in pericolo la vita del neonato, sia gli infanticidi.

  1. Ricordo altresì che l’Anfaa ha operato – primo caso in Italia – secondo i principi del volontariato dei diritti (rispetto delle esigenze vitali delle persone non autosufficienti e lotta contro le cause sociali della loro emarginazione). Il volontariato dei diritti è sostanzialmente diverso rispetto al volontariato consolatorio, largamente praticato anche nel nostro Paese, che fornisce aiuti solo alle persone ed ai nuclei familiari con i quali entra in contatto, ma che non interviene nei confronti delle istituzioni per ottenere che i fondamentali bisogni vitali delle persone non autosufficienti siano riconosciuti come diritti effettivamente esigibili.
  2. L’adozione dovrebbe essere consentita esclusivamente in presenza della preventiva dichiarazione di adottabilità che accerta la situazione di privazione del sostegno morale e materiale del minore da parte del suo nucleo d’origine. Pertanto dovrebbe essere profondamente modificato l’articolo 44 della legge 184/1983 che è stato utilizzato anche per sottrarre bambini ai loro congiunti in difficoltà.
  3. L’adozione di adulti dovrebbe essere vietata in quanto non si può diventare figli di colui o colei o coloro che non hanno provveduto all’allevamento, educazione e istruzione di una persona durante la sua minore età. Occorre anche tener presente che molto spesso detta adozione è stata ed è usata per ridurre l’ammontare delle tasse di successione.