torna all’indice del Bollettino 1-2 2014

NOTIZIE 

Si è svolto il  6 giugno u.s. a Firenze, presso l’Auditorium del Consiglio Regionale, il Conve­gno dal titolo:Verso nuove forme di affido. Tra convenzioni internazionali e diritto dei bambini ad avere una famiglia: il ddl n. 1589, ratifica della convenzione dell’Aja del 1996 sulla responsabilità genitoriale”, organizzato dall’Istituto degli Inno­centi.

L’Anfaa è intervenuta all’interno della tavola rotonda, esprimendo le proprie vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in oggetto ed esponendone i principali motivi.

Di seguito la traccia del nostro intervento.

 

“Prime osservazioni sul DDL n. 1589 – Camera dei deputati, relativo alla: Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta a L’Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno”.

 

L’Anfaa riconosce l’importanza della Conven­zione firmata all’Aja il 19 ottobre 1996 che regola nei dettagli le modalità di attuazione di ogni specie di misura da emettersi a protezione dei minori, anche in considerazione della crescente dimensione dei flussi migratori e dell’evoluzione che caratterizza l’andamento dei cosiddetti matrimoni misti. Le materie di tali misure sono elencate in maniera minuziosa all’articolo 3 della Convenzione (esercizio della responsabilità genitoriale, diritto di affidamento e di visita, tutela e curatela, rappresentanza e assistenza, amministrazione patrimoniale, ivi compreso il collocamento del minore in kafala previsto dagli ordinamenti statali a matrice islamica, ecc.), con particolare attenzione ai casi in cui il minore destinatario di tali misure sia cittadino di uno Stato diverso da quello nel quale le stesse devono trovare concreta applicazione.

La Convenzione, all’articolo 4, esclude peraltro in maniera esplicita dal proprio campo di applicazione l’adozione e le misure che la preparano.

L’Anfaa esprime le proprie vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in oggetto, esponendone qui di seguito i principali motivi.

L’A.C. n. 1589 esorbita ingiustificatamente dall’ambito di applicazione della Convenzione. La Convenzione non prevede due tipi di kafala, ma l’A.C. n. 1589 crea invece due nuovi istituti giuridici: l’affidamento o assistenza legale del minore non in stato di abbandono e l’assistenza legale del minore in stato di abbandono (1):

  1. a) l’affidamento o assistenza legale del minore non in stato di abbandono disciplinato dall’art. 4.

Il minore viene accolto da una persona o da una famiglia, di cui almeno uno dei componenti è straniero e deve essere in possesso, come previsto dal punto d) del comma 3 dell’A.C. 1589, dei requisiti di cui all’art. 29, comma 3 del T.U. di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 e s.m. (2) e “i servizi socio-assistenziali degli enti locali assistono il minore e la persona, la famiglia o la struttura che lo accoglie, segnalando alla procura della repubblica presso il Tribunale per i minorenni eventuali difficoltà, per le iniziative di competenza” (comma 7 dell’art.4 dello stesso A.C.)

 

OSSERVAZIONI

Al riguardo si rileva che nulla è previsto da questo articolo:

  • sulle modalità di rapporto dell’affidato con la famiglia di origine. Si richiama al riguardo quanto previsto dall’art. 35 della Convenzione in merito al diritto di visita e a quello relativo al mantenimento di regolari contatti (3);
  • sulla rendicontazione sull’andamento del progetto di affidamento da parte dei Servizi suddetti alle Autorità competenti del Paese di provenienza, che, tramite l’Autorità Centrale, ha disposto l’affidamento del minore;
  • sullo status giuridico del minore “affidato” quando diventa maggiorenne.

Preoccupa anche l’equiparazione che l’art. 4 dello stesso A.C. fa ai commi 1 e 7 fra l’affidamento a persone e famiglie e quello a strutture di accoglienza (non meglio specificate): la legge n. 184/1983 e smi prevede che solo “ove non sia possibile l’affidamento (…) è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo fami­liare”.

Va anche precisato che nella relazione dell’A.C. n.1589, a pag, 4, si afferma erroneamente che l’ordinamento italiano non conosce attualmente forme di affidamento sine die. Questa perentoria affermazione è sbagliata , dal momento il giudice può disporre un affidamento senza termine in base all’art. 333 del cod. civ. o 330 nominando un tutore.

 

OSSERVAZIONI.

In base a quanto previsto all’art. 5, punto a) dell’A.C. n. 1589 il Paese di provenienza del minore deve attestare “la situazione di abbandono del minore”, definizione che non ha riscontro giuridico nel nostro ordinamento ma che è comunque assimilabile a quella prevista per la dichiarazione dello stato di adottabilità e la conseguente adozione, procedura espressamente esclusa, come già segnalato, dalla Convenzione stessa.

Anche in questi casi non è neppure prevista nessuna rendicontazione allo Stato di provenienza del minore sull’andamento dell’assistenza legale, che peraltro molti Paesi chiedono per l’adozione internazionale.

Con la creazione dell’istituto giuridico dell’assistenza legale di un minore in situazione di abbandono, temiamo che il Parlamento vada a legalizzare l’entrata in Italia di minori, spalancando la strada ad accoglienze definitive.

A distanza di tempo, quanti hanno accolto questi minori in assistenza legale potranno, come già successo in passato, chiedere alle Autorità Giudiziarie la trasformazione in adozione “legittimante” o ex art. 44, lettera d), andando contro quanto espressamente vietato dalla Conven­zione stessa.

E’ questo l’obiettivo? L’aggiramento della Convenzione per aumentare l’arrivo in Italia di minori stranieri, ingannando lo Stato da cui provengono?

Così operando, il legislatore rivoluziona l’assetto complessivo della vigente legislazione italiana in tema di adozione innestandovi un sistema ibrido dagli incerti contorni, privo delle doverose garanzie e affidato a una frammentazione di competenze difficilmente accettabile e di praticabilità a dir poco problematica.

 

CONCLUSIONI E PROPOSTE

Ad avviso di questa Associazione, il testo dell’A.C. n. 1589 dovrebbe pertanto essere modificato radicalmente, recependo nel nostro ordinamento i principi di cooperazione e di trasparenza previsti dalla Convenzione dell’Aja del 1996 e quindi:

  • snellire le procedure relative alla gestione infra-Stati delle misure di protezione dell’infanzia e dell’adolescenza che si rendano di volta in volta necessarie e indifferibili, anche attraverso la predisposizione di adeguati e specifici modelli decisionali e l’individuazione di precise figure istituzionali, rivestite di comprovata competenza ed esperienza, e quindi in grado, come tali, di interloquire con i corrispondenti organi stranieri;
  • inserire i collocamenti minorili che si presentano come difficilmente inquadrabili nel panorama legislativo nazionale (ivi compresa la kafala) nell’ambito dei provvedimenti relativi agli affidamenti eterofamiliari, e non in quelli inerenti l’adozione (NO all’assistenza legale dei minori in situazione di abbandono). Si rimanda su questo punto a quanto scritto nei paragrafi relativi alla kafala negli ultimi Rapporti CRC (4);
  • prestare una giusta considerazione alle tematiche familiari delle coppie miste con minori in kafala, anche in vista dei ricongiungimenti familiari;
  • potenziare e favorire la stesura di accordi bilaterali o multilaterali con gli Stati di diversa cultura e legislazione al fine di rimuovere quanto più possibile gli ostacoli che impediscono di procurare una famiglia ai minori che ne sono privi;
  • prevedere le coperture finanziarie necessarie alla attuazione della Convenzione in oggetto da parte dell’Italia: non è ammissibile che gli interventi previsti possano essere forniti senza costi aggiuntivi, in un momento in cui i tagli alla spesa sociale sono continui e hanno già provocato la riduzione se non la interruzione di molti interventi socio-assistenziali ! L’A.C. n.1589 all’art. 12 prevede infatti: “Dall’attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate all’attuazione delle disposizioni della presente legge vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

Segnaliamo che in base agli ultimi dati del Rapporto finale pubblicato nel novembre 2013 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali relativo agli affidamenti familiari e ai collocamenti in comunità, al 31 dicembre 2011, risulta che il 17,1 % dei minori affidati e il 32,3 % di quelli in comunità sono stranieri.

Non è peraltro prevedibile il numero dei minori che potrebbero arrivare in Italia a seguito dell’approvazione dell’A.C. in questione, se venisse approvato nella attuale stesura.

L’Anfaa è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e/o approfondimento in merito a quanto esposto.

 

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7° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia

 

Il 17 giugno u.s. il Gruppo CRC ha presentato a Roma il 7° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia 2013-2014, alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti e dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora. Quest’anno hanno lavorato alla stesura dei 53 paragrafi del Rapporto, più di 120 operatori del terzo settore, rappresentanti delle 87 associazioni che, con l’Anfaa, fanno parte del Network, attivo ormai dal 2001.

L’Anfaa è stata capofila per il paragrafo relativo all’affidamento familiare e ha contribuito alla stesura del paragrafo relativo a “Il diritto della partoriente a decidere in merito al riconoscimento del proprio nato ed il diritto al minore all’iden­tità” (cap. 3) e dei paragrafi “Minori privi di un ambiente familiare”, “La Kafala” e “L’adozione nazionale e internazionale” (cap. 4).

 

È possibile scaricare il 7° Rapporto CRC completo dal sito: www.gruppocrc.net

 

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IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DEVE VERSARE MILLE EURO AL MESE PER L’INGIUSTIFICATA RIDUZIONE DELLE ORE DI SOSTEGNO DIDATTICO

(tratto da Prospettive assistenziali n. 186)

 

Ottima la sentenza del Tar, Tribunale amministrativo regionale, per la Sicilia n. 224/2014 emessa il 10 gennaio 2014, depositata in Segreteria il 23 dello stesso mese ed emessa a seguito del ricorso presentato contro l’Istituto superiore statale “Mario Rutelli” di Palermo per l’assegnazione ad un alunno con grave disabilità di «insegnanti di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello necessario».

Nel ricorso veniva lamentato in particolare «il sacrificio del diritto allo studio in conseguenza della contrazione delle ore di sostegno funzionali a consentire la proficua partecipazione alle attività didattiche altrimenti preclusa dallo stato di disabilità». Il Tar ha giustamente osservato che gli interventi di sostegno sono necessari «per evitare che il discente altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di istruzione, essendo impossibilitato ad accedere ai contenuti dello stesso in assenza di adeguate misure compensative che tale rapporto di adeguatezza va parametrato in funzione dello specifico e in concreto ciclo scolastico frequentato».

Poiché all’alunno non erano state assicurate le ore di sostegno didattico espressamente richieste dal Gruppo di lavoro per l’handicap sulla base del progetto educativo personalizzato, il Tar non solo ha posto a carico del Ministero dell’istruzione le spese di giudizio, ma altresì stabilito che, in conseguenza della «seppur temporanea diminuzione delle ore di sostegno», lo stesso Ministero deve corrispondere all’alunno la somma di euro mille «per ogni mese (con riduzione proporzionale per la frazione) di mancanza dell’insegnante di sostegno nel rapporto 1/1 con decorrenza dalla notifica del ricorso in epigrafe e sino all’effettiva assegnazione».

 

(1) Da notare inoltre che è anche sbagliata la traduzione italiana dell’art. 33 della Convenzione. Il testo francese parla di recueil légal, dove recueil si potrebbe tradurre con accoglienza, e non con assistenza. Il testo inglese è analogo e distingue tre misure di protezione: l’affidamento familiare (placement of the child in a foster family), il collocamento in istituto/comunità (placement in institutional care), la sua accoglienza in regime giuridico di kafalah (provision of care by kafalah or an analogous institution).

(2) Il comma 3 dell’art.29 citato prevede : “Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità: a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà’;b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro a più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari- conviventi con il richiedente”.

(3) V. allegato, al fondo di questa nota.

(4) Reperibili sul sito www.gruppocrc.net