torna all’indice del Bollettino 3-4 2013

Notizie 

Lettera Anfaa alle Autorità Giudiziarie sulla sentenza della Corte Costituzionale

Ill.mi
Primi Presidenti Corti d’Appello
Procuratori generali della Repubblica presso le Corti di Appello
Presidenti Tribunali per i minorenni
Procuratori della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni

Oggetto: Considerazioni e proposte in merito alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 278/32013

 

Nella recente sentenza n. 278/2013 depositata il 22 novembre 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito dall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) – su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”.

E’ della massima importanza tener presente che la suddetta pronuncia non soltanto non ha in alcun modo censurato quanto si trova disposto all’articolo 30, comma 1° del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, sulla tutela del parto anonimo (“La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata”), ma, anzi, ha fatto esplicito riferimento a tale norma nel precisare che nel dar corso alle domande di accesso alle origini presentate dagli adottati non riconosciuti alla nascita si dovrà comunque rispettare scrupolosamente la riservatezza della persona. Pertanto, alla luce di quanto testè osservato, questa Associazione – avuta notizia che, sulla scorta della sentenza della Corte Costituzionale, alcuni figli adottivi avrebbero già presentato ai Tribunali per i Minorenni istanze per accedere all’identità della donna che non li ha riconosciuti alla nascita avvalendosi del diritto alla segretezza del parto – ritiene che la trattazione di tali domande non dovrebbe, allo stato, trovare neppure inizio, se non dopo l’emanazione di una regolamentazione legislativa che disciplini tale materia, in ossequio a quanto deciso dal giudice delle leggi: in caso contrario, infatti, verrebbe violato il diritto alla segretezza del parto, il quale – si ripete – è stato autorevolmente confermato dalla decisione in oggetto (“Sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo, agli effetti della verifica di cui si è innanzi detto”).

Ove non venissero rispettate tali doverose cautele, le donne rintracciate abusivamente avrebbero titolo per citare in giudizio, a ristoro del danno subito, le autorità che avessero arbitrariamente consentito la loro identificazione.

 

Aspetti positivi della facoltà del non riconoscimento

Finora la possibilità di partorire in anonimato in ospedale ha tutelato sia le partorienti – assicurando loro un’assistenza adeguata durante la gestazione, il parto e dopo il parto – sia gli oltre 20mila neonati, prevenendo gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati e gli infanticidi.

Il non riconoscimento non è una decisione negativa ma responsabile della partoriente nei confronti del proprio nato: questi neonati non sono pertanto abbandonati, come ancora alcuni sostengono, ma sono affidati immediatamente alle Autorità preposte (Tribunali per i Minorenni e Servizi Sociali) affinché li inseriscano al più presto in un’idonea famiglia adottiva, com’è stato stabilito dall’entrata in vigore della legge n. 431/1967. Essendo stati subito dichiarati adottabili e inseriti nelle loro famiglie questi minori non hanno subito le conseguenze delle carenze affettive patite da tanti altri, adottati dopo anni di sofferenze causate anche dal ricovero presso strutture residenziali.

 

Effetti devastanti dei rintracci

Vogliamo richiamare ancora l’attenzione dei Destinatari sugli effetti devastanti che questi “rintracci” avrebbero sulle donne che, avvalendosi del diritto alla segretezza del parto, hanno messo al mondo il loro nato, nella certezza che mai questo diritto sarebbe stato violato dalle Istituzioni che l’avevano garantito con legge.

Ricercare a distanza di tanti anni queste donne metterebbe in pericolo la vita che si sono costruite nel corso degli anni, con gravi conseguenze per loro e per i loro familiari, spesso ignari di quanto avvenuto…

Al riguardo, riportiamo uno stralcio del disperato appello inviato nei giorni scorsi all’Anfaa da una signora, che, restata incinta giovanissima (a 16 anni), ha deciso di non riconoscere il suo piccolo: “Oggi ho letto sul vs sito che la Corte Costitu­zionale ha accolto l’istanza per lo smantellamento del parto segreto. Come avrete capito, io sono una madre segreta. Quando ho letto la notizia credo che il mio mondo si sia dissolto in un attimo, ho guardato i miei familiari, ignari, e ho visto la fine della vita che con fatica mi sono costruita e guadagnata. Non vi voglio raccontare il mio passato doloroso, so però che non sarei in grado di riviverlo (…). Non posso rivivere tutto di nuovo, non ho la forza di raccontare tutto alla mia famiglia attuale, non lo posso immaginare, mi sento morire e nell’attesa di questa condanna, io mi sento morire piano piano. Che Dio mi perdoni se a volte vorrei farla finita, anche se poi non so se ne avrei il coraggio. La mia vita ormai dipende dal legislatore, vi prego non smettete di lottare per il parto anonimo, per questo non vi ho mai ringraziato abbastanza, quelle come me non possono palesarsi, non possono parlare ai dibattiti, devono solo aspettare!”.

Dobbiamo, infine, con molta amarezza, rilevare che la stringata motivazione della sentenza, nel contrapporre espressamente la “genitorialità naturale” della donna che ha partorito nel segreto alla “genitorialità giuridica” (e quindi fasulla!!!) del rapporto adottivo, dimostra di aderire ad una concezione della famiglia – che con il progresso della civiltà si riteneva definitivamente superata – imperniata sulla rilevanza del legame di sangue, così snaturando l’essenza della filiazione, la quale è invece costituita dai rapporti affettivi reciprocamente formativi che si instaurano e si consolidano tra i genitori (biologici o adottivi che siano) e i loro figli (biologici o adottivi che siano).

 

L’autorevole parere di Alfredo Carlo Moro

Vorremmo concludere con alcune considerazioni di Alfredo Carlo Moro (1) che nell’articolo “Il desiderio di conoscere le proprie origini: un nuovo diritto”, pubblicato sul n. 103, 1993 della rivista “Prospettive Assistenziali”, dopo aver annotato che nella «spasmodica ricerca di sempre nuovi diritti si annida il pericolo – tutt’altro che teorico – che tutto sia considerato diritto, anche le attese, i desideri, i bisogni particolari», aveva osservato che «l’esperienza dell’adozione ordinaria degli anni cinquanta, con la possibilità di ritorni dei genitori biologici, ci dice che ricatti economici sulla famiglia adottiva erano frequentissimi e assai pesanti, che interventi disturbanti sul ragazzo e sulla famiglia erano all’ordine del giorno, che molti ragazzi uscivano del tutto distrutti da queste esperienze», e aggiungeva che «se si valutano con attenzione i benefici che possono derivare al minore dalla possibilità di conoscere la vera identità dei suoi genitori naturali e i danni che possono derivare alla sua vita e alla vita di altre persone si deve riconoscere che i secondi superano di gran lunga i primi e che perciò non è affatto consigliabile riconoscere, solo nel caso di adozione, questo diritto e predisporre strutture per attuarlo». Già allora peraltro Moro segnalava che il bisogno di conoscere le proprie origini «ritorna ad enfatizzare quel diritto del sangue che nella cultura degli anni settanta sembrava essere stato fortemente ridimensionato».

Concludendo, confidiamo che quanto esposto venga preso in considerazione e restiamo a disposizione per ogni ulteriore approfondimento o chiarimento.

Con i migliori saluti

Donata Nova Micucci
Presidente nazionale Anfaa
Torino, 23 dicembre 2013

 

(1) Il Consigliere di Cassazione Alfredo Carlo Moro è stato presidente del Tribunale per i minorenni di Roma e dell’Associazione dei giudici minorili. Ha altresì presieduto l’Associazione italiana per la prevenzione dell’abuso all’infanzia. Ha pubblicato, fra gli altri, il libro “L’adozione speciale” edito da Giuffrè. Di particolare importanza la sua appendice “La famiglia come bisogno fondamentale del bambino” al volume di Neera Fallaci, “Di mamma non ce n’è una sola – Voci di figli adottivi che raccontano la loro storia”, Biblioteca Universale Rizzoli.

 

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Tavolo Nazionale Affido contro articoli di “Panorama” 

Nei mesi scorsi, il settimanale “Panorama” ha in più di un’occasione pubblicato alcuni articoli in cui è stato fortemente criticato e discreditato l’operato di quanti sono impegnati nella tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ed in particolare sull’istituto dell’affidamento.

Il Tavolo Nazionale Affido, di cui l’Anfaa fa parte, ha recentemente approvato un documento (il cui testo integrale è disponibile sul sito Anfaa) in cui denuncia l’inesattezza dei dati riportati negli articoli di Panorama, richiama le competenze istituzionali di monitoraggio e controllo sulle strutture che accolgono minori e, infine, auspica un incontro tra la Direzione del periodico e una rappresentanza del Tavolo.

In precedenza vi erano già state le prese di posizione dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i minorenni e per la famiglia e di Pino Spadaro, Presidente del Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna, fortemente attaccato negli articoli di Panorama.

Rimaniamo in attesa, da parte della Direzione di Panorama, di un riscontro celere e positivo rispetto alla nostra richiesta di incontro.

 

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La CAI ancora in attesa della nomina del vicepresidente

Pubblichiamo l’articolo del CARE (Coordina­mento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in Rete) di cui condividiamo le preoccupazioni rispetto al perdurante ritardo nella nomina del vicepresidente della CAI (Commissione per le Adozioni Internazionali).

È incredibilmente ancora vacante il posto di vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali. Subito prima di Natale, infatti, sono scaduti anche i 45 giorni di prorogatio di Daniela Bacchetta, e da quel giorno, alla CAI manca il vertice tecnico che coordini le attività della Commissione. La scadenza del secondo rinnovo di Daniela Bacchetta, avvenuto ai primi di novembre 2013, era una informazione nota che avrebbe potuto essere governata diversamente garantendo un adeguato e necessario passaggio di consegne soprattutto in questo momento di grande criticità per le adozioni stesse.

La nomina della vicepresidenza, che inconcepibilmente tarda ad arrivare probabilmente per garantire equilibri politici, è una una nomina di cruciale importanza per le famiglie adottive italiane per portare a conclusione varie situazioni di estrema complessità.

Le 24 famiglie in attesa sulla Repubblica Democratica del Congo stanno ormai completando il rientro senza i loro figli e il CARE non ha ancora certezze né rispetto alla concretizzazione della necessaria e fondamentale visita della delegazione congolese in Italia né in merito alla realizzazione del fondo di sostegno governativo (Fondo di solidarietà) per le spese affrontate dalle famiglie nel paese in questi mesi. Vanno date anche risposte a tutte le coppie in attesa sulla Repubblica Democratica del Congo con abbinamenti a vari stadi di avanzamenti (molti con sentenza passata in giudicato) e che aspettano comunque un segnale di presenza forte delle Istituzioni Italiane.

È necessario poi monitorare con estrema attenzione la definizione e la risoluzione positiva del progetto adottivo di tutte quelle coppie che avevano dato mandato all’Ente L’Airone Onlus a cui è stata revocata l’autorizzazione dalla CAI.

A queste situazioni di criticità eccezionale si sommano poi tutte le situazioni che hanno bisogno di un impegno quotidiano della vicepresidenza nei diversi paesi (Mali, Camerun, Vietnam, Slovacchia, ecc.).

Il vuoto ai vertici della CAI diventa, alla luce di tutto questo, un vuoto inaccettabile, ben consapevoli che anche se la nomina avvenisse esattamente in questo istante dovrebbero comunque intercorrere dei tempi affinché la Commissione possa tornare ai livelli di attività che l’hanno caratterizzata negli anni passati.

Fonte: www.care.it